La "terza generazione,, dc si prepara a dar battaglia di Giovanni Trovati

La "terza generazione,, dc si prepara a dar battaglia Per il congresso (che si apre a Roma mercoledì) La "terza generazione,, dc si prepara a dar battaglia Sono i "giovani" (quarantenni), che nel 1969 tentarono di sottrarsi all'egemonia della "seconda generazione" (Fanfani, Moro, Rumor) - Un suo esponente, De Mita, nega che si sia tentato di mettere da parte i leaders più anziani: il proposito era di salvare la de, "quest'azienda che è ormai senza capi e senza poteri direzionali" (Dal nostro corrispondente) Roma, 1 giugno. Alle 11 questa mattina De Mita mi ha chiamato per telefono. «Al mìo paese c'era un industriale che lasciò andare l'azienda quasi in rovina. Il figlio si dette da fare e la ricostruì in parte, ma ora la gente va dicendo che ha fallito, perché non è riuscito a ricostruirla per interon. Perché mi racconti questo apologo? « E' facile accusare la terza generazione della de, quella di San Ginesio per intenderci, di non aver fatto tutto quanto si era proposto. Noi volevamo avvertire il partito che il neomessianesimo è un pericolo, e frenare la proliferazione delle correnti per porre fine alla lotta tra i capi. Da noi quando uno era sconfitto sul piano del potere inventava una corrente e la inventava da sinistra per poi tornare a destra». De Mita, che è uno degli esponenti della terza generazione (45 anni) nega che «San Ginesio» abbia cercato di mettere da parte i capi della seconda («uno dei due avrebbe dovuto andare al Quirinale, l'altro sarebbe rimasto uno dei veri leader del partito»'), afferma che il proposito era di salvare «quest'azienda che è oramai senza capi e senza poteri direzionali)). Al congresso della prossima settimana, la terza generazione promette di attaccare, quindi udremo molte voci, senza che timori reverenziali frenino le critiche, ed è possibile che i panni vengano veramente la- vati, come si chiede da tutte le parti. Quali saranno i risultati nessuno può prevedere E' difficile il compito di chi cerca di preparare in questa vigilia una maggioranza «chiara, forte, la più larga possibile». Ieri, intanto, la corrente Andreotti-Colombo (impegno democratico) ha de¬ ciso di non accettare, per ora, né alleanze né assiemaggi; al congresso si vedrà. Si capisce questa decisione da parte di Andreotti: egli ben sa che nella de c'è, e ci sarà anche se il congresso si pronuncerà a favore della collaborazione con i socialisti, una parte moderata e intende diventarne il leader riconosciuto, visto che Sceiba si è ritirato da tempo, che Gonella ha rinunciato, che Scalfaro si è ridotto a rappresentare poca cosa. Meno si capisce invece per Colombo: il quale infatti ha voluto correggere la decisione dicendo che la corrente rimane «aperta». E' il minimo che potesse dire, essendo lui il promotore dell'alleanza tra Fanfani e Moro, in preparazione di una nuova maggioranza, e del possibile rilancio della «seconda generazione». Può sembrare strano che in una sola corrente convivano Andreotti, oramai difensore del centrismo, e Colombo, dichiarato sostenitore del Centro Sinistra. E' che i due si sono trovati insieme «per decreto di Rumor e Piccoli», come dice Andreotti. Cerchiamo per sommi capi di tracciare un breve riassunto della complicatissima storia delle correnti democristiane. Alla morte di De Gasperi la successione di leader se la prese Fanfani, il quale tenne per lungo tempo la segreteria e la conservò anche quando fu Presidente del Consiglio. La sua corrente, «Iniziativa democratica», aveva la maggioranza. Troppo potere gli procurò tanti nemici, che si manifestarono in Parlamento come «franchi tiratori». I primi dissensi contro la sua leadership sorsero al consiglio nazionale di Vallombrosa, nel luglio 1957, allorché per la prima volta pose il problema di nuovi rapporti con il psi (come si è poi visto, la collaborazione con i socialisti è sempre stata