C'è un'arte dello spreco di Marziano Bernardi

C'è un'arte dello spreco LA MOSTRA DI MQRANDI CHE SI APRE A ROMA C'è un'arte dello spreco Costoso omaggio al pittore italiano più " visto "; intanto musei e monumenti vanno a pezzi Da una recente statistica si apprende che i visitatori dei musei e delle gallerie d'Italia nel 1972 sono stati — esclusi quelli, assai più numerosi, di complessi archeologici come Pompei ed Ercolano — 4 milioni 489.701. Una cifra notevole, da mettere in rapporto coi 132 musei e gallerie statali, coi 397 degli enti locali, coi 90 diocesani del nostro Paese. Ma di questi quattro milioni e mezzo quanti sono gli italiani? Basta aver fatto sosta all'ingresso degli Uffizi in un giorno qualsiasi tra maggio e settembre, ed ascoltato i discorsi che s'incrociano nella ressa, per ridurre il numero dei nostri connazionali a un quarto e fors'anche meno. Il che è mortificante. A riscontro di questa statistica sarebbe interessante farne un'altra, se fosse possibile, e non lo è perché il numero delle gallerie d'esposizione e vendita d'arte contemporanea si dilata in Italia di mese in mese: dei visitatori, cioè, di migliaia e migliaia di mostre per la maggior parte artisticamente inutili, spesso economicamente disastrose per gli espositori; ed alle quali vanno aggiunte le esposizioni « ufficiali » per celebrare un artista, organizzate da comuni, musei, soprintendenze; esposizioni costose per trasporti, assicurazioni, compilazioni di cataloghi sovente lussuosissimi, lavori di allestimento, le cui spese raramente sono pareggiate dalla vendita dei biglietti d'ingresso, e che quindi ingoiano forti somme del pubblico denaro. Ciò avviene in un Paese ch'è in coda a tutti gli altri d'Europa per l'acquisto di opere d'arte effettuate dallo Stato (si veda l'umiliante annuale indicazione della Gazette des Beaux-Arts), e dove metà delle sale dei musei sono chiuse perché mancano i soldi (dicono) per pagare i guardiani, e persino le visite alle zone archeologiche, Foro Romano compreso, sono limitate per la stessa causa; dove i fondi concessi per il censimento del patrimonio storico-artistico nazionale sono irrisori, e la carenza del personale scientifico delle soprintendenze (anch'esso a stipendi miseri) compromette la sopravvivenza di tale patrimonio da tutto il mondo invidiato. A tanto cronico squallore culturale si contrappone la baldoria esibizionistica delle esposizioni « ufficiali » che giganteggiano sul polverume delle innumerevoli « personali » e « collettive » aperte ogni settimana nelle gallerie di vendita. In questo quadro ci sembra vada collocata la «retrospettiva» di Giorgio Morandi posta sotto il patronato del Presidente della Repubblica, che l'inaugura oggi a Roma nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna. Abbiamo letto ch'essa si compone di « centoventi opere, ottanta incisioni, un vasto gruppo di acquerelli e disegni ». E' dunque una mostra imponente. Ma domandiamo: ce n'era bisogno? La domanda è rivolta alla percentuale di pubblico che s'interessa alla vita artistica del passato e del presente, frequenta i musei e le mostre, si mette in viaggio per occasioni come que¬ sta; perché l'altra parte di pubblico ignora Morandi ed è dubbio che la sua « retro-spettiva » lo attiri nella Galleria Nazionale. Orbene, codesta percentuale è concorde a riconoscere in Morandi se non il massimo pittore italiano del nostro secolo, come alcuni sostengono, certo uno dei maggiori. Di lui vivo, gli ammiratori romani poterono contemplare 53 opere alla Quadriennale del 1939, e 26 — dopo la sua morte nel 1964 — alla Quadriennale del '65; e ai veneziani non occorre ricordare le sue molte presenze alle Biennali a partire dal 1928. Quella del '66 lo commemorava riunendo 83 dipinti ad olio, 10 acquerelli, 54 acqueforti. Pochi mesi dopo il grande omaggio di Bologna al suo scomparso cittadino glorioso: 108 pitture ad olio, 14 acquerelli, 36 disegni, la serie completa delle 131 acqueforti. Seguirono nel 1971 le mostre al Musée National d'Art Moderne di Parigi, alla Royal Academy di Londra, alla Rotonda della Besana a Milano. Quest'anno la mostra nell'Unione Sovietica. Intanto erano usciti i libri di Cesare Brandi, Lamberto Vitali, Francesco Arcangeli, Giuseppe Raimondi, presso gli editori Scheiwiller, « Il Milione », Einaudi, Rizzoli, Mondadori; e si moltiplicavano le mostre minori nelle gallerie di vendita: ne vedemmo una abbastanza importante a Ginevra nel 1968. Quanto all'orchestrazione mercantile non sappiamo chi ne fu il direttore o i direttori. Certo è che dopo ogni mostra, do- po ogni libro, i prezzi di Morandi, dipinti ed incisioni, sa lirono vertiginosamente, di-remmo scandalosamente; e forse la mostra di Roma darà nuova scinta all'ascesa. Insomma, non c'è forse pittore italiano più « visto » e studiato ed esaltato del maestro bolognese. E perciò ri petiamo: era proprio necessaria culturalmente quest'altra celebrazione romana, sicuramente molto costosa, quando a Roma musei e gallerie sono in crisi per mancanza di fondi? Marziano Bernardi

Persone citate: Besana, Cesare Brandi, Einaudi, Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Giuseppe Raimondi, Lamberto Vitali, Mondadori, Scheiwiller