A Roma è difficile navigare

A Roma è difficile navigare la vela A Roma è difficile navigare Non c'è porto, ma solo due "rifugi": il portocanale di Fiumicino e la Fiumana Grande I romani che vanno a vela sono coraggiosi, tenaci, abili, pazienti, capaci di grandissima sopportazione. Tutte queste doti non sono dovute a una particolare scuola o tradizione locale, del resto inesistente, ma alle difficoltà che i navigatori per diletto incontrano a Fiumicino e alla Fiumara Grande, forse le due basi nautiche più pericolose d'Italia. Non c'è un porto, come tutti sanno. Due sono i rifugi: il porto-canale di Fiumicino e la Fiumara Grande, o braccio sinistro del Tevere, allo stato selvaggio. A Fiumicino due moli sembrano fatti apposta per attirare le barche quando c'è risacca, e provocarne lo sfacelo. Le onde di poco superiori a un metro e mezzo non frangono, ma portano in surfing nel canale, a velocità folle. Quando si passa la forza 4-5 non si entra. Una barca con equipaggio serio, prudente, non ha altra scelta che dirottare su Civitavecchia (30 miglia di distanza), o Anzio (26 miglia), anche per la mancanza di un faro che orienti sicuramente nelle ore notturne. Scartato il porto-canale di Fiumicino, pericoloso e inquinato al massimo grado, non resta che la Fiumara Grande. Non c'è propriamente un porto, ma una serie di ormeggi lungo le due rive del Tevere, verdissime e spopolate. Un posto molto bello, carico di suggestioni per gli amanti della vita semplice e tranquilla, poco mediterraneo e simile a certi quieti angoli della provincia francese ricca di canali. Alla Fiumara Grande si sta relativamente tranquilli all'ormeggio, ma non si esce se il tempo è incerto e se non si hanno molte ore davanti. Infatti il rientro è impossibile con mare mosso a causa di un banco di sabbia che ostruisce rimboccatura. E per di più non esistono fari, né fanali, né segnalazioni. La navigazione notturna è del tutto esclusa. Chi tenta di passare in condizioni difficili rischia grosso. L'altro ieri è finita in secca una barca da 12 metri. "Arpège" sfondato Ho visto un «Arpège» sfondato dopo aver assaggiato le I scogliere con mare grosso (il timoniere aveva mancato il solo passaggio sicuro in due metri d'acqua). I romani che vanno a vela sono dunque volenterosi e "au"à Fiumara ~Grande~é ricchi di pazienza. Direi che non sono pochi. Alla Fiumara Grande si contano circa ottocento barche, ormeggiate ai rozzi pontili di legno o tirate n secco per i lavori di manuenzione. Tutto è molto primitivo, e simpatico. Alcuni capannoni, gru, scivoli, permettono di fare i lavori a terra con una certa libertà. C'è anche chi si costruisce la barca. Ho visto un grande catamarano in fase avanzata e un «Optimist» quasi pronto al varo. Non mancano le barche di grido, quelle nate per la regata, come i «Brigand» ultima serie, ma abbondano gli scafi vecchi che testimoniano capacità di scelta e buone conoscenze tecniche anche nella manutenzione. Ecco una barca da piloti dei porti inglesi, portata per mare dalla Manica a Roma. Ecco un grandissimo «Yawl» con bandiera americana: a bordo l'intera famiglia di Boston, arrivata alla Fiumara Grande dopo avere attraversato l'Atlantico. Ci sono anche i tipi solitari e discreti, come Franco Rocchi: si è costruito con le sue mani un «Ketch» di acciaio, e ha navigato in Atlantico senza far suonare le trombe della pubblicità, come un degno erede di Slocum. Troppo chiassosi? Non c'è una grande simpatia per i velisti romani, avvolti da una ingiusta leggenda di presunzione e di prepotenza, mal giudicati perché un po' chiassosi quando si avventurano fuori casa. Dopo esser averli visti sulle loro barche, e averne sentito le difficoltà, direi che meritano diversa considerazione. Meriterebbero anche un porto, ed è questo il tema forse più scottante. Il Tevere, sporco e non regolato nel suo corso, si offre potenzialmente come un porto-canale (limitato però dai ponti) che nessuno ha finora progettato seriamente. Se la depurazione sarà realizzata, come sembra, fra qualche anno, il gran fiume di Roma potrebbe diventare una splendida base nautica inserita nel parco previsto lungo le sue rive. Dovrebbe però essere risolto il problema dell'accesso, non facile. Il dragaggio della bocca di Fiumara Grande porta con sé il rischio di danneggiare il litorale sabbioso. Manca uno studio in proposito, e tutto si svolge in modo approssimato, o volontaristico. C'è il progetto di un grande porto, di tipo «marina», all'esterno di Fiumicino, ma motiva comprensibili riserve di natura ecologica. Resta il fatto che a Roma la vela conosce un vero e proprio «boom» nell'assenza assoluta di una base nautica decente. Limitando l'indagine al puro interesse settoriale si potrebbe tranquillamente affermare che un porto turistico da 3-4 mila posti barca non sarebbe esagerato. Dove costruirlo, con quali criteri? Il modello primitivo della Fiumara Grande dimostra che utilizzando il Tevere si può offrire l'ormeggio, con i relativi servizi, alla modesta tariffa di 2000 lire il metro. Una barca di 8 metri abbondanti paga 16 mila 200 lire mensili. La costruzione di un porto molto complesso e costoso altererebbe radicalmente queste condizioni, e finirebbe con l'incidere sul tipo della clientela, allontanando quella più modesta che quasi puntualmente è anche la più preparata e simpatica, soprattutto più civile. Mario Fazio

Persone citate: Brigand, Franco Rocchi, Mario Fazio, Slocum

Luoghi citati: Anzio, Boston, Civitavecchia, Italia, Roma