Le ricette di felicità di Stefano Reggiani

Le ricette di felicità LA SCOMPARSA DI ADA BONI Le ricette di felicità Nel "Talismano" gastronomico le piccole illusioni casalinghe - Quante spose si sono educate su questo manuale giunto ora in America? C'era una volta la felicità domestica, frutto di piccole virtù che si potevano insegnare alle inesperte. Le madri, insieme con un discreto bagaglio ideologico di devozione rassegnata, commettevano alle figlie nubende princìpi di tattica familiare e consigli di strategia a lungo termine. La felicità come ideale piccolo borghese aveva le sue radici in cucina: scarseggiando l'educazione sessuale si abbondava in quella gastronomica. Gli uomini, dn mancanza di altri appigli espliciti, si dovevano tenere per la gola. L'attaccamento alla tavola, tramutato da vizio in pregio, era il segno della continuità coniugale. Mariti nostalgici Altri tempi, se pure non lontanissimi, che il nome di Ada Boni, morta ieri a Roma novantaduenne, riporta alla memoria e alla meditazione dei mariti nostalgici con l'autorità di un esempio famoso. La Boni è stata per decenni la consigliera indiscussa delle spose novelle, la portatrice di serenità culinaria, l'artefice di concordie che affogavano le cattive parole nella masticazione laboriosa. Il talismano della felicità era un capolavoro fin dal titolo: risultato di una modesta presunzione che anticipava gli eccessi dei nostri giorni, in cui la crapula è diventata esercizio di pubbliche relazioni. Nascosto tra i servizi di piatti e le batterie d'alluminio, le madri o le zie donavano alle nuove coppie il libro-talismano per contagiarle della sicurezza gastronomica, l'unica certa in mezzo alle illusioni declinanti. Il boom della Boni fu negli Anni Cinquanta: finita la guerra si svegliò in tutti un appetito in¬ quieto e scomodo, che non era solo desiderio di cibo dopo le privazioni, ma stimolo psicologico, volontà di ritrovare le delizie della tavola da troppo tempo dimenticate. Abbiamo davanti un'edizione del Talismano uscita nel '49. Un'edizione minore, adatta all'epoca, in carta opaca e maculata di imperfezioni, senza disegni, stampata fitta come un vecchio messale. Tra le righe si colgono i tratti di due miti gastronomici, quello prebellico col suo corredo di bora ton e di formalismo, e quello del dopoguerra più sguaiato e consumistico, ricco di mistificazioni mangerecce, come la ricerca dei piatti genuini. L'editore nella premessa scrive con giusta soddisfazione: « Negli archivi della Casa editrice conservo qualche migliaio di lettere da ogni parte d'Italia e dall'estero. Sono scritte da massaie, da donne di casa, per ringraziare Ada Boni, la fata benefica, che con la sua dolce magìa ha portato il benessere in tante famiglie, la felicità in tanti focolari. Perché — è sapienza semplice e antica — la tranquillità di una famiglia comincia dalla tavola, e molte coppie, giovani e anziane, possono essere grate a qualche pranzetto che ha ricondotto il sorriso sui volti imbronciati e, con il sorriso, il sereno minacciato dalle inevitabili nuvolette vaganti per il cielo della vita in comune ». Si potrebbe definire con più untuosa saggezza la ricetta della vecchia felicità casalinga? Di fronte a questa condensazione i consigli pratici del libro, il prontuario gastronomico, sono solo elementi sussidiari, che si leggono con qualche sollievo La cucina di Ada Boni non è per disappetenti e frettolosi, piena di sughi e di sapori, riporta all'orecchio del renitente gastronomo nomi e usi desueti, con ingredienti che oggi si ritengono per debolezza digestiva troppo grossolani. Davanti ai fornelli Chi era Ada Boni, sentita dall'editore come una « fata benefica»1! Le biografie ce la riportano piccola e mite, rotonda e premurosa, fino all'ultimo della veneranda età attaccata alle pentole e alle sperimentazioni. La sua fortuna nella giovinezza fu di incontrare un marito comprensivo e geniale, incline all'arte e alla buona cucina. Costui le portò in casa amici gastronomi e chefs internazionali e la sollecitò a inventare nuovi piatti. La Boni si mise ai fornelli e ci rimase per decine d'anni, sempre usando come cavie i suoi commensali. Lei portava in tavola il manicaretto avvolto di fumi, i convitati si servivano, il marito fotografava. I risultati migliori erano appuntati su un brogliaccio che divenne, con pazienza e fatica di mensa, il Talismano. Il libro è stato sempre aggiornato e ristampato: esaurito il boom, resistono ancora gli affezionati della Boni, che respingono le lusinghe del Veronelli e del Carnacina. E il Talismano conserva un mercato, cercando clienti oltre le frontiere. L'ultima edizione è americana, apparsa con una copertina tricolore ed un richiamo ai miti mediterranei. C'è chi cerca, tra una forchettata e l'altra, il suo ritorno alle origini e vuole che duri almeno il tempo di un pranzo. Stefano Reggiani

Persone citate: Ada Boni, Carnacina, Veronelli

Luoghi citati: America, Italia, Roma