Alluvione del Brenta Assoluzione per tutti di Giuliano Marchesini
Alluvione del Brenta Assoluzione per tutti La sentenza a Bassano Alluvione del Brenta Assoluzione per tutti I 12 imputati "non hanno commesso il fatto" - Nel novembre del 1966 la vallata fu sconvolta dal fiume in piena, una donna morì (Dal nostro inviato speciale) Bassano del Grappa, 22 mag. Assoluzione con formula piena per tutti al processo per l'alluvione che nel novembre del 1966 sconvolse la vallata del Brenta. Si è concluso ieri sera questo lungo dibattimento davanti al tribunale di Bassano, rimasto impegnato per 18 udienze nella rievocazione delle drammatiche giornate della «furia» del fiume, nell'esame delle cause dell'inondazione. I giudici hanno mandato assolti, «per non aver commesso il fatto», 12 tecnici accusati di disastro colposo: Francesco Sensidoni, Ottorino Bisazza, Ciro Tugnoli, Ugo Cuttini, Secondo Alfieri, Italo Chiesa, Giovanni Radin, Giuseppe Salerno, Nereo Tomazzoni, Francesco Guarnieri, Giovanni e Domenico Ghella. Per Antonio Aleati il tribunale ha stabilito di non doversi procedere dato che questo tredicesimo imputato non è mai stato esattamente individuato: in sostanza, pare che si sia trattato di un equivoco. La piena del Brenta del 4 e 5 novembre 1966 è una delle più paurose nei ricordi della gente della vallata. Dopo giorni di piogge torrenziali, il fiume si fece travolgente, straripò in alcuni punti, mentre altri corsi d'acqua superavano gli argini e invadevano le campagne e le strade. Interi paesi furono investiti dall'alluvione: di fronte all'avanzare delle acque limacciose, le popolazioni presero a fuggire, portando con sé poche cose, verso la montagna o in direzione di Bassano. Molti abitanti delle zone colpite trascorsero la notte in accampamenti, in ripari di fortuna. Il Brenta e i torrenti continuavano a imperversare, una dorma fu travolta dalla fiumana e annegò, per qualche ora il famoso ponte degli alpini di Bassano corse il rischio di accasciarsi. Tornata la calma, mentre si faceva il desolante bilancio dei danni, parecchi abitanti dei paesi più provati si chiesero se la colpa di quel disastro dovesse attribuirsi esclusivamente all'eccezionale ondata di maltempo che s'era abbattuto sulla vallata, ed ebbero il sospetto che potesse esservi anche una certa responsabilità da parte di qualcuno. Si tennero riunioni nei municipi, si esaminò la situazione, infine si decise di presentare un esposto alla Procura della Repubblica, sottoscritto dai rappresentanti di 7 comuni: Bassano, Pove, Solagna, Valstagna, San Nazario, Campolongo e Cismon del Grappa. I firmatari della denuncia sostenevano che non era stato dato alcun preavviso del sopraggiungere dell'inondazione, chiedevano che si accertasse se certi impianti idroelettrici della valle avessero contribuito a ingrossare i corsi d'acqua. Erano sotto accusa in particolare tre sbarramenti sul Brenta: la diga del Corso, quella di Mignano e la cosid¬ detta «traversa Pianello». L'inchiesta della magistratura fu lunga e laboriosa, perché si trattava di raccogliere tutta una serie di testimonianze, di mettere insieme una quantità di dati, di disporre perizie. L'indagine si concluse con il rinvio a giudizio di ingegneri, assistenti e costruttori, con l'accusa di disastro colposo. Al processo, cominciato 1*11 gennaio scorso, tutti gli imputati si sono difesi affermando che le opere realizzate sul Brenta erano assolutamente conformi a ogni norma di sicurezza, che era stato fatto tutto quanto era possibile per far fronte alla situazione: nessun addebito si poteva muovere ai progettisti degli sbarramenti sul fiume, né a coloro che erano addetti al funzionamento degli impianti. E hanno concluso che soltanto un evento di proporzioni imprevedibili, come la continua torrenziale pioggia di quel novembre 1966 poteva ritenersi «responsabile» dell'inondazione. Giuliano Marchesini
Luoghi citati: Bassano, Bassano Del Grappa, Cismon Del Grappa, Valstagna
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