Rifiutano di affumicare il prosciutto col petrolio di Francesco Fornari

Rifiutano di affumicare il prosciutto col petrolio Fornovo; proteste per la raffineria Rifiutano di affumicare il prosciutto col petrolio Le aziende alimentari temono che l'atmosfera inquinata danneggi la produzione dei salumi e del parmigiano - Il problema discusso a Parma - Possediamo il record europeo delle raffinerie (Dal nostro inviato speciale) Parma, 19 maggio. Studiosi di ecologia, giuristi, uomini politici si sono incontrati oggi a Parma per discutere su un problema di scottante attualità: l'inquinamento atmosferico provocato dalla proliferazione di nuove raffinerie nel nostro Paese. In Italia si raffina più petrolio grezzo di quanto se ne consumi. Possediamo il record europeo delle raffinerie: mentre gli altri Paesi industrializzati si liberano degli impianti per la lavorazione del greggio (e dei relativi inquinamenti), noi «petrolizziamo » sempre più la penisola. Le nostre industrie petrolifere esportano quasi il 40 per cento dei circa 120 milioni di tonnellate di greggio che vengono distillati nei nostri impianti. Il fabbisogno nazionale si aggira sugli 80 milioni di tonnellate annue, la capacità di raffinazione degli impianti esistenti è quasi doppia (circa 160 milioni), sono già stati autorizzati progetti per ampliare le raffinerie e portare questi valori di raffinazione ad oltre 260 milioni di tonnellate all'anno. Sono cifre ohe si commentano da sole: come afferma l'avv. Gianfranco Busetto, vice presidente dell'Istituto ecologico internazionale di Milano, « ci sporchiamo per conto degli altri ». L'Italia, un tempo invidiata e ammirata come il « giardino d'Europa », oggi ne sta diventando « la fogna ». La manifestazione promossa dal Comitato parmense per la difesa dell'ambiente ha preso lo spunto dalla ventilata costruzione a Fornovo di una grossa raffineria della Società Petrolifera Italiana (di cui è presidente l'industriale Moratti, che in quel territorio possiede già un vecchio stabilimento per la produzione di solventi, che occupa centocinquanta operai). Questo progetto, contro il quale la Giunta regionale nei giorni scorsi, dopo mesi di polemiche, ha dato parere negativo, ha già provocato una frattura nell'Amministrazione comunale di Fornovo (che l'altra sera, con i voti della minoranza, ha approvato una delibera favorevole al l'installazione della nuova raf fineria) e ha creato notevole allarme in tutta la regione provocando la vivace reazio ne di quegli enti, organismi, studiosi che si preoccupano per la tutela dell'ambiente, la conservazione del paesaggio, la preservazione di quel l'industria alimentare che è alla base dell'economia regionale. Sono oltre quaranta infatti le aziende per la produzione del prosciutto e del parmigiano che operano nella zona di Fornovo, dove l'aria buona e aromatica fa stagionare formaggi e salumi conosciuti in tutto il mondo. Pochi Paesi producono quattro milioni e mezzo di prosciutti l'anno, un terzo del parmigiano di tutta la provincia. Le aziende danno lavoro a 2500 persone. Tutto ciò, sostengono i promotori della manifestazione, è messo in pericolo dal progetto della nuova raffineria. Su uno dei manifesti affissi per le strade di Parma campeggia sinistra una maschera antigas con la scritta: « La raffineria di Fornovo spargerà nell'atmosfera 30 mila chilogrammi di gas velenosi al giorno ». Nonostante le assicurazioni fornite dai tecnici della Spi (e, comunque, non ritenute sufficienti dalla commissione di esperti nominati dalla Giunta regionale), il presidente del Comitato per la difesa dell'ambiente, notaio Borri, afferma che « questi gas più tutti gli altri veleni emessi dalla raffineria, ricadrebbero dai camini sulle campagne, con effetti nocivi sull'erba e, di conseguenza, sul bestiame che se ne nutre e, infine, sul famoso formaggio ». Questo è uno dei problemi che sono stati discussi oggi dagli studiosi intervenuti alla manifestazione, primo fra tutti il prof. Virginio Bettini, docente di ecologia all'Università di Venezia, che ha illustrato come, da recenti esperimenti effettuati in Finlandia, sia stato dimostrato che lo scarico delle ciminiere delle raffinerie « è dannoso in un raggio di circa 20 chilometri per la caduta di una parte di esso provocata da fenomeni atmosferici » ma come le stesse dannose conseguenze si ripetano « a distanza di oltre 500 chilometri, dove il residuo dei gas, trasportato dai venti, finisce sul suolo ». Oggi a Parma « combattendo contro la raffineria di Fornovo, lottiamo anche contro i progetti di espansione di altre raffinerie », ha detto il prof. Bettini. Perché il pericolo non è limitato a questa parte della regione Emilia-Romagna, ma, come si è visto, interessa tutto il terri¬ togvcaSsonlalel'nvinsrnnillecfedleNdpntlipsLdfmgocManssMmiv torio nazionale. L'accusa più grave che viene mossa al governo dagli studiosi è la mancanza di « programmazione ». Secondo il prof. Bettini « bisogna trovare le zone nazionali in cui si possano installare le raffinerie, con tutte le conseguenze negative per l'ambiente che ne deriveranno, per il bene della collettività e non per soddisfare un interesse privato ». Questa è la seconda accusa mossa al governo: autorizzando la costruzione di nuovi impianti (e una raffinazione che supera di molto il minimo indispensabile per le necessità del Paese), si consente alle società petrolifere di realizzare grossi guadagni a spese di tutta la collettività. Con quali vantaggi? Nessuno, affermano gli studiosi, perché « è ormai risaputo che questi impianti sono quasi completamente automatizzati e occupano un limitato numero di manodopera ». E' il caso di Fornovo: attualmente nella vecchia raffineria sono occupati 150 operai (che rischiano di perdere il posto perché l'industriale Moratti ha fatto sapere che, se non gli sarà consentito di ristrutturare gli impianti, dovrà chiudere lo stabilimento), che potrebbero salire a 500, al massimo 600 se venisse costruita la nuova raffineria. A parte il fatto che buona parte di questa manodopera sarebbe «importata» (perché si tratta di tecnici altamente qualificati e non reperibili nella zona), non bisogna dimenticare, affermano gli ecologi, che « l'inquinamento atmosferico e idrico sarebbe la rovina per tutte le aziende alimentari della zona ». Quali le conseguenze? La prima, immediata, la disoccupazione per gli oltre 2500 addetti a questi lavori; la seconda, un inevitabile crollo dell'economia locale in favore di interessi privat' Francesco Fornari

Persone citate: Bettini, Gianfranco Busetto, Moratti, Virginio Bettini