motivo di crisi nella de). Il 31 gennaio 1959 si dimise e da segretario del partito e da Presidente del Consiglio. Forse pensava che il partito si trovasse unito nel respingere le dimissioni. Non fu così. Al consiglio nazionale della «Domus Mariae», nel marzo 1959, la corrente di Fanfani si scisse e quelli che accettarono le sue dimissioni si riunirono nel collegio romano di Santa Dorotea per dar vita ad una nuova corrente, chiamata dei dorotei. Vi erano Colombo, Taviani, Segni, Rumor e Moro (gli ultimi tre si erano astenuti su Fanfani); Fanfani con quanti gli rimasero fedeli formò la corrente «nuove cronache», che è ancora sua. I dorotei ebbero in mano la de e alla fine del '63 la porta- rono al Centro Sinistra, con Moro Presidente del Consiglio e Rumor segretario del partito. Però Moro non si sentiva a suo agio e nell'interno della corrente dorotea aveva formato un suo gruppo. Al congresso di Milano, novembre 1967, si staccò la frazione di Taviani, nel 1969 se ne andò Moro con i suoi amici, convinto che il partito non lo avesse appoggiato nel suo sforzo per il Centro Sinistra (dopo le elezioni del 19 maggio 1968 alla presidenza della coalizione di Centro Sinistra gli succedette Rumor e nel 1970 Colombo). Pur con le due defezioni i dorotei avevano il 40 per cento del partito, ma i capi erano quattro; Rumor, Piccoli, Andreotti, Colombo. Ognuno con una sua convinzione, un suo prestigio, un suo seguito. Nel 1970 Rumor e Piccoli avvertirono Andreotti e Colombo che intendevano sciogliere la corrente. «E perchè? Noi no» fu la risposta. Rumor e Piccoli se ne andarono e formarono il movimento di «iniziativa popolare» (qualcuno dice che speravano di avere con sé i fanfaniani); Andreotti e Colombo, che forse erano dei quattro i più lontani per formazione, rimasero insieme «per decreto altrui». Nelle assemblee precongressuali Rumor e Piccoli hanno ottenuto il 25 per cento dei voti. Ma nel pomeriggio del venerdì 27 aprile si riunisce in gran segreto il gruppo di Taviani e a sera decide di confluire con Rumor e Piccoli, ossia di tornare con i vecchi amici lasciati nel 1967. Nella de è difficile che il segreto sia totale: Colombo, che già aveva preso l'iniziativa di spingere Fanfani a tentare una nuova maggioranza, intuendo quanto stava per accadere, quel pomeriggio cercò più volte Rumor, ma non gli riuscì di trovarlo. Voleva scongiurarlo a non anticipare alleanze, perché sarebbe stato più difficile comporre i vari interessi. Dicono che anche Fanfani abbia cercato Rumor: non sappiamo se sia vero, ma è vero che subito rese pubblico il suo malumore. Adesso Rumor, Piccoli e Taviani insieme hanno il 33,8 per cento: per andare con loro senza rischiare di essere schiacciati occorre essere un gruppo forte (apriamo una parentesi: si è detto che le idee di Andreotti non sono quelle di Colombo, anche se entrambi convivono nella stessa corrente; ma altrettanto si può dire di Rumor, che è schierato per il Centro Sinistra, di Piccoli, che lo è meno, e di Taviani che pone tante riserve da far pensare che preferisca il centrismo). La decisione di ieri della corrente Andreotti-Colombo di restare (per ora) a sé, può spingere Fanfani a cercare l'alleanza dei dorotei. Da solo Fanfani conta sul 19 per cento, con Moro arriva al 27, e con De Mita quasi al 38. Tuttavia Moro non vuol andare nel nuovo raggruppamento senza Donat-Cattin (egli ha soltanto l'8 per cento, mentre con «Forze nuove» arriverebbe al 18), Fanfani non ha detto né no né sì: «Possiamo sempre tenerlo agganciato». Donat-Cattin è andato a trovarlo alla presidenza del Senato e gli ha detto: «Io non sto agganciato a nessuno. O dentro o fuori, non mi presto per comoda copertura». (Chi mai può pensare a un «comodo» Donat-Cattin?). «Se la nuova maggioranza vuol riprendere la collaborazione con il psi non si illuda di avermi all'opposizione». Giovanni Trovati Ciriaco De Mita

Luoghi citati: Milano, Roma, San Ginesio