Il cantico d'Agostino

Il cantico d'Agostino "Le confessioni,, oggi Il cantico d'Agostino Michele Pellegrino: « Le Confessioni di Sant'Agostino », Ed. Studium, lire 2200. Proporre a lettori laici, su un quotidiano laico, un saggio su Le Confessioni di Sant'Agostino scritto da uno studioso salito ad alti fastigi nella gerarchia ecclesiastica, potrà sembrare un invito superfluo: poiché il libro è notissimo e caro ai cattolici, mentre i non credenti difficilmente depongono riguardo ad esso la diffidenza verso quello che appare un manifesto di proselitismo. Ma questo breve studio, pur nella sua rigida ortodossia, è attento ai problemi — storici, filosofici, filologici — posti da Le Confessioni, e quindi adempie onestamente alla sua funzione, sia presso la prima che presso la seconda categoria di lettori: distoglie i primi da una interpretazione emotiva, incoraggiata da una iconografia enfatica e teatrale, e dal narcisismo che induce a identificare le proprie esperienze con quelle di Agostino; guida, d'altro canto, i non credenti a riconoscere in questa biografia spirituale la trascrizione d'un'avventura del pensiero singolarmente attuale, perché avvenuta in un momento storico di profonda crisi dei valori. Agostino ha condiviso i problemi del suo tempo e ne rispecchia le lacerazioni e le attese; ha agito da tramite tra una letteratura, quella semita, che alla inteUighentsia romana appariva ancora barbarica: fu dunque l'autorevole interprete del « terzo mondo » culturale. Tra le sue opere, infine, nessuna è tanto significativa quanto questa, che costituisce il documento più espressivo della «mutazione» verificatasi tra il IV e il V secolo: il passaggio dalla filosofia alla fede. Il commento di Michele Pellegrino si propone una finalità umile: senza distogliere l'attenzione del lettore con ipotesi ardite o vivaci confutazioni, esso illustra gli intenti e i caratteri del testo e lo segue passo passo, con l'ausilio di una vasta bibliografia che non ignora, anche se, ovviamente, non condivide, le critiche più demolitrici. Il volumetto dunque « accompagna per mano », son parole sue, chi avanza con Agostino nella sua lenta evoluzione; e quindi si ferma, tappa dopo tappa, a spiegare il significato delle dottrine successivamente abbracciate e poi ripudiate dal protagonista: manicheismo, scetticismo, neoplatonismo; rivendica l'autenticità delle emozioni provate e la sincerità dell'autore. La conversione del giovane, turbato da una natura intensamente passionale, non fu subito alla fede: in primo luogo fu dedizione alla filosofia, e cioè alla ricerca della verità, il che, nel IV secolo, era tensione verso il divino. Se le sue opere, in seguito, furono suggerite da problemi dell'ora, da esigenze sacerdotali, esegetiche, didattiche, o polemiche, questa è forse la sola scaturita unicamente da una istanza interiore: che era quella di ammettere pubblicamente la propria pochezza; esser aiutato dai confratelli con le loro preghiere; accontentare coloro che desideravano conoscere la sua storia intima, lodare, infine, Dio (dato che il termine confessio può essere dichiarazione di fede quanto ammissione di peccati); lodare Dio, per avergli donato la fede, averlo, si può dire, investito con il soffio incandescente della grazia. E' dunque un cantico, e, al tempo stesso, la registrazione d'un dramma interiore; non semplice introspezione moralistica, come quelle di Marco Aurelio o di Epitteto, né colloquio tra spiriti affini, come quelli di Platone, di Cicerone e di Macrobio, ma dialogo appassionato con Dio di una coscienza vigile e intensamente sensibile: come dice Plotino, « da solo a solo ». Che la conversione non sia stata una rottura con il passato, ma una evoluzione coerente, preparata da tutto l'atteggiamento del giovane, sempre più intento alle cose dello spirito, e portato dagli studi filosofici all'esigenza d'una certezza spirituale, è innegabile: se, come affermano alcuni critici, in questo ripensamento, compiuto a 46 anni, tredici dopo il battesimo, Agostino travisò involontariamente i fatti a fini edificanti, o se, come asseriscono altri, la sua vera conversione fu dalla constatazione faustiana degli accademici (« tutte le cose, essi dicono, sono occulte oppure incerte ») non al cristianesimo ma alla disponibilità neoplatonica verso la rivelazio- zizsuinztrl'cqticcrzcvsvcsclsincdlaptaetclpptcvstvcldssttzPcl ne; se la descrizione dell'infanzia e dell'adolescenza è convenzionale e ambigua la reticenza sul decennio manicheo e se sia in sé attendibile una ricostruzione di fatti storici inseriti entro uno schema dottrinario; se l'opera risente della diatriba classica e non è immune da quel tono di aulogiustificazione tipico di ogni diario; fino a che punto Io stesso Ambrogio, che gli rivelò l'esistenza della realtà trascendente e lo iniziò all'interpretazione allegorica delle Scritture, fosse a sua volta intriso di neo-platonismo, sono problemi che il lettore troverà affrontati e discussi, specie nelle appendici, nelle quali sono esaminati il valore storico e gli elementi formali dell'opera, nelle sue componenti scritturali, greche e latine, e, infine, nel suo valore artistico. Il valore è inscindibile dal contenuto: l'ordine delle vicende non è una tela di fondo ma la definizione minuziosa d'un processo simbolico, sì che i fatti valgono e in se stessi e come allusioni, in un clima estatico e tuttavia fermamente logico. E', tra le opere di Agostino, la sola che è stata letta e può esser letta a tutti i livelli, e, al tempo stesso, racchiude in forma più paradigmatica di ogni altra tutta la sua filosofia, in quello che ha di originale, nella derivazione dal « conosci te stesso » socratico, fino alle filiazioni luterane, cartesiane e gianseniste. « Nel fondo dell'uomo sta la verità»; è là che bisogna cercarla e vi si troverà Dio. Nella constatazione del limite e della transitorietà umana, Agostino trova la certezza che esiste qualche cosa che è illimitato ed eterno. Platone e Plotino grandeggiano sul suo orizzonte; ma, più di ogni altro, Paolo: questo versetto, della I Epistola ai Corinzi, è tra i più citati: « Che cos'hai che tu non l'abbia ricevuto? ». Lidia Storoni

Persone citate: Cicerone, Lidia Storoni, Michele Pellegrino, Platone, Plotino