Duecentomila ai funerali Rabbia e dolore tra la folla

Duecentomila ai funerali Rabbia e dolore tra la folla Estremo saluto della città di Milano alla giovane Gabriella Duecentomila ai funerali Rabbia e dolore tra la folla II corteo da piazza San Fedele a piazza Castello è durato due ore e mezzo - La bara era preceduta da due corazzieri in alta uniforme, che reggevano la corona inviata dal Presidente della Repubblica - L'omaggio dei partiti, dei sindacati e dei lavoratori delle fabbriche milanesi - Il discorso del sindaco Aniasi - Fermati alcuni giovani (Nostro servizio particolare) Milano, 22 maggio. « Vi invito a qualche minuto di silenzio per rinnovare il reciproco impegno di solidarietà civile»: poco prima delle 19, in piazza Castello, a qualche metro dalla bara di Gabriella Bortolon, da una pedana tappezzata di bandiere tricolori, il sindaco Aldo Aniasi conclude il suo discorso. Duecentomila persone — a gomito a gomito per tutta piazza Castello, tutta via Dante, tutta piazza del Duomo, un tratto di corso Vittorio Emanuele, via Agnello, fino a piazza San Fedele da cui si è mosso il corteo funebre — ammutoliscono dì colpo. Per tre minuti esatti, non si ode nemmeno un colpo di tosse. Aniasi dice: «Grazie», e scoppia un lunghissimo applauso, di tensione, di rabbia, di dolore. Pochi minuti prima, un lancio di manifestini e delle grida: « Via le bandiere rosse! », « Non vogliamo strumentalizzazioni ». In foro Bonaparte si sono udite sirene, c'è stato un fuggi-fuggi nelle vìe laterali, per un attimo si è tenuto altro sangue. I volantini — contenenti invettive contro il sindaco di Milano — sono stati lanciati da un gruppo di giovani, che sono subito fuggiti. Queste, le firme: « Maggioranza silenziosa », « Comitato cittadino anticomunista », « Comitato studentesco anticomunista », « Lotta europea ». Tre ragazzi sono stati fermati. La funzione funebre per la giovane ventitreenne dilaniata giovedì scorso dalla bomba di Bertoli davanti alla questura si è iniziata alle 16,15, in piazza San Fedele. Sui muri della chiesa, strisce di vernice fresca indicano cancellature recenti. Durante la notte, qualcuno aveva scritto frasi minatorie. Si dice fossero: « W l'anarchia », « W Bertoli », « Vi seguiremo I anche ai funerali ». I II servizio d'ordine è ìmi ponente. La piazza e le vie intorno brulicano di poliziotti e carabinieri in divisa e in borghese, di aderenti all'Anpi con la fascia tricolore al braccio. La gente si ammassa nel- la piazzetta, in piazza del Duomo, in tutte le strade intorno. Molti piangono. Alla funzione officiata dal vescovo ausiliario di Milano, mons. Libero Tresoldi, possono assistere solo pochi parenti e amici della morta. La madre di Gabi iella è in grigio scuro, con un lungo velo dello stesso colore. Non piange. Dicono che è sotto choc, non si è ancora resa esattamente conto che la figlia è morta: le capita di parlarne come se dovesse tornare da un momento all'altro. Ha messo vìa, ben ordinate nei cassetti, le sue camicette, non il pigiama che è sempre lì, sul cuscino: « Così, se arriva la sera tardi, lo trova subito », ha spiegato ad una amica. Sulla bara garofani e gigli bianchi. Era rimasta aperta fino alle 15, all'obitorio. Ga- briella era stata vestita con un abito di pizzo candido, un'acconciatura da sposa, scelta anche perché bisognava fascarle il capo, martoriato dalle schegge e dall'autopsia. Il rito è rigoroso, solenne. Qualcuno singhiozza, piano. Pochi minuti dopo l'inizio della funzione, le porte della chiesa si chiudono. Una signora anziana sviene sulla gradinata, la portano via a braccia. C'è un'afa tremenda; la gente si terge il sudore con i fazzoletti; svengono anche una ragazzina ed un uomo. La piazza è piena di gonfaloni comunali e di bandiere; i muri coperti da corone allineate, cinquanta, sessanta, forse più. Oltre agli amici e ai familiari le hanno mandate partiti politici, associazioni sindacali, lavoratori delle fabbriche milanesi. Alle 17,30 preceduta da due corazzieri in alta uniforme che reggono la corona inviata dal Presidente della Repubblica, la bara esce e viene caricata sul furgone. Lentamente il corteo comincia a snodarsi verso il Duomo. Altoparlanti diffondono musiche: Pergolesì, Perosi, antichi canti religiosi popolareschi. Non s'ode nìent'altro che la musica. Alle 18,30 la bara arriva in piazza Castello. Alle 19 dopo il discorso del sindaco, prosegue verso il cimitero. La gente comincia a sfollare; alcuni commentano le grida e i volantini. Si sparge la voce — poi smentita — che un ragazzo abbia lanciato un sasso e che alcune per sone intorno abbiano comin ciato a fuggire gridando: « E una bomba, è una bomba! ». Una signora dice: « Se non prendono il "pesce grosso", qui finisce che ci ammazzano tutti ». Terminate le esequie, la famiglia Bortolon ha espresso la sua riconoscenza alle innumerevoli persone che, in questi giorni, hanno fatto pervenire testimonianze di solidarietà e di affetto. « I messaggi sono stati tali e tanti, ha detto uno zio della vittima, che ci sarebbe impossibile rispondere personalmente ad ognuno. Vogliamo ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno sofferto con noi ». Ornella Rota Milano. Il passaggio del corteo funebre in piazza Duomo (Telefoto Associated Press)

Luoghi citati: Milano