Nessun giornale per lo sciopero

Nessun giornale per lo sciopero La "giornata del silenzio,, Nessun giornale per lo sciopero Piena adesione alla protesta per il "caso" del "Messaggero" e del "Secolo XIX" e per una riforma dell'editoria - Bloccati quotidiani e notiziari radio e tv, tutte chiuse le edicole e r i e . n e a n a (Nostro servizio particolare) Roma, 5 giugno. Oggi c'è stata realmente in Italia la «giornata del silenzio». Nessun quotidiano è uscito, niente «Telegiornali» contro le cinque edizioni consuete, niente «Giornali radio» che, normalmente, hanno diciassette edizioni sui tre programmi. Vi sono stati soltanto un breve notiziario televisivo e tre radiofonici, letti dagli annunciatori e non da giornalisti che, pur aderendo allo sciopero, hanno voluto fornire le informazioni essenziali. Alcuni quotidiani di destra hanno rinunciato alla pubblicazione per la chiusura di tutte le ventimila edicole del Paese. Lo sciopero era indetto per protestare contro le concentrazioni delle testate, in particolare per la cessione del 50 per cento delle azioni del «Messaggero» e del «Secolo XIX», dalla Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), dalla federazione CgilCisl - Uil, dai sindacati dei poligrafici, degli edicolanti, dei registi e tecnici radiotelevisivi. L'adesione è stata compatta: solo il direttivo dell'Associazione romana della stampa si è dissociato, ma centinaia di giornalisti di Roma hanno partecipato stamane alla manifestazione nazionale in difesa della libertà di stampa che ha avuto luogo nel cinema «Metropolitan», gremito in ogni ordine. Con questa massiccia presenza giornalisti e tipografi, edicolanti e fotocineoperatori, esponenti politici e sindacali, personalità della cultura e direttori di quotidiani, fra i quali Alessandro Perrone del « Messaggero » e « Secolo XIX», hanno inteso impegnarsi per difendere la pluralità delle testate, l'obiettività, la completezza e l'indipendenza dell'informazione, per ottenere una riforma democratica della stampa e, in particolare, della Rai-tv. Adriano Falvo, presidente della Fnsi, ha aperto la manifestazione ringraziando tutti i partecipanti e ricordando la «tenace azione che da anni la Federazione ha svolto con coerenza per una riforma dell'informazione, di cui la "gior- o é i nata del silenzio" deve costituire una svolta decisiva». Per la federazione Cgil Cisl - Uil, presenti Vanni e Lama, ha parlato Bruno Storti. «7 lavoratori italiani — ha detto in sintesi — sono disposti a battersi per la riforma dell'informazione con lo stesso impegno con cui si battono I per le grandi riforme sociali». Dopo aver osservato che, sul j piano temporale, vi è stretto j collegamento fra le bombe, le i intercettazioni telefoniche e le concentrazioni di testate, ha proseguito: «Non vi è libertà né democrazia se vi è coartazione e costrizione della libertà di manifestare il pensiero», un diritto garantito dalla Costituzione, ma che occorre rendere attuabile mettendo a disposizione i mezzi tecnici necessari, che consentano la stampa di giornali a prezzi politici. Dopo Giorgio Colzi, per i poligrafici, Orlando Gabanelli per gli edicolanti, e Luigi Fulci per i dipendenti della Rai, è intervenuto Luciano Ceschia, segretario della Federazione della stampa. «Questa "giornata del silenzio" vuol combattere il vero silenzio, quello di ogni giorno, il silenzio della comunità, il silenzio delle forze sociali escluse dagli strumenti dell'informazione». Ha proseguito affermando che l'informazione non può essere uno strumento di potere, ma deve conservare «la sua carica di confronto dialettico» a sostegno del progresso e della democrazia sorta dalla Resistenza. A giudizio di Ceschia per arrestare le concentrazioni che «minacciano la maggior parte dei quotidiani», è necessario sostenere la stampa, in particolare le testate minori. La pubblicità non può essere usata come «arma di ricatto»; un nuovo statuto dell'infcmazione deve separare nettamente l'attività economica dell'editore e la gestione dell'informazione affidata ai giornalisti. «Sarebbe la prima garanzia per impedire — ha sostenuto — che con il ballo delle azioni si tenti di acquistare la coscienza professionale dei giornalisti». Altra misura è, a suo parere, una legislazione contro i monopoli, specialmente contro i trust della pubblicità privata e pubblica. Sulla necessità di una riforma democratica della Rai-tv Ceschia ha detto: «le indicazioni dello Corte Costituzionale sono state disattese. La gestione delle Rai non ha garantito il diritto di accesso a quella partecipazione di tutte le forze sociali che solo giustifica e legittima il monopolio». Perciò occorre realizzare questi diritti che svuoterebbero — secondo Ceschia, giornalista della Rai — il concetto stesso di monopolio «liberando il servizio dall'attuale rapporto con il potere esecutivo per ricondurlo nella sfera di decisione del Parlamento, facendovi partecipare, in posizione di privilegio, due elementi essenziali del tessuto democratico: i sindacati e le Regioni». Il segretario della Fnsi ha concluso chiedendo ai partiti e al Parlamento un «atto di volontà» politica che, sulla base della Costituzione, crei nuove condizioni di libertà per l'informazione. L'on. Manca (psi) ha detto stasera che i deputati socialisti studiano una legge di riforma organica del settore, che dia un contenuto reale al principio della libertà di stampa e della pubblicità dei finanziamenti sancito dalla Costituzione nell'articolo 21. Lamberto Fumo

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