Dietro il dramma del bimbo rapito cresce l'ansia, l'angoscia, la paura di Piero Cerati

Dietro il dramma del bimbo rapito cresce l'ansia, l'angoscia, la paura Da nove giorni nessuna notizia del piccolo Mirko Dietro il dramma del bimbo rapito cresce l'ansia, l'angoscia, la paura Il questore di Bergamo però non ha dubbi: "al cento per cento" il bambino è ancora vivo Per i banditi la sua salvezza è come "un investimento in banca" dice il magistrato che dirige le indagini - Ma c'è chi teme un sequestro per vendetta, un folle gesto politico (Dal nostro inviato speciale) Bergamo, 2 giugno. Giancarlo Battila, 43 anni, marchigiano, sostituto procuratore della Repubblica, quasi al vertice della carriera: è il magistrato che dirige l'inchiesta sul sequestro per estorsione di Mirko Panattoni, il bimbo rapito tredici giorni or sono davanti alla scuola elementare «Garibaldi» in via delle Mura, a Bergamo. Battila ha aperto un'istruttoria passiva: le forze dell'ordine non compiono indagini. Carabinieri e polizia non hanno però ricevuto l'ordine di non agire; hanno deciso, in una riunione congiunta, di non seguire alcuna pista per non ostacolare le trattative fra i banditi e i genitori di Mirko. L'obiettivo è in questo momento uno solo: salvare il bambino. La caccia ai rapitori incomincerà subito dopo. Il blocco delle indagini non favorisce i criminali e non crea un pericoloso precedente? «Subito dopo il sequestro — spiega Battila — i genitori di Mirko mi hanno chiesto di far sospendere le indagini e di pensare alla salvezza di loro figlio, prima che alla cattura dei banditi. Certo, la società andrebbe difesa in assoluto, ma non passando sopra ai sentimenti delle singole persone. Se con stoicismo i Panattoni mi avessero detto di non voler sborsare una lira, o di catturare i responsabili per dare un esempio ed evitare il possibile ripetersi di casi del genere, noi avremmo agito diversamente. Ma chi rischierebbe di uccidere un figlio per un ipotetico e forse ideale vantaggio della società? ». Il questore di Bergamo, dottor Migliorini, è dello stesso parere. Ha 54 anni, è uno dei pochi funzionari di alto grado che provengano dalla squadra mobile. Al suo attivo vanta almeno quattro grossi omicidi risolti a Roma e un'esperienza nei sequestri in Sardegna. Egli è sicuro, «al cento per cento» che Mirko sia ancora vivo, che il apimento sia opera di una v" da di «professionisti» che vuoto ottenere un riscatto. E' anche certo che la trattativa sarà lunga e difficile, come è sempre avvenuto in casi del genere. Battila smentisce che si possa pensare alla possibilità di un omicidio per rottura di patti; se i banditi alcune volte spararono e uccisero fu perché le vittime reagirono. «Bisogna avere il coraggio di dire certe cose — spiega il magistrato —, il bambino vivo nelle loro mani è come un investimento in banca: frutta denaro». Chiediamo ancora: «E se questo fosse il primo di una lunga serie di rapimenti di bambini a scopo di estorsione?». «Il caso non si risolve sacrificando Mirko Panattoni senza nemmeno avere la certezza di arrestare i criminali — dice Battila —, piuttosto è necessaria una riorganizzazione delle forze di polizia». Magistratura, polizia e carabinieri rischiano di pagare per questa vicenda: se Mirko tornerà vivo in famiglia e i banditi non saranno catturati, vi sarà sempre chi li rimprovererà di non aver indagato sin dal principio per salvaguardare la società da nuovi reati di rapimento; se cominciassero le indagini e Mirko fosse poi trovato morto verrebbero accusati di cinismo e di insensibilità: in un modo o nell'altro avrebbero sbagliato. Se Mirko si salva e i banditi sono catturati, la gente allora dirà: «E' stato troppo facile, non era una banda di professionisti». C'è una quarta possibilità: se, pur non avendo cominciato le indagini, il bimbo fosse trovato