Cos'è l'affare Watergate

Cos'è l'affare Watergate LO SCANDALO CHE COLPISCE "GLI UOMINI DEL RE» Cos'è l'affare Watergate Tutto incominciò il 17 giugno 1972, con la scoperta d'intercettazioni telefoniche nel quartier generale dei democratici Sembrava un incidente isolato; la tenacia d'un giudice, gli errori dei colpevoli, le pressioni della stampa hanno rivelato una realtà più grave d'illegalità al servizio del Potere - L'inchiesta ha investito la Casa Bianca, distrutto ministri e consiglieri (Dal nostro corrispondente) New York, maggio. Watergate è il complesso residenziale più moderno di Washington. Sorge di fianco al Kennedy Center, dove Virginia Avenue si getta nella Rock Creek Parkway, di fronte al fiume Potomac. Nel suo albergo, una camera costa 40 dollari al giorno, i suoi lussuosi appartamenti ospitavano il ministro del Tesoro John Connally, i suoi uffici la sede del partito democratico. Alla mattina, sui suoi prati si poteva scorgere il senatore Proxmire correre in tuta sportiva, e il pomeriggio la formidabile signora Mitchell conversare con le amiche. Watergate aveva « l'aura del potere », come scrisse la rivista New Republic; ostentava quasi il « turbinio di fortune » che ne animava i corridoi e le sale. Ma Watergate era un re- capito per iniziati, gente « arrivata, o in procinto di arrivare », giornalisti curiosi. Oggi invece è meta di turisti: « L'altra faccia della Casa Bianca » ha affermato con ironia il Miami Herald. Come un "giallo" E' diventata sinonimo di imbroglio politico da quando, la notte del 17 giugno del '72, la polizia vi ha arrestato cinque uomini mentre installavano microfoni per il radioascolto e le intercettazioni telefoniche. I cinque erano membri del partito repubblicano, più esattamente del « Comitato per la rielezione del presidente Nixon », le loro vittime erano i democratici. E' arduo riassumere il caso Watergate, con le sue decine di protagonisti, le sue infinite ramificazioni, i suoi incessanti colpi di scena, inquadrarlo nell'attuale momento del paese, individuarne il significato e i pericoli. Come nei gialli, conviene presentarne dapprima i personaggi, e distinguerne i capitoli. Sfrontata sarebbe la pretesa di svelarne tutti i misteri: non vi riusciranno forse, in capo a un anno, nemmeno le autorità inquirenti e, in capo a decenni, nemmeno gli storici del costume e dei partiti. Incominciamo con i personaggi. C'è Bon Haldeman: è il direttore della Casa Bianca, e il braccio destro di Nixon, dall'« inaugurazione » del gennaio '69, alle dimissioni di lunedì scorso. Al fianco del Presidente dal '52, ne ha organizzato tutte le campagne elettorali dal '60. E' ancora più potente di Kissinger, lo chiamano « il Pretoriano » o, per via della sua origine tedesca, « Hans ». Senza il suo permesso, non si accede al Presidente. C'è John Ehrlichman: è considerato il suo « gemello »; consigliere per la politica interna sia nel primo sia nel secondo governo Nixon, si colloca al terzo gradino della Casa Bianca, anch'egli prima di Kissinger. Poi viene John Mitchell: regge il dicastero della Giustizia dal gennaio '69 al marzo '72, allorché si dimette per assumere il comando del «Comitato per la rielezione del presidente Nixon». Lascia anche quell'incarico nel luglio successivo, ufficialmente dietro insistenze della moglie. Maurice Stans, ministro del Tesoro, segue le orme di Mitchell, ma nella veste di amministratore della campagna elettorale: è un magnifico « raccoglitore di fondi » per il partito repubblicano. Come Mitchell, è un vecchio amico di Nixon. L'elenco degl'imputati continua con John Dean III: è il consigliere legale della Casa Bianca, un giovane ambizioso. Come tanti altri alla « Corte di re Riccardo », per usare una felice espressione della rivista Time, viene dalla California. Dwight Chapin è il consigliere speciale del Presidente, altro « giovane leone » dei conservatori. Jeb Magruder è il vicedirettore del « Comitato per la rielezione del presidente Nixon », promosso poi sottosegretario al Commercio; come Dean III e Chapin, a un certo punto