I fatti della Bocconi: arrestato un agente di p.s. per reticenza

I fatti della Bocconi: arrestato un agente di p.s. per reticenza L'inchiesta sull'uccisione dello studente I fatti della Bocconi: arrestato un agente di p.s. per reticenza Nella notte degli scontri si trovava in un punto dove avrebbe potuto vedere chiaramente quanto stava accadendo - Al magistrato ha detto di non ricordare - Sulla tragica sparatoria ci sono versioni contrastanti - Otto tra funzionari e agenti hanno ricevuto comunicazioni giudiziarie per omicidio colposo, in quanto avrebbero ecceduto "nell'uso legittimo delle armi" (Dal nostro corrispondente) Milano, 4 maggio. Un agente di p. s. in servizio al terzo raggruppamento celere, nel reparto che la notte del 23 gennaio scorso si trovava davanti all'università Bocconi, dove venne colpito a morte lo studente Roberto Franceschi e ferito gravemente alla schiena l'operaio Roberto Piacentini, è stato dichiarato oggi in arresto per reticenza dal giudice istruttore Ovilio Urbisci. Si tratta di Matteo Gatta: accompagnato al carcere da due carabinieri del nucleo investigativo sarà nuovamente sentito domani e se dovesse persistere nel suo atteggiamento il suo arresto, attualmente provvisorio, diventerà definitivo. Urbisci, subito dopo avere adottato il provvedimento, ha avuto un lungo colloquio col tenente colonnello Bucalo, da qualche giorno nuovo comandante del terzo raggruppamento celere, per farsi consegnare gli ordini di servizio impartiti la notte del 23 gennaio, nonché la dislocazione della forza pubblica attorno all'edifìcio prima, durante e dopo gli incidenti. Matteo Gatta, secondo quanto si è appreso, quando vennero colpiti lo studente Franceschi e l'operaio Piacentini si trovava in un punto dell'incrocio tra via Sarfatti con via Bocconi, da dove la visuale gli poteva permettere di vedere chiaramente quanto stava accadendo. L'agente nel corso del lungo interrogatorio avrebbe detto di non ricordare più nulla e di non aver visto bene lo sviluppo dell'azione culminata con la tragica sparatoria: anche davanti alle numerose contestazioni ha continuato a mantenere un atteggiamento negativo. Finora il magistrato non è riuscito a ricostruire con estrema precisione come si sono svolti i fatti. Sui sanguinosi episodi della Bocconi ci sono versioni contrastanti. Il questore Allitto Bonanno il giorno dopo gli incidenti aveva dichiarato che dall'inchiesta condotta in questura era emerso che a sparare erano stati l'agente Gianni Gallo e il vicebrigadiere Agatino Puglisi: il primo aveva «perso la testa», quando aveva visto incendiare da una molotov il tettuccio di tela della camionetta sulla quale si trovava; il secondo, dopo aver disarmato il subalterno, aveva esploso altri colpi in aria a scopo intimidatorio. Secondo il questore sarebbero stati i due colpi esplosi dal Gallo a colpire il Franceschi e il Piacentini: l'agente infatti, a causa dello choc, aveva perso completamente il controllo di se stesso e successivamente anche la memoria. Per le sue condizioni era stato ricoverato all'ospedale Policlinico dove i magistrati non erano riusciti e strappargli una sola parola. Questa versione dei fatti era stata smentita da due testimoni, il dottor Marcello Della Valle dell'avvocatura di Stato e il ragionier Italo Di Silvio che dalle loro abitazioni, prospicienti l'edificio dell'università Bocconi, avevano visto sparare, sugli studenti in fuga, due uomini in borghese, uno dei quali aveva in testa un elmetto della polizia. Queste testimonianze erano state talmente precise e circostanziate che il 2 febbraio scorso il sostituto procuratore della Repubblica dottor Elio Vaccari — che si occupava dell'indagine e al quale venne successivamente e inaspettatamente tolto l'incarico — era stato costretto ad emettere comunicazioni giudiziarie contro otto funzionari ed agenti in servizio quella notte davanti all'Ateneo: i vi' cequestori Tommaso Paolella e Salvatore Cardile, il vicebri gadiere Agatino Puglisi, l'appuntato Marcello Conti, gli agenti Gianni Gallo, Vittorio Di Stefano, Antonio Cessari e Domenico Germani, tutti indiziati di omicidio colposo (per la morte dello studente Ro berto Franceschi) e di lesioni colpose (per il ferimento del l'operaio Roberto Piacentini) in quanto avrebbero ecceduto «nell'uso legittimo delle armi». Il giudice istruttore dottor Ovilio Urbisci succeduto nell'inchiesta al dottor Elio Vaccari, nel corso dell'istruttoria ha cercato di individuare fra questi otto indiziati i responsabili della tragica sparatoria. L'interrogatorio dell'agente Gallo, trasferito dal Policlinico all'ospedale militare di Baggio, non ha dato alcun risultato e nemmeno il sopralluogo compiuto davanti alla Bocconi, ha permesso a colui che viene indicato dai suoi diretti superiori come il responsabile del ferimento di riferire come effettivamente si siano svolti i fatti. Gianni Gallo ha continuato ad affermare di non ricordare più nulla. Anche il vicebrigadiere Agatino Puglisi quando venne interrogato ha dato una versione leggermente diversa da quella della questura: ha ammesso d'aver disarmato il Gallo e di aver sparato in aria alcuni colpi con una pistola che gli aveva passato un altro agente che si trovava al suo fianco e stava seguendo gli avvenimenti. Questi dovrebbe essere il Gatta, che tuttavia ora pare non ricordi più nulla. Tutti gli altri funzionari e agenti di p.s. hanno sempre respinto ogni addebito, dichiarandosi estranei alla sparatoria e insistendo sulla versione fornita dalla questura. L'inchiesta è ora giunta ad un punto cruciale: il dottor Urbisci per formalizzare la sua istruttoria deve accertare chi effettivamente abbia sparato. Soltanto una precisa testimonianza può permettergli di arrivare ai responsabili. Gino Mazzoldi ta a chiedere tempestivi provvedimenti al governo centrale e in particolare al ministro dell'Interno Rumor, perché a Messina venga ripristinato l'ordine pubblico. L'ordine del giorno condanna le «azioni teppistiche di pura marca fascista, che sono in stretto collegamento con gli universitari del Fuan». Il presidente della Regione, 3iummarra (de), ha osservato che i disordini e gli episodi teppistici avvenuti nei mesi scorsi e ripetuti pochi giorni Ca all'ateneo di Messina sono dovuti alla «matrice fascista d'importazione calabra». All'università messinese sono infatti numerosi gli studenti di Reggio Calabria, fra i quali si trovano i più accesi fautori del gruppo dei «boia chi molla» capeggiati dal senatore missino Ciccio Franco. Milano. Roberto Franceschi, morto dopo gli scontri davanti alla «Bocconi»

Luoghi citati: Messina, Milano, Reggio Calabria