morto? Battila si passa una mano sulla fronte: «Per noi, Mirko è vivo e tornerà vivo; ma se dovesse accadere il contrario, le autorità sarebbero responsabili soltanto nel caso la loro abilità avesse portato l'ostaggio alla morte. Ma non facciamo indagini e favoriamo la salvezza del bambino». Quanto rischiano gli autori del rapimento? «Dagli otto ai quindici anni — spiega Battila — perché la legislazione italiana non prevede aggravanti per il fatto che la vittima è un bambino ». Fra magistratura e forze dell'ordine, sta chi ha il compito di dare notizie sulla vicenda, ma per giorni ha taciuto con la certezza di favorire la salvezza di Mirko. Ora, alcuni organi d'informazione si sono concessi illazioni (poi smentite) che i giornali avevano sinora evitato. Giudice Battila, ritiene indispensabile per la salvezza di Mirko evitare di far ipotesi e di avallare indiscrezioni? «Il silenzio sui fatti, almeno su certi fatti — dice Battila — è indispensabile per la vita del bambino. Quello che viene offerto come notizia è spesso ipotesi pericolosissima e ten- denziosa. Indicare cifre quando non si hanno prove potrebbe poi essere controproducente». Si è parlato infatti di una grossa cifra chiesta come riscatto a Panattoni: essa è sproporzionata alle capacità finanziarie del padre di Mirko, che fanno addirittura pen¬ sare ad un errore di calcolo dei banditi nel momento di organizzare il sequestro, «Questo errore — spiega Battila — potrebbe essere avvalorato dal lungo silenzio dei rapitori ». Nella vicenda si inserisce poi il linciaggio morale di En rico Panattoni, un uomo che ha suscitato l'invidia di molti perché da gelataio ha saputo diventare proprietario di un ristorante alla moda e gestore di altri due locali famosi. Dietro la facciata di questa pseudo ricchezza vi sono però i mutui con le banche e un la¬ voro intenso, sorretto da una capacità non comune nel suo ramo. «C'è sempre nella vita un giorno in cui si è stati cattivi — dice Battila —, e ad alcuni basta quel giorno per condannare un uomo». E' un brutto «affare» quello di Bergamo. I protagonisti vivono di angoscia, di incertezza, di dolore; gli unici sicuri e tranquilli sono i banditi perché nelle loro mani hanno la vita di un bimbo: non è un ricatto ai Panattoni questo, è un ricatto a tutti noi. Con il passare dei giorni i contorni della vicenda diventano sfumati, si dubita persino che sia sequestro per riscatto, si pensa alla vendetta, al gesto politico, all'impresa di un pazzo, si dà corpo alle ipotesi più incredibili ma si tace per fortuna su di esse. Da lunedì 21 maggio, quando Mirko Panattoni, 8 anni, venne rapito davanti alla scuola «Garibaldi», sono due 0 al massimo tre i segnali fatti dai banditi (uno per telefono e gli altri per scritto): sono avvenuti il giorno stesso del sequestro a mezzogiorno e giovedì 24 maggio: da quel giorno i rapitori hanno taciuto. Hanno parlato invece gli «sciacalli» che si sono inseriti in questa triste storia per carpire denaro ai Panattoni o per telefonare notizie false: Mirko è stato dato almeno trenta volte per morto e le voci sconosciute indicavano anche dove si trovava il cadavere. Abbiamo atteso giorni e giorni, ma la richiesta in moneta dei banditi non è ancora venuta (ormai è stato adottato un gergo particolare: la chiamiamo «quantificazione del riscatto»). Enrico Panat toni, 47 anni, come la moglie Oriana Fabbri, ha ipotecato il suo ristorante-bar «La Marianna» e ora attende, mentre la volontà gli si spegne poco alla volta. Un lavaggio del cervello terribile, che non gli consentirà di reagire quando un terrore nuovo e la società vivi. E' la tecnica del terrore, un terrore nuovo eia società deve averne paura. 1 Piero Cerati , Bergamo. Una delle ultime foto di Mirko Panattoni (Tclefolo Associated Press)

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