"La spider rossa che io vidi sul Monte Fasce era quella di Bozano: non ho alcun dubbio,, di Filiberto Dani

"La spider rossa che io vidi sul Monte Fasce era quella di Bozano: non ho alcun dubbio,, Nuovi testi di accusa al processo per l'uccisione di Milena Sutter "La spider rossa che io vidi sul Monte Fasce era quella di Bozano: non ho alcun dubbio,, "Era inconfondibile perché tutta sgangherata", ha detto Carla Camera - Il difensore dell'imputato è intervenuto sventolando la fotografia di un'altra spider identica: "Non potrebbe essersi confusa con questa?" - "No, perché quella di Bozano aveva una stuccatura sul parafango" - Il tribunale dispone un sopralluogo sulla montagna per stabilire a che distanza si trovava la fossa dalla pineta - I soci del circolo "Submares" negano che il giovane abbia venduto loro una cintura da sub (Dal nostro corrispondente) Genova, 28 maggio. « Conoscevo bene la spider rossa di Lorenzo Bozano: era inconfondibile perché tutta sgangherata. L'avevo vista spesse volte davanti alla casa degli zìi dell'imputato, la vidi a Monte Fasce nel tardo pomeriggio del 6 maggio 1971 ». Alta, slanciata, capelli castani sciolti sulle spalle, Carla Camera, testimone, parla con voce sicura, avalla senza esitazione una delle certezze più salde della sentenza istruttoria: la presenza di Lorenzo Bozano a Monte Fasce, un'ora dopo la scomparsa di Milena Sutter. Siamo arrivati all'undicesima udienza del processo, la sfilata dei testimoni è quasi agli sgoccioli, il calendario delle citazioni ne prevede la conclusione per il 4 giugno. Ciò significa che la prossima settimana avrà inizio la discussione e che la sentenza, se non vi saranno intoppi, potrà essere pronunciata tra il 16 e il 20 giugno. Nel viottolo Carla Camera, dunque. Le prime pagine del capitolo di Monte Fasce, si sa, hanno già ricevuto una conferma da Alina Tambone, ex fidanzata di Lorenzo Bozano. Anche questa testimone ha riferito di aver visto lassù, in quel fatidico giorno, l'autovettura dell'imputato. E non solo quella: vide anche lui che stava scendendo lungo un viottolo. Gli occhi di Carla Camera, invece, colsero soltanto l'immagine della spider in un piccolo spiazzo, lo stesso che l'altra testimone ha già indicato. Camera — Ero andata a Monte Fasce con mio cognato, sua moglie e una loro conoscente che aveva portato con sé la propria bambina. Eravamo tutti su una 850. Presidente — E' sicura di aver riconosciuto la macchina dell'imputato? Camera — Nessun dubbio: era proprio quella. Lorenzo Bozano, come sempre, non tradisce alcuna emozione: seduto tra i carabinieri, si limita a prendere ap ltsm"mIdzcltucpsntminti su un notes. A smuo- vere le acque ci pensa il suo c* * ^ JZt* . — difensore, l'avv. Silvio Romanelli: sventolando una fotofrafia, lancia una freccia all'indirizzo della testimone. Non potrebbe aver confuso la macchina di Lorenzo Bozano con quella di un altro? Le spider rosse, dopotutto, non sono un'esclusiva dell'imputato, come è dimostrato, dice, da una fotografia a colori che ritrae proprio un'autovettura di quel tipo che sembra la copia stampata di quella vista a Monte Fasce. Scatta uno dei patroni di parte civile, l'avv. Gustavo Gamalero. Rosso in viso, l'avvocato batte un pugno sulla tavola, getta uno sguardo di fuoco contro il collega dell'altro fronte, gli dà sulla voce: « Anch'io ho ricevuto quella fotografia, ma l'ho stracciata. Come si può chiedere alla testimone di stabilire un'identità fra due spider? ». Il presidente si guarda attorno smarrito: che storia è questa? Ci