Tra razze e culture di Remo Cantoni

Tra razze e culture Franz Boas: un classico Tra razze e culture Franz Boas: « L'uomo primitivo », Ed. Laterza, pag. XIV-234, lire 2000. L'antropologia americana ha avuto in Franz Boas uno dei suoi padri fondatori, uno studioso che ha tracciato per la nuova scienza una mappa dei problemi e ha indicato una serie di pregiudizi da evitare. Grande innovatore, dotato di solida cultura scientifica e storica, documentato e rigoroso nelle ricerche sul campo, Boas ebbe, come pochi, il costante senso del limite, il gusto del metodo, il rispetto per l'esperienza, l'avversione per le conclusioni affrettate e le congetture tendenziose. Ugualmente approfondito in molti dei settori che compongono il corredo professionale dell'antropologo — come, ad esempio, l'archeologia, la linguistica, l'etnologia, la paletnologia, la storia, la biologia, la geografia, l'antropologia fisica — egli mise questo sapere a servizio di ideali antiautoritari. Intendeva soprattutto rimuovere i dogmi vecchi e nuovi del razzismo e affrancare l'uomo dalle chiusure del determinismo biologico, geografico ed economico. Nell'atmosfera illuminante del pensiero di Boas si muovono molti tra gli antropologi americani più noti, come Klineberg nei suoi studi sulle differenze razziali, Herskovits nelle indagini sui negri americani, Freyre nelle ricerche sulle razze in Brasile, Kroeber con la sua teoria superorganica della cultura e altri studiosi famosi come Radin, Wissler, Sapir, la Benedict e la Mead. Respingono tutti, come il loro maestro, il vincolo deterministico tra razza e cultura, tipo razziale e personalità. E per tutti l'analisi dei fenomeni culturali induce a respingere la tesi che i presupposti biologici siano così ineludibili da togliere autonomia e libertà al comportamento psichico, sociale e storico dell'uomo. Boas (1858-1942) era nato in Westfalia e in Germania aveva compiuto i suoi studi universitari laureandosi in fisica. Dopo aver compiuto in America esemplari ricerche sul campo presso tribù eschimesi e indiane, emigrò definitivamente negli Stati Uniti nel 1887. Divenuto nel 1889 professore di antropologia nella Columbia University, insegnò per alcuni decenni con grande prestigio. Il suo libro più conosciuto, che è appunto L'uomo primitivo, era apparso in una prima edizione tedesca nel 1911 con il titolo significativo Kultur mici Rasse. I nazisti dettero alle fiamme il 10 maggio 1933, in un sinistro rogo, quel testo che demoliva, con gli argomenti validi della scienza, le ideologie a sfondo razzista. Pubblicò nel 1938 una seconda edizione inglese, rielaborata, del suo testo che documentava come razza, linguaggio e cultura fossero variabili tra loro indipendenti. Nell'indagine dei rapporti tra antropologia fisica e antropologia culturale egli mise in particolare rilievo la plasticità e la versatilità del comportamento umano che inventa sempre valori imprevedibili. * * Molte delle tesi sostenute da Boas possono oggi sembrare ovvie, ma non lo erano qualche decennio addietro. Tra i primi egli affermò che non esiste alcuna differenza fondamentale tra il modo di pensare dell'uomo « primitivo » o illetterato e quello del cosiddetto uomo « civile ». Egli critica radicalmente i pericolosi e retrivi dogmi per cui esisterebbero razze inferiori e razze superiori. A proposito dell'antisemitismo diffusosi in Germania verso il 1880, ma non solo in Germania, egli osserva che esso non colpiva l'ebreo in quanto membro di una razza straniera, ma perché non assimilato alla vita nazionale. La politica nazista, dopo le leggi promulgate a Norimberga il 15 settembre 1935, si fondava su una ideologia molto diversa che attribuisce a ogni individuo un carattere definito e inalterabile a seconda della razza cui appartiene. « Condizioni affatto analoghe », osserva Boas, « a quelle imputate al negro in tempi passati, quando licenziosità, indolente pigrizia, mancanza di iniziativa, erano considerati caratteri razziali tipici di ogni negro ». Anche alcuni biologi restano tuttora prigionieri del presunto determinismo ereditario delle strutture morfologiche. Essi ignorano che l'uomo è soprattutto un animale addomesticato, un ente che subisce notevoli trasformazioni, anche morfologiche, dovute all'ambiente, all'alimentazione, all'uso che fa del suo corpo, alle specifiche condizioni sociali e culturali in cui vive. Non esiste pertanto un carattere ereditario dell'italiano, del tedesco, del francese, dell'irlandese, dell'ebreo, dello zingaro. Non sono certo novità per la scienza moderna, ma i vecchi pdfasmdcsvvmTcrccvrdