Insuperato maestro "nelle cose umane,, di Carlo Carena

Insuperato maestro "nelle cose umane,, Aristotele e la politica Insuperato maestro "nelle cose umane,, Aristotele: «Politica, Costituzione degli Ateniesi», Ed. Laterza, pag. XXXVI-551; lire 2200. Il trattato aristotelico sulla politica si apre con questo sillogismo: « Poiché vediamo che ogni Stato è una comunità e ogni comunità si costituisce in vista di un bene — perché proprio in grazia di quel che pare bene tutti compiono tutto — è evidente che tutte tendono a un bene, e al bene più importante tra tutti quella che è di tutte la più importante e tutte le altre comprende: il cosiddetto Stato e cioè la comunità statale ». Qui è tutta la sublimazione teoretica della politica, in questo senso dello Stato è la spiegazione altissima di tutto il travaglio del pensiero e della storia greca intorno al miglior ordinamento della vita civile. Perché lo Stato, comunità di più villaggi, entità in sé compiuta e autosufficiente, « è formato per rendere possibile una vita felice ». L'uomo è dunque un animale politico, chiunque vive fuori dalla comunità politica « è un abietto o superiore all'uomo », avido e litigioso come le pedine isolate nel gioco della dama. In questo quadro si sviluppa la trattazione, con la sistematicità ch'è solo aristotelica o degli aristotelici, nuda e spoglia d'ogni svolazzo ma con la compressa passione o almeno con l'intelligente bellezza del farsi del pensiero. E sono concetti che rimarranno fissati per secoli nella mente e nella società umana. Anche qui Aristotele | ha fornito a generazioni e gè- 1 nerazioni ì grandi assiomi della verità politica: lo Stato sorto per natura e per arte, la legge vera sovrana degli Stati e i governanti suoi servitori, il popolo elettore di diritto dei suoi governanti. E' la sua incredibile magia. Aristotele stese questo quadro della polis, la città-Stato, mentr'essa era ormai al tramonto; sorgevano le grandi monarchie ellenistiche, la più moderna delle forme statali dell'antichità. Ma ciò nulla o ben poco nuoce alla validità universale della sua analisi. Come in ogni manifestazione dello spirito greco, nell'architettura sacra o nella statuaria, la dispersa natura delle cose assume per la prima volta una forma organica. Estraneo alle gigantesche utopie del perfetto, lontano dagli eccessi cui induce l'idealismo platonico, Aristotele si fa anche per la politica maestro « nelle cose umane ». La politica è per lui parte dell'etica, è l'etica dei gruppi associati, anzi di quel gruppo che per l'ampiezza dei suoi fini si avvicina al fine stesso della vita. Forse è questo stesso legame alla realtà che non gli lascia chiarire al termine dell'opera nemmeno quale reggimento politico egli ritenga il migliore in assoluto: se il monarchico o l'oligarchico o il democratico (prima c'è solo un'indicazione per « il governo dei migliori », gruppo o individuo). Ma è ancora questo rigore che gli fa condurre nel nucleo centrale, il meno teoretico di tutta l'opera, delle analisi inarrivabili, come quella della tirannide nel Iìdto V, che ricorda già formalmente nell'attacco («Le tirannidi, invece, si conservano in due modi diametralmente opposti: l'uno... ») e poi ancor più in profondità, anche psicologica, quella celebre del Machiavelli e degli altri trattatisti moderni (nel solo Cinquecento la Politica ebbe tredici edizioni diverse, sei commenti e una dozzina di traduzioni). Sono tutte pagine da rileggere, nella loro freddezza da referto, appena mossa qua e là: « Molte di queste norme dicono le abbia fissate Periandro di Corinto, atte a conservare nei limiti del possibile la tirannide: reprimere gli individui superiori, togliere di mezzo gli spiriti indipendenti, non permettere consorterie politiche né educazione, bensì controllare tutto ciò da cui derivano di solito questi due sentimenti: la grandezza d'animo e la fiducia... Inoltre il tiranno è un guerrafondaio, onde i cittadini siano occupati e vivano in potere d'un capo. Mentre il regno si conserva per opera degli amici, è proprio della tirannide diffidare specialmente degli amici... ». Grosso merito di Renato Laurenti quello di aver tradotto con tanto rigore il difficile testo e di riproporlo, ben annotato e con l'aggiunta della Costituzione degli Ateniesi: l'unica superstite, e neppure riscoperta da molto, delle descrizioni stese da Aristotele del regime di centocinquantotto città: un'altra di quelle indagini estensive nel regno della natura che, al di là del loro valore documentario, mostrano quale non fossero l'impianto mentale e la serietà scientifica del più moderno fra tutti i filosofi passati. Carlo Carena

Persone citate: Machiavelli, Renato Laurenti