vorranno cinque minuti buoni prima che riesca a raccapezzarsi, perché le due toghe avversarie continuano a scambiarsi strali in un crescendo di toni. Placata la bufera, ecco la spiegazione. Un anonimo ha spedito ai due avvocati la fotografia di una spider rossa che non è quella dell'imputato, pur essendo pressoché identica. E con la fotografia, anche una dedica: « Il riconoscimento di una macchina può indurre in errore: chi direbbe che questa non appartiene a Lorenzo Bozano?». La fotografia Presidente — Essendo anonima la provenienza di quella fotografia non posso ammettere la domanda del difensore alla testimone. Il difensore allarga le braccia in gesto di rassegnazione, la mano passa alla parte civile: « La testimone notò sulla spider di Monte Fasce qualche segno caratteristico? ». « Si, sul parafango anteriore destro, vicino al fanale, c'era una zona grigia, come di stuccatura ». La spider di Lorenzo Bozano, appunto. Congedata Carla Camera, entra il cognato, Vincenzo Amodeo, guidatore della 850. Come fa a collocare la gita al monte Fasce alla data del 6 maggio 1971? Risponde: « Sono dipendente dell'Italsider e segno regolarmente su un'agenda i giorni di lavoro e di riposo. Quella settimana feci festa il 5 e il 6 maggio, ma andai a Monte Fasce il 6 giovedì, perché a casa rimase la donna che fa i lavori domestici il martedì, il giovedì e il sabato ». Altra testimone: Anna Maria Alonzo, anch'essa passeggera della 850 con la figlio- letta che allora aveva quattro anni. Presidente — Lei vide la spider rossa? Alonzo — No, ma la vide mia figlia che mi disse: "Guarda mamma, c'è una macchina rossa da corsa ". Io non feci in tempo a guardare perché la bambina, alzandosi sul sedile, stava sporcando con le scarpe i pantaloni di Carla Camera. Presidente — Come mai tanto interesse da parte di una bambina per una macchina sportiva? Alonzo — Mia figlia è sempre stata attratta dalle mac serie di modellini e quando ne chiede uno nuovo vuole che sia da corsa. Ora il processo sfoglia altre pagine del capitolo di chine A casa ha tutta una COMO rJi tmr\HOIIt^nt o r*-\t rtrtrin Monte Fasce: quelle dedicate alla fossa e agli attrezzi che sono serviti per scavarla. La fossa. Dice l'accusa che fu opera di Lorenzo Bozano, il quale aveva progettato di seppellire il cadavere di Milena Sutter. Replica la difesa che soltanto un mentecatto poteva farsi venire in mente di scavare una fossa in pieno giorno e in un luogo esposto al pubblico. Insiste l'accusa: Lorenzo Bozano si era già assicurata la disponibilità degli attrezzi, un piccone e un badile sottratti dal giardino dello zio Sebastiano Bagnasco e, per di più, ci sono testimoni i quali hanno dichiarato che la fossa è stata scavata nella prima settimana del maggio 1971. Obietta la difesa: che bisogno c'era di scavare una fos¬ sa su un ripiano accessibile a tutti? Bastava che l'improvvisato becchino si fosse spostato di più, nella vicina pineta e nessuno avrebbe scoperto la fossa. Oltretutto c'è, sempre lì vicino, un convento con tante finestre: era proprio il caso di mostrarsi agli occhi dei suoi religiosi inquilini? Videro la fossa Il contributo dei testimoni alla ricerca della verità è deludente: i quattro contadini che videro la fossa si limitano a dire che « era lunga, tanto da contenere un uomo disteso », e che dei due attrezzi trovati in essa, soltanto il piccone era in buone condizioni. A che distanza si trova la pineta dalla fossa? Ettore Sciaccaluga, che è appunto uno di questi testimoni, ci pensa su e conclude: « Cento