Un Ibsen "mancato,, di Stefano Reggiani

Un Ibsen "mancato,, DELUSIONE PER IL FILM DI LOSEY A CANNES Un Ibsen "mancato,, "Casa di bambola" con Jane Fonda non restituisce la suggestiva atmosfera dell'autore e non rinnova i problemi posti dal suo dramma - Assai più interessante "Il pianeta selvaggio" di Laloux: una satira di fantascienza in disegni animati ispirata al mondo onirico di Topor (Dal nostro inviato speciale) Cannes, 11 maggio. Losey non convince, meglio i disegni animati. Il recensore che attendeva con impaziente curiosità d'entrare nella «Casa di bambola» rivisitata dal regista inglese, non ha retto troppo a lungo al disagio ed ha cercato di evadere nel «Pianeta selvaggio» inventato dalla libertà surrealistica di Topor e Laloux. In questo modo la fantascienza fa le sue vendette sul dramma e ne rimane turbato l'ibsenismo doloroso che ogni spettatore sensibile coltiva nel suo animo. Dei due film presentati oggi al Festival, quello di Losey appariva fuori concorso, per rispetto al prestigio e alla prudenza di un artista che aveva già vinto la competizione due anni fa con «Messaggero d'amore». E' stata una cautela legittima. Che cosa ha spinto Losey nella casa borghese e nordica di Nora Helmer? Non si dovrebbe tornare senza ragioni autentiche ad un «luogo» teatrale tanto celebrato e vincolante. Voleva trovare una prima scintilla dell'incendio femminista appiccato da Ibsen in tempi eroici? O, all'inverso: cercava di ristabilire dietro la ribellione della mogliebambina uno stato di sofferenza più generale, una corrosione dei sentimenti più profonda? Gli estimatori di Losey amerebbero forse questa seconda ipotesi, ma la pellicola non sopporta un'incastellatura ideologica troppo elaborata. Il poetico loseyano va racco! to a briciole, in qualche accensione figurativa, in qualche tremito di partecipazione. Ma al meno Jane Fonda, che patisce di suoi i problemi del femminismo, avrà dato una interpretazione memorabile dell'eroina di Ibsen? No, la bella donnina è ca duta, compromettendo il perno della storia: si rivolta alla tutela maritale e alle convenienze borghesi con la grinta di una massaia che esce a far la spesa; cinguetta e balla prima della rivoluzione con la naturalezza di una comparsa all'Opera. Sono giudizi conditi di amaro, da parte di chi professava ammirazione per le doti morali e fisiche dell'attrice e da parte di chi attendeva da Losey un ribaltamento polemico dell'impianto teatrale e una riabilitazione dei personaggi minori. Le cose devono essere andate in questo modo. 11 regista inglese s'è innamorato d'una piccola città scandinava assediata dalla neve e resa silenziosa dal freddo. Fra slitte a cavalli e rari passanti in pelliccia ha «visto» i suoi fantasmi travestiti da personaggi ibseniani ed ha desiderato una nuova storia. Gliela scriviamo noi? C'erano una volta due case: in una abitava il buon borghese direttore di banca con una moglie fanciullesca e frivola; nell'altra il cattivo borghese, respinto dalla società per un fallo, abbandonato dalla moglie e con bambini a carico. Potrà mai girare l'impietosa ruota dell'infelicità in quel mondo congelato? Sì, se le donne le daranno una spinta. La moglie del direttore s'accorge d'essere stata tiranneggiata e- oppressa, e fugge dalla sua casa. L'ex amante del cattivo borghese torna pentita per redimerlo e redimersi. Il buon borghese resta ricco e solo, fra gli arredi di un'agiatezza inutile. Nella tavoletta invernale il ritratto femminile di Ibsen poteva diventare un ballo a quattro, in un intreccio ambiguo e opportunamente crudele. Poi Losey ha dimenticato la fiaba e s'è messo a tradurre Ibsen in onore di Jane Fonda, con stanchezza e inutilità, inoltrandosi sbadatamente negli interni domestici che sarebbero piaciuti a Visconti. E' vero che fra i due autori c'è qualche tratto in comune, ma Losey non ha il dono sontuoso del romanzo proprio del regista italiano: con le sue cattiverie a freddo e i suoi sbadigli egli è un Visconti di malumore. Siede alle tavole aristocratiche, ma mette le dita nel piatto. «Il pianeta selvaggio» raccoglie il mondo onirico del disegnatore Roland Topor e lo trasporta nella galassia per muovere una storia di fantascienza. In una terra lontana, nel tempo e nello spazio, ci sono i Draags, razza privilegiata di giganti giunti alla perfezione tecnologica, e gli Oms, uomini ricondotti allo stato selvatico dopo la scomparsa della civiltà sul loro antico pianeta. Gli Oms sono tenuti dai giganti come animali domestici, rozzi amici di giuoco per i loro bambini. I Draags sonopotenti perché possiedono il sapere. Che cosa accadrà il giorno che un adolescente Om ruberà la macchina della scienza? Il popolo dei diseredati e degli scacciati potrà riunirsi e preparare la riscossa. Così avviene: il giovane intrepido che ha infranto lo stato selvaggio costruisce con i suoi un'astronave condu- cnndcrrp cendoli in salvo su un altro pianeta. Qui gli ex schiavi scoprono il segreto dei Draags, il luogo dove vengono a meditare. Poiché nulla ormai separa le due razze, fra uomini e giganti ci sarà un patto di pace. La vicenda, come accade sempre nella fantascienza, ha i suoi risvolti politici e morali; il suo ingenuo sapore metaforico. Ma l'intreccio (tratto da un romanzo di Stefan Wul) non conta troppo nel film. Suggestione, stupore e simboli nascono tutti dai disegni di Topor: il realizzatore René Laloux ha saputo muoverli con una tecnica nuova che unisce la flessibilità e la scorrevolezza dei cartoni animati alla grazia raffinata e conturbante della grafica. Quando i fatti non remono troppo e la fantasia può aprirsi liberamente, la scena fantascientifica si trasforma in un vento surrealistico di invenzioni. To¬ por non illustra per lo spettatore una vicenda improbabile fuori del tempo, ma solletica antiche paure e dimenticate bellezze. Come in un quadro di Magritte, vi sono momenti di stupefazione che il movimento non ha sciupato, ma resi al doppio. Stefano Reggiani Cannes. Jane Fonda, protagonista di « Casa di bambola ». La sua interpretazione è stata accolta con molte riserve

Luoghi citati: Cannes