si dimette. Molto importante è Patrick Gray, il capo dell'Fbi, il successore del grande Hoover, detto anche «l'Imperatore»: le sue dimissioni, venerdì 27 aprile, segnano la svolta cruciale dell'affare. Continuiamo con un terzo gruppo: Gordon Liddy, ex funzionario della Tesoreria, ex agente dell'Fbi e ex consigliere della Casa Bianca, pare il « cervello » dell'operazione Watergate: è stato condannato a un periodo di detenzione dai 6 ai 20 anni. Edward Hunt — il suo alter ego, con la differenza che proviene dalla Cia — sconta anch'egli il carcere, per una sentenza provvisoria, « fino a 35 anni ». James McCord aveva eseguito con quattro rifugiati cubani l'operazione Watergate: si è deciso a rivelare tutto a marzo, e attende in prigione una condanna. Qui, in un libro giallo, terminerebbe l'elenco dei « cattivi », volontari o involontari. Quello dei « buoni », come è appropriato, risulta assai più breve. C'è il giudice John Sirica: ha 69 anni, è di origine italiana, presiede il tribunale distrettuale di Washington; indignato dalle palesi menzogne sentite al processo, spezza il velo d'omertà con pene severissime. C'è il senatore Sam Erwin: dirige l'inchiesta congressuale, e da vecchio lupo della politica respinge ogni pressione della Casa Bianca. E c'è un giornale, Washington Post: ostacolato e minacciato dal governo, va tuttavia a fondo nello scandalo scoprendone risvolti nuovi quasi ogni giorno, per dieci mesi. E veniamo alla vicenda, che non incomincia, come comunemente si crede, la notte del 17 giugno del '72, ma l'estate dell'anno precedente, dopo la pubblicazione dei « Pentagon Papers » sull'intervento americano in Indocina e l'arresto dell'uomo che li ha trafugati, Daniel Ellsberg. Quel giorno, il presidente Nixon ordina a John Ehrlichman di avviare una inchiesta segreta sulla «fuga» dei documenti e sul suo trafugatore; John Ehrlichman affida l'incarico a Gordon Liddy e a Edward Hunt, che gli paiono i più indicati. Interviene l'Fbi Sono già in corso le indagini dell'Fbi, ma Liddy e Hunt si recano a Los Angeles, penetrano nottetempo nello studio dello psichiatra di Ellsberg e rubano la sua cartella clinica. Assai più tardi, Ehrlichman spiegherà che era necessario « per valutare le caratteristiche morali e intellettuali dell'uomo », e aggiungerà di aver proibito ai due ex-agenti « di fare ancora cose del genere ». Nello stesso periodo, altri collaboratori della Casa Bianca, col beneplacito di John Mitchell, intercettano le telefonate di due giornalisti del New York Times. Secondo il Washington Post, questi « controlli occulti » si espandono rapidamente a uomini politici. Verso la fine del '71, il programma spionistico vie¬ ne accentrato sulle imminenti elezioni presidenziali. L'operazione Watergate è concordata nel febbraio del '72, sembra con la partecipazione, o la complicità, o l'assenso, di Mitchell, di John Dean III, di Dwight Chapin e di Jeb Magruder. Ha scritto il New York Times: « Il programma, autorizzato inizialmente dal direttore della Casa Bianca, Bob Haldeman, include al suo acme tre reti dì agenti, agli ordini anche del "Comitato per la rielezione del presidente Nixon"». Tra gli obiettivi, ha proseguito il quotidiano, vi sono il sabotaggio della campagna elettorale democratica, la calunnia dei principali avversari di Nixon, l'agevolazione degli estremisti in modo da allarmare l'elettorato, il condizionamento della stampa. Le « primarie » si svolgono tra misteriosi incidenti: il senatore Edmund Muskie, già paragonato a Lincoln, perde aerei e documenti confidenziali, e viene accusato di razzismo con lettere apocrife, l'ex vicepresidente Hubert Humphrey è presentato come un uomo dalle dubbie tendenze sessuali. Fondi elettorali In seno al «Comitato per la rielezione del presidente Nixon », i libri contabili dell'ex ministro del Commercio Maurice Stans dicono solo una parte della verità. Le leggi sull'impiego dei fondi elettorali sono severe, ma i pagamenti delle tre reti di spionaggio, che nel marzo del '72 si fondono in una sola, non risultano da nessuna parte. Secondo le valutazioni della stampa americana, le cifre variano da 300 mila ad alcuni milioni di dollari. L'imbroglio coinvolge alcuni dei più grandi avvocati di Washington e della California. Il 17 giugno, vengono arrestati a Watergate James McCord e i suoi quattro cubani. Richard Nixon è in Florida. Ordina subito un'inchiesta alla Casa Bianca: sceglie, a tale scopo, John Dean III. Il 22 giugno, ricevuto il rapporto del consigliere, il presidente dichiara che « la Casa Bianca non è assolutamente coinvolta nell'incidente». Il 28 dello stesso mese, l'Fbi raggiunge Gordon Liddy, che rifiuta di parlare, mentre Edward Hunt rimane latitante. Quasi contemporaneamente, il direttore dell'Fbi Patrick Gray è convocato alla Casa Bianca. Qui si trova di fronte a John Ehrlichman e a Dean: quest'ultimo gli consegna un dossier di Hunt, e gli fa capire che dev'essere distrutto. Gray esegue. Il New York Times accerterà più tardi che l'incartamento conteneva documenti falsi che accusavano John Kennedy dì complicità nell'assassinio del presidente sudvietnamita Diem nel 63, e suo fratello « Ted » d'immoralità e colpe più gravi nella tragedia di Chappaquiddick, del '69, in cui trovò la morte l'avvenente Mary Jo Kopechne. Ma il direttore dell'Fbi non controlla nulla. Il 1" luglio John Mitchell abbandona ogni attività, adducendo ragioni personali; il 28 agosto il suo successore promette giustizia. Gordon Liddy e Edward Hunt sono fermati e incriminati il 15 settembre, ma si protestano innocenti. Il giudice John Sirica, ammalato, rinvia il processo al gennaio del '73. Invano il candidato democratico alla presidenza, George McGovern, tenta di scuotere l'opinione pubblica, denunciando lo scandalo: è troppo debole, troppo lontano dall'umore dell'elettorato. Nixon vince trionfalmente, lo scandalo sembra destinato a spegner¬ si. Ma il 30 gennaio John Sirica pronuncia le sue clamorose sentenze, ed invita l'Fbi a riprendere le indagini e il Senato a svolgere un'inchiesta. Si costituisce anche di fretta un gran giurì federale. Dal 15 marzo, gli eventi precipitano. Quel giorno, il presidente Nixon rifiuta alla commissione senatoriale di Sam Erwin il permesso di interrogare John Dean III. Il 23, James McCord nell'espressione del Daily News « vuota il sacco » davanti al giudice. Il 30, il presidente Nixon compie marcia indietro e ordina a tutti i funzionari della Casa Bianca di deporre o in Senato o al gran giurì; il 17 aprile annuncia di aver incominciato un'indagine personale. E ad uno ad uno i protagonisti dello scandalo escono alla luce del sole. Forse lo scandalo, che pure ha danneggiato irrimediabilmente la presidenza, servirà a restituire onestà e rigore al processo politico americano. In questo, certi paesi europei, e l'Italia innanzitutto, dovrebbero prendere esempio. Ma ci vorrà del tempo, e ci vorranno uomini (ha affermato il Christian Science Monitor) « capaci non soltanto di management, bensì anche di ideali». La rivista New Republic ha sostenuto che « il senso di Watergate è questo: per la prima volta dalla corruzione si è passati all'erosione dei principi democratici; la meta ultima, anche inconscia, era un potere autoritario ». Il parere degli stessi repubblicani è che Watergate non sia stato un incìdente, ma la conseguenza logica della strategia e della filosofia degli uomini di cui Nixon s'era circondato. Haldeman era il fautore della segretezza e della sicurezza a tutti i costi del governo; Ehrlichman quello della supremazia della Casa Bianca sul Congresso, e quindi del potere esecutivo sul potere legislativo; Mitchell predicava la legalità e l'ordine ai confini con lo Stato di polizia; Stans la collaborazione coi grandi interessi industriali. Questi uomini avevano reso possibile tanto il bombardamento del Nord Vietnam e del Cambogia contro la volontà del Senato, quanto le oscure manovre politiche dell'Ut in Cile. Erano « gli uomini del re ». Ennio Caretto Washington. « Nixon fa pulizia nella Casa Bianca », dice il quotidiano che due ragazze leggono davanti alla residenza presidenziale (Telefoto Upi)