metri ». Vicino, dunque. Poi, però, viene un altro testimonio, il pastore Francesco Cossu, e la sua stima allontana la pineta: 250400 metri. Lontano, dunque. E la distanza tra fossa e convento? « 500 metri », risponde il primo. « Un chilometro », risponde il secondo. La difesa, ormai, ha scoperto il punto dove far breccia, ma il p. m. taglia corto: si mandi qualcuno a Monte Fasce per vedere come stanno le cose. La corte si ritira in camera di consiglio e dispone che un sottufficiale dei carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria « si rechi oggi a Monte Fasce per riferire domani l'esatta distanza tra fossa e pineta e fossa e convento ». Gli attrezzi. Si tratta effettivamente del piccone e del badile scomparsi dal giardino di Sebastiano Bagnasco, zio di Lorenzo Bozano? E' un altro interrogativo che, almeno per il momento, resta senza risposta. L'accusa sostiene che sono gli stessi, ma arriva a questa conclusione attraverso una serie di deduzioni, mandando un preciso riconoscimento da parte di chi, nel giardino, li aveva in proprietà, in custodia o in uso. Il piccone Dei sei testimoni sentiti oggi soltanto due portano un po' d'acqua al mulino dell'accusa: Willy e Silvana Polloni, proprietari di un negozio che tempo addietro fornì allo zio dell'imputato i manici per un piccone e un badile. La sentenza istruttoria fa appunto notare che i manici dei due attrezzi trovati a Monte Fasce sono dello stesso «tipo e foggia» di quelli venduti a Sebastiano Bagnasco. Quest'ultimo, che forse potrebbe dire qualcosa di più sull'argomento, non si è presentato oggi sul pretorio, facendosi scudo dei suoi diritti di astenersi dal deporre perché parente dell'imputato. Avendo però reso a suo tempo delle dichiarazioni al giudice istruttore, dovrà confer¬ marle: il presidente lo ha citato per domani. Ultimo e non nuovo argomento dell'udienza: la famosa cintura subacquea con cui l'assassino affondò il cadavere di Milena Sutter. L'accusa, è noto, sostiene che questa cintura appartiene a Lorenzo Bozano, ma Lorenzo Bozano insiste nel dire che quella che lui possedeva l'ha venduta, con altri attrezzi, ad un non identificato socio di un circolo di pescatori subacquei di Bogliasco, il « Submares ». Nessuno si è presentato a confermarlo. La cintura E così anche oggi. Ecco Giobatta Marsano, segretario del circolo: « Lorenzo Bozano vendette una parte della sua attrezzatura, ma escludo che tra questa ci fosse una cintura subacquea». Segue Cesare Molinari, direttore dei corsi subacquei: « Non mi consta che Lorenzo Bozano abbia venduto una cintura presso il nostro circolo ». E ancora: Bruno Erba, Gianluigi Strigini, Giacomo Bisso, tutti soci del circolo: « Lorenzo Bozano non ha mai venduto cinture subacquee ». Ultimo teste, Francesco Matteucci, anch'egli socio del circolo. Acquistò da Lorenzo Bozano due bombole d'ossigeno e un fucile ad aria compressa: scelse questi oggetti tra i tanti che l'imputato aveva esposto su un tavolo nella sede del « Submares ». Presidente — Lei comperò anche una cintura con i piombi? Matteucci — No. Non ricordo se su quel tavolo c'era anche una cintura. Il difensore afferra la palla al balzo: dunque, la cintura poteva anche esserci, ma il testimonio non l'ha vista. Franco Matteucci puntualizza: « Non ho detto di non averla vista. Ho detto che non ricordo ». Domani, dodicesima udienza. Filiberto Dani mtmsldntzslci Genova. Bozano in aula ascolta le accuse confermate da Carla Camera, nella foto a destra (Telefoto Nazzaro)

Luoghi citati: Bogliasco, Genova