Poteva essere in Italia quando fu ucciso Calabresi? Nel kibbutz dubitano: "Forse con aereo e carte false,,

Poteva essere in Italia quando fu ucciso Calabresi? Nel kibbutz dubitano: "Forse con aereo e carte false,, li nostro inviato visita la piccola colonia agricola israeliana presso Gaza Poteva essere in Italia quando fu ucciso Calabresi? Nel kibbutz dubitano: "Forse con aereo e carte false,, (Nostro servizio particolare) Tel Aviv, 18 maggio. Gianfranco Bertoli, alias Massimo Magri, si faceva chiamare Roberto nel kibbutz Karmyiah, dove era giunto il 28 febbraio 1971 e dove si è trattenuto fino all'i; maggio scorso, quando è partito annunciando alla segreteria della colonia collettivista che doveva recarsi in Francia e in Italia per vicende familiari. Non sono riuscito a ottenere una comunicazione telefonica col kibbutz e mi sono recato oggi nel pomeriggio nella piccola colonia agricola di Karmyiah che è stata fondata nel 1950. Essa si trova a pochi chilometri a nord della fascia di Gaza, di fronte al kibbutz Yad Mordechai, centro di un'eroica resistenza contro gli egiziani nel 1948. Ho parlato col segretario del kibbutz Shelomo Barad, un tunisino di 45 anni, padre di tre figli che è giunto in Israele nel 1949 e che mi haaccolto cordialissimo nella sua elegante casetta arricchita di molti libri in ebraico e in francese e di una radio di recentissimo modello. Egli e la moglie Sara sembrano un po' frastornati e stupiti dall'improvvisa notorietà internazionale che ha proiettato le sue luci sulla giovane colonia che vive dei prodotti dell'agricoltura, della stalla e di una modesta industria tessile nella quale Barad è particolarmente attivo. Alternando l'ebraico al francese, egli ci ha detto che quando «Roberto» è giunto al kibbutz nel febbraio 1971 «ci era stato inviato dalla segreteria telavivese dell'Unione dei Kibbutzim, la quale suddivide in vari centri agricoli i volontari che desiderano passare qualche tempo in una colonia e fare quell'esperienza particolarissima che è la vita di un collettivo agricolo». E ha aggiunto: «Era un buon la- voratore, senza pretese, e un po' misogino: nessuno di noi ricorda di averlo visto con una ragazza. Lavorava soprattutto nel pollaio e viveva un po' isolato, ma era benvoluto per la sua gentilezza innata e la sua prontezza ad aiutare tutti ». La signora Barad ci dice che parlava soprattutto in francese, che gradiva parlare l'italiano con sua madre che lo conosce un po', ma aveva imparato abbastanza l'ebraico nell'Ulpan (la scuola per l'apprendimento della lingua) annessa al kibbutz: non era però in grado di leggere correntemente e si limitava a leggere i titoli dei giornali ebraici. «Sosteneva di essere venuto in Israele per l'interesse delle esperienze sociali e collettiviste e perché amava la vita semplice. Non nascondeva dì avere idee anarchiche in generale, e se parlava teoricamente della sua avversione per ogni forma di organizza¬ zione statale e militare, nessuno lo avrebbe giudicato un passionano e tantomeno un uomo capace di compiere un gesto criminoso. Passava le sue serate ascoltando la radio in francese e anche le trasmissioni dall'Italia con un apparecchio che gli aveva fornito il kibbutz. Seguiva spesso le trasmissioni televisive nella sala comune, non aveva alcun hobby». Questa è l'impressione tra i compagni del kibbutz, uno dei quali ricorda che il 31 maggio dello scorso anno, quando i kamikaze giapponesi hanno compiuto la strage all'aeroporto di Lod, Bertoli manifestò energicamente il proprio sdegno. Ho chiesto al segretario del kibbutz se ritiene possibile che il Bertoli si trovasse in Italia il 18 maggio del 1972 e lo ha escluso recisamente, affermando che non si allontanava mai dal kibbutz più di due o tre giorni e si acconten¬ tava di poco, recandosi nella vicina Askalon in autobus: «Per potersi recare all'estero, ammesso che lo abbia fatto, avrebbe dovuto andare in aereo e tornare all'indomani munito di passaporto con altro nome, perché, lo ripeto, non è mai stato assente a lungo né mai il suo contegno ha destato il minimo sospetto». Karmyiah gli passava 40 lire israeliane al mese per le piccole spese (circa 6 mila lire italiane) come a tutti i volontari, oltre al vitto, l'alloggio, le sigarette. Né Bertoli sembrava avere particolari necessità e si accontentava di quello che gli passava il kibbutz né mostrava particolari esigenze per il cibo. I compagni del Bertoli sono increduli di fronte ad un atto così efferato e ad una simulazione continua. «Riceveva poche lettere — ci dice il tesoriere del kibbutz Moshe Shuzky — e certo non ne scriveva molte. Nulla del suo comportamento faceva sospettare che avesse un'attività misteriosa». Meno chiaro è come l'attentatore abbia acquistato il biglietto per tornare in Italia: qualcuno dei suoi ex compagni fa l'ipotesi che egli fosse giunto con un biglietto di andata e ritorno e se ne sia servito dopo averlo fatto rinnovare; altri ipotizzano che avesse risparmi e che con questi abbia comperato il biglietto di viaggio per la Francia. Tutti sono unanimi nel dire che egli aveva annunciato circa un mese prima la sua intenzione di recarsi in Francia e in Italia, che trascorse sereno nel kibbutz il giorno dell'Indipendenza (7 maggio) guardando alla televisione le cerimonie che si svolgevano a Giorgio Romano CContinua a pagina 2 in ottava colonna)