Più i dietro il filo spinato di Lia Wainstein
Più i dietro il filo spinato Più liberi dietro il filo spinato Eduard Kuznecov: « Senza di me », Ed. Longanesi, pag. 189, lire 3200. E' uscito in Italia, in prima edizione mondiale, ma senza alcuna pubblicità, il diario di Eduard Samuilovic Kuznecov. L'autore, un ebreo, lo scrisse tra il 27 ottobre 1970 e il 28 novembre 1971 in prigione, dove si trovava sin dal 15 giugno, poi nel Lager della Mordovia, in cui fu trasferito dopo la commutazione della pena di morte. A parte l'eccezionalità del fatto che in un simile luogo un detenuto sia riuscito, non solo a scrivere un intero libro, ma a farlo partire e addirittura pubblicare all'estero, questo nuovo contributo alla letteratura concentrazionaria consente di conoscere la singolare e forte personalità di Kuznecov. Nato nel 1939 egli, finita la scuola, fu tornitore in una fabbrica, poi fece il servizio militare, quindi s'iscrisse a Filosofia nell'università di Mosca. Intanto, nel 1953 la madre, una russa, vedova dell'ebreo Samuil Gerson, morto nel 1941, decise di riprendere il proprio cognome da ragazza, Kuznecova, coinvolgendo nella precauzionale ma vana manovra il figlio minorenne. Nel 1961, il giovane Kuznecov subì la prima condanna: sette anni per aver partecipato alla pubblicazione — attività giudicata antisovietica — del giornale studentesco clandestino Feniks. Fu in quel periodo che « osservando le manifestazioni dello scatenato antisemitismo popolare e talvolta indovinando la loro coincidenza con alcuni aspetti della politica governativa», egli raggiunse una sua visione personale del mondo e decise di unirsi ai perseguitati. Seguirono venti mesi di libertà strettamente sorvegliata, durante i quali Kuznecov sposò Silva Zalmanson e si stabilì a Riga. Nel febbraio del 1970, un invito a recarsi in Israele e insieme le insormontabili difficoltà burocratiche subito sorte, determinarono le circostanze e lo stato d'animo in cui maturò il progetto di un tentativo di espatrio clandestino. Già il passo preliminare per presentare all'Ovir (Ufficio visti e registrazioni) una domanda di emigrazione, il rilascio cioè di una kharakteristika, un attestato del capo del personale, si rivelò irrealizzabile. Il documento venne rifiutato a Silva Zalmanson perché aveva finito da poco l'Istituto, a un suo fratello perché stava prestando il servizio militare, all'altro perché studiava all'università, e a Kuznecov per semplice arbitrio. Dai vari testi inseriti nel diario il contrasto tra la definizione ufficiale e il modo in cui Kuznecov e gli altri detenuti qualificano il loro comportamento risulta insanabile. Spinti dalla disperazione, essi intendevano espatriare impadronendosi di un aereo ancora a terra, sì da impedire la presenza di estranei a bordo, e quindi escludere ogni rischio. Nel proclamare e ribadire, in mezzo a condizioni drammatiche (i rari e brevi incontri con la moglie, condannata a 10 anni, il lavoro estenuante, la promiscuità dei Lager, le lusinghe-trappole dei funzionari, sempre intenti a reclutar spie) la sua estraneità ad un sistema di cui conosce l'oppressione e i soprusi, Kuznecov pone in rilievo l'ambivalenza della vita concentrazionaria. Malgrado tutti gli orrori, i casi di autolesionismo, di demenza, l'uccisione dei fuggiaschi, l'abbrutimento — osservati con l'irritata pietà di chi viene bruscamente strappato al proprio lavorio interiore — il Lager si presenta come una realtà essenziale e in un certo senso liberatrice: « In libertà l'uomo non si spezza, ma si piega o va dentro di nuovo se osa esprimere le proprie opinioni apertamente, come era solito fare nel Lager. Oh, anche la Russia ha il suo Hyde Park, in Mordovia: là, dietro il filo spinato, puoi dire quello che ti pare; alla peggio ti daranno quindici giorni di carcere dì rigore o due-tre anni di prigione». E' questo insomma l'aspetto complementare di un mondo in cui l'individuo, nel veder calpestati i suoi diritti, finisce col tentare un dirottamento, un atto non di ribellione, ma «una forma di suicidio, un urlo di aiuto » per chi, senza sperare nel successo, preferisce la prigione ad un ritorno alla vita di prima. Lia Wainstein
Persone citate: Eduard Kuznecov, Eduard Samuilovic Kuznecov, Gerson, Kuznecova, Longanesi, Samuil, Silva Zalmanson
A causa delle condizioni e della qualità di conservazione delle pagine originali, il testo di questo articolo processato con OCR automatico può contenere degli errori.
© La Stampa - Tutti i diritti riservati
- La Missione reduce dal Giappone ricevuta dal Capo del Governo
- Caccia agli spacciatori
- Quanti altri Gian Sciutto?
- Ipotesi e progetti per la scienza dell'avvenire
- Un libro per ricordare quell'inverno sul Don
- Savona vuole un monumento per gli alpini caduti in Russia
- Un uomo e una donna uccisi nello stesso modo Ritrovati l'uno a frana e l'altra a Revigliasco
- L'astuto armeno Anastasio Mikoyan il solo dirigente scampato a tutte le bufere
- Dramma nella gara con la Jave
- I reduci: «Non dimenticate i dispersi»
- Ucciso insegnante di ginnastica
- Furono in tre a uccidere Pasolini?
- «CORREVO DA MIO MARITO PERO' NON SAPEVO SE ERA VIVO»
- L'on. Amendola nuovamente ferito in un'aggressione tra Montecatini e Pistoia
- STAMPA SERA
- Auto salta la corsia Muoiono 2 fratelli
- Rubano un'auto per rincasare 4 arrestati
- Due morti e 5 feriti per un frontale
- 21 aerei nemici abbattuti nei periodo di otto giorni
- Le sorli del patrimonio artistico italiano dopo le perdite dell'alluvione di Firenze
- Giovani missini sparano 3 colpi in testa a un padre di otto figli
- S'uccide con l'auto contro un rimorchio l'industriale del tessile Zegna Baruffa
- "Varsavia deve arrendersi"
- Ucciso insegnante di ginnastica
- Annientato da Monzon abbandona la boxe
- Furono in tre a uccidere Pasolini?
- L'orrenda visione nella sala della Banca
- Il giovane uxoricida e nascosto nei boschi che circondano Druent?
- «CORREVO DA MIO MARITO PERO' NON SAPEVO SE ERA VIVO»
- Grace Kelly ha pagalo
In collaborazione con Accessibilità | Note legali e privacy | Cookie policy