Agroppi, unico male?

Agroppi, unico male? D Torino dopo il "disastro,, '72-73 Agroppi, unico male? Le vittorie nel derby non compensano i 14 punti di distacco dalla Juve Prima di cambiare la squadra, occorre "ritoccare" altri ingranaggi Cinque gol in 14 gare esterne: dov'è finito il carattere dei granata? Il dopo-campionato del Torino è cominciato con una «voce» sorprendente, verissima ad onta di qualsiasi precisazione: quella della possibile cessione di Agroppi. Giagnoni e la società possono avere le loro ragioni (tecniche?) per privarsi del forte mediano, ma il sorprendente sta nel fatto che al termine di un'anda chiarire, l'unica notizia da comparire, l'unica notizia riparatrice sia relativa a un trasferimento. C'è da sperare che ciò non sìa legato al contrasto scoppiato fra giocatore e trainer nel finale di campionato, perché nel caso il tocco in più sarebbe a tutto danno del Torino. Certe situazioni, certe richieste anche se fatte a voce concitata, vanno capite e scusate. Atleti e allenatore debbono puntare alla maggior comprensione reciproca possibile. Un gesto di forza nei confronti di Agroppi (che ha accusato la disavventura azzurra, le vere ragioni del suo calo sono queste) potrebbe avere ripercussioni sul resto della squadra. Non vogliamo soltanto difendere Agroppi. Si cerca anzi di capire da quale parte il Torino sta iniziando quella campagna — che non è solo campagna trasferimenti — tendente a riparare alla disastrosa stagione 1972-73. Che sia stata una annata nera non ci sono dubbi. Sul piatto negativo della bilancia: 1) lo scadente piazzamento in campionato a 14 punti dalla Juventus-scudetto; 2) l'eliminazione dalla Coppa Uefa nella tragicomica trasferta di Las Palmas; 3) l'esclusione dalle finali del torneo anglo-italiano attraverso una serie di partiteno culminata con la burrasca di Newcastle; 4) la perdita dell'imbattibilità casalinga; 5) il nervosismo (vedi Costa Azzurra) che troppo spesso ha accompagnato i giocatori; 6) gli incidenti a catena, dei quali solo l'ottanta per cento va incluso fra le fatalità; 7) un certo rilassamento dei quadri dirigenziali. Sull'altro piatto: 1) il ruolo di cannoniere di Pulici, al quale i compagni peraltro non sono stati capaci a fornire in extremis l'appoggio per staccarsi da Rivera e prevenire il ritorno di Savoldi; 2) le due vittorie nel derby. I quattro punti sulla Juventus valgono solo in quanto hanno evitato ai granata di sfiorare la zona retrocessione, perché al blasone granata — qualsiasi sia il parere dei tifosi — aggiungono ben poco. Semmai sono la testimonianza di una specie di distorsione mentale della squadra e di tutto l'ambiente, perché non è possibile che solo in due occasioni all'anno il Torino riesca ad esprimersi al massimo. Se occorrono sollecitazioni emotive particolari per trarre il meglio da ciascun giocatore, significa che ci sono diverse cose da rivedere nella men¬ talità degli atleti. Giusto fare dei due derby date di particolare impegno, negativo trasformarle in occasioni in cui il complesso si scarica sino ad incassare sconfitte inopinate ed evitabili. Se si escludono le due reti infilate alla Juventus nella sfida «fuori casa», il Torino ha segnato la miseria di tre gol nelle restanti quattordici gare in trasferta. In tutto, quindi, cinque reti lontano dallo stadio comunale: peggio dei granata hanno fatto solo Napoli (un gol) e Ternana (quattro). Alla pari di Puliciclone e colleghi è il Palermo. Appare più che mai indispensabile riuscire a distribuire fra tutte le trasferte la caricaderby, considerato che intanto questa non basta a far... perdere lo scudetto ai cugini bianconeri. La fama del Torino che ha grinta, che «morde» va evidentemente aggiornata, cifre alla mano, per quanto riguarda le trasferte. Ci pare il primo punto sul quale chi ha potere di farlo dovrebbe intervenire. Una squadra a due volti come quella granata non potrà mai aspirare alle prime posizioni. Più che di uomini si tratta di coraggio, di mentalità. Questi rilievi limitano anche la validità — pur evidente, inconfutabile — del peso avuto dalle assenze di Sala, Bui e Cereser nel girone di andata, visto che in casa spesso la squadra è riuscita a rimediare egualmente il risultato positivo. In realtà, tra l'efficace e volitiva compagine d'attacco sempre dimostratasi in casa, e quella tremebonda e difensivista della maggior parte delle trasferte, ci sono differenze che una società come il Torino non deve accettare, deve cancellare al più presto. Circa gli incidenti Sala, Bui e Cereser hanno avuto troppe convalescenze e ricadute perché il club non ri¬ tenga doverosa un'attenzione ancora maggiore a un settore importante come quello sanitario, e alla collaborazione fra medici e tecnici. Il Torino ha perso la carica (tutti, Giagnoni per primo) sul finire del campionato 1971-72, quando gli sfuggì uno scudetto che pareva a portata di mano. Giocatori e tecnico si sono sentiti come un pugile sconfitto ai punti di misura, e che pensa: «Se non vinco per k.o. non arriverò mai al successo». Uno stato d'animo comprensibile come altri, ma che non deve condizionare tutta una stagione. Il trainer al suo arrivo a Torino aveva avuto un periodo favoloso: lottava contro il vittimismo, contro i piagnistei, non si considerava mai battuto. Dopo è stato fra i primi ad abbandonare la strada migliore. Quali siano state le delusioni patite, è dal riconfermato Giagnoni e dalla società che deve partire l'accenno di riscossa. Un Torino di uomini al di là dei nomi, questo serve. Prima di pensare a privarsi di Agroppi (se si prospetteranno cambi favorevoli) sembravano più urgenti altre decisioni: il punto sul campionato da parte del presidente, qualche dichiarazione più responsabile e serena delle solite battute: «se avessimo i soldi di altri...». Con gli stessi soldi di quest'anno (anzi, di meno, perché gi. incassi della scorsa brillante stagione avrebbero dovuto riflettersi su quella appena conclusa) il Torino 1971-72 è andato vicino allo scudetto. Anche per questo i quattordici punti di distacco dalla Juventus debbono far meditare. Se i bianconeri possono essere un termine di paragone, addirittura l'unico valido, lo siano nel bilancio del campionato, e non solo due domeniche all'anno. Bruno Perucca In sette punti i motivi delle molte delusioni In trasferta squadra timida : cinque gol in 14 gare Non è solo un fatto di soldi, conta il carattere

Luoghi citati: Napoli, Newcastle, Torino