Napoli: in tribunale il capo di un movimento di destra di Adriaco Luise

Napoli: in tribunale il capo di un movimento di destra Per ricostituzione del partito fascista Napoli: in tribunale il capo di un movimento di destra Si tratta del "Movimento tradizionalista romano" - L'uomo (50 anni, insegnante) dice di essere l'incarnazione di Giulio Cesare - Il fascismo? "E' una religione, e io la predico" - Il processo già rinviato (Dal nostro corrispondente) Napoli, 6 giugno. All'ottava sezione penale del tribunale è ripreso oggi il processo contro Ermenegildo Cella, fondatore nella nostra città del « Movimento tradizionalista romano » che per i simboli e le ideologie si rifa al passato regime. L'uomo è accusato di aver tentato di ricostituire il partito fascista, e viene giudicato a piede libero per direttissima. Cinquantanni, insegnante di una scuola elementare in uno dei rioni più popolari di Napoli, Ermenegildo Cella è considerato un elemento pericoloso soprattutto per la negativa influenza che esercita nel mondo della scuola e per i suoi giovani seguaci. Statura normale, figura asciutta, ha gesti e portamento da tribuno romano e so¬ stiene di essere la incarnazione di Giidìo Cesare. Ben noto ai funzionari dell'ufficio politico della questura di Napoli che più volte lo hanno diffidato e denunciato all'autorità giudiziaria per l'esposizione ai balconi della sede del movimento nella centrale via Toledo di insegne e tabelloni con fasci e svastiche, vagheggia il ritorno dell'impero. Originario di Bisaccia, un comune dell'alta Irpinia dove risiedono i suoi parenti, ha servito il regime come sottufficiale della milizia e durante la Repubblica di Salò. La sua presenza a Castel Capuano ha richiamato un folto pubblico: curiosi ed aderenti al « Movimento tradizionalista romano » che sfoggiavano all'occhiello della giacca il distintivo col fascio e le iniziali M.T.R. Cella vestiva un completo color lavagna, con camicia e cravatta di colore molto scuro. Al petto portava un medagliere a ricordo delle sue imprese di repubblichino e di paracadutista. Il suo interrogatorio, tanto atteso, ha suscitato profonda delusione. Ermenegildo Cella ha alternato spavalderia a disagio, tracotanza a momenti di abbandono ed è stato nella stessa misura piagnucoloso, esaltato e dimesso. Nella sua allocuzione difensiva e populista ha dimostrato di avere svolto una accurata ricerca nei giornali dell'epoca. Ha cercato di coinvolgere autorità di governo e personalità politiche, sostenendo di avere prove e documenti inoppugnabili che « un tempo erano tutti nella stessa barca ». Presidente: « Quale nesso c'è fra il suo movimento e il passato regime? ». Imputato (sottraendosi alla domanda): «Il Movimento tradizionalista romano ha a Napoli la direzione generale e seguaci in tutta Italia e all'estero. Non è tuttavia organizzato in sezioni come un vero partito... ». Presidente: « Quale carica lei ricopre? ». Imputato: « Sono il capo ». Cella ha poi chiesto e ottenuto di presentare un memoriale difensivo per spiegare le origini del fascismo. «E' una religione, signor presidente — ha affermato — ed io la predico. Sono un sansepolcrista e ho accolto tutte le istanze etiche morali e spirituali di cui erano impregnati i discorsi del duce». Il «Movimento tradizionalista romano» non può essere identificato con nessun altro partito, ha poi spiegato ai giudici, neppure col Movimento sociale: « Alle elezioni tutti i miei seguaci — ha detto il Cella con orgoglio — hanno votato scheda bianca». Presidente — Proprio tutti? Imputato — « Sì, oltre un milione e 800 mila votanti ». Il processo è stato rinviato al 27 giugno prossimo. In quella occasione i giudici dovranno decidere se accettare la richiesta della difesa sull'opportunità di riunire il dibattito con altri procedimenti analoghi a carico del Cella ancora in fase di istruttoria. Adriaco Luise

Persone citate: Capuano, Cella, Ermenegildo Cella

Luoghi citati: Bisaccia, Italia, Napoli, Salò