Sui principi siamo d'accordo di Franco Maria Malfatti

Sui principi siamo d'accordo La lettera del sabato Sui principi siamo d'accordo E' logico che l'attenzione dell'opinione pubblica si volga all'imminente congresso della de, in considerazione delle grandi re¬ sponsabilità del mio partito. Ed è naturale cercare di orientarsi nel ginepraio delle correnti ed anche, se si vuole, incuriosirsi per i possibili organigrammi interni. Sarei ingenuo se volessi negare che le correnti esistono e che l'assegnazione dei ruoli personali è operazione diffìcile e delicata. Tuttavia sono convinto che se facciamo riferimento alla realtà delle cose, la convergenza delle posizioni risulta assai maggiore di quanto talvolta venga detto e scritto. Chiara è anzitutto la natura antifascista del nostro partito. Tutti conveniamo poi nel rifiutare l'assemblearismo e l'inserimento, diretto o indiretto, del partito comunista nell'area della maggioranza. Inoltre siamo tutti convinti che l'area democratica è costituita, oltre che dalla de, dai socialdemocratici, dai repubblicani, dai liberali e dai socialisti. La logica conseguenza dovrebbe essere che qualsiasi formula di governo che trovi origine nell'area democratica può essere criticata per le scelte politiche e programmatiche concretamente compiute, ma non pregiudizialmente in sé. Tutti conveniamo, in quarto luogo, che sia da operare ogni sforzo per impedire la radicalizzazione della lotta politica e per allargare l'area democratica. In questo quadro, è unanime il riconoscimento che il rapporto con il psi, partito di frontiera, non è un fatto occasionale, ma un dato permanente nella lotta per la democrazia, al fine di allargare l'area del consenso popolare. Ecco perché, ad esempio, a nessuno è venuto in mente d'interrompere la collaborazione con i socialisti in centinaia di comuni, in decine di province e di regioni all'indomani di una non partecipazione del psi al governo; né questo problema, per altro, rappresentò in sé ragione | di scontro tra le diverse correnti della de. Ciò ha verificato nei fatti il principio della reversibilità: la necessità, cioè, di non chiudersi pregiudizialmente nella gabbia di un'unica formula di governo, se si vuole far salvo il margine necessario per non essere costretti a governare perpetuamente in stato di necessità o di trascurare completamente come si governa per chiedersi solo con chi si governa. Tutti conveniamo, infine, che nella passata legislatura sono stati compiuti gravi errori sul piano economico e su quello politico, e quindi che l'ipotesi del centro-sinistra (che nessuno ha mai considerato sepolta per sempre) postula un riesame critico dell'esperienza passata. Per un congresso che deve stabilire l'orientamento di fondo del partito per i prossimi anni, la constatazione delle convergenze sui punti che sopra ho richiamato non è poca cosa. Tutto semplice, pei conseguenza? Certamente no, perché è la situazione del Paese ad essere complessa e difficile; e tanto più lo è rispetto ad un quadro internazionale in rapida evoluzione, in presenza di valori esistenti che vengono rimessi in discussione talvolta con furore distruttivo e non con la serenità dell'« aggiornamento ». Vi è un turbamento profondo e pienamente giustificato della coscienza nazionale per le ricorrenti esplosioni di violenza e di illegalità. Vi è il trauma di dover vivere con un tipo di problemi che non conoscevamo pienamente, quelli che sono propri delle società altamente industrializzate, nello stesso momento in cui si prosegue il dramma nazionale di una disoccupazione, concentrata soprattutto nel Mezzogiorno, che non si riesce ad eliminare. Vi è una spinta costante e disgregante di interessi corporativi e settoriali permanentemente all'assalto dell'interesse collettivo. Vi è il ritardo grave nella realizzazione di riforme essenziali (basti pensare per tutte alla scuola). Vi è ancora la debolezza, talvolta la fatiscenza dell'amministrazione, che risulta chiara non solo rispetto a responsabilità sempre più complesse di ordine nazionale, ma ad obblighi, a scadenze, ad opportunità obiettive che si esprimono in un ambito più vasto, quello europeo. Vi è un complesso processo di adeguamento del nostro apparato produttivo, la necessità di superare gravi punti di debolezza della struttura industriale italiana. Vi èèllsusdcsrpsomebsprsd è una atipicità italiana che non è solo legittima espressione dell'autonomia, del pluralismo, delle caratteristiche proprie al nostro Paese, ma può diventare una remora grave per il nostro sviluppo di tipo europeo. Chi posto davanti a così ardui problemi ricerca schemi di comodo d'interpretazione e di soluzione, si pone fuori della realtà. Spiegare tutto, ad esempio, gettando la croce solo sui sindacati significa compiere una operazione di manifesta deformazione della verità. Ma nega egualmente l'esistenza dei problemi e dei rischi insiti nella situazione chi si preclude la possibilità di accertare tutte le responsabilità. Se, ad esempio, dal 1969 al 1972 constatiamo che in Italia si sono avute circa 100 milioni di giornate perdute per scioperi, in Francia poco più di 12 milioni, in Germania 3 milioni e nella stessa Gran Bretagna 66 milioni, è inutile risolvere i dati oggettivi nello scontro polemico. Le responsabilità sono complesse: ad errori dei sindacati e delle organizzazioni padronali si aggiungono le responsabilità dei gruppuscoli, lo spontaneismo, la parcellizzazione dei sindacati autonomi, le stesse responsabilità del governo e dei partiti. Ma, di fronte all'evidenza delle cifre, chi può negare che in ogni caso il problema all'ordine del giorno è quello di superare una situazione che, se dovesse continuare, finirebbe per mettere in ginocchio tutto il Paese? Di fronte a problemi cosi complessi i democristiani riuniti a congresso debbono compiere in primo luogo un sereno e severo esame di coscienza sulle proprie responsabilità. 11 precettore di Luigi XV usava un singolare metodo peda Mfilgsvcsm«gddtvicnnqpudezGmslugogico: quando l'illustre infan- j te compiva una manchevolezza, egli schiaffeggiava un paggio. Simile metodo aberrante non può essere trasferito in politica, e meno che mai praticato dalla democrazia cristiana. Franco Maria Malfatti

Persone citate: Luigi Xv

Luoghi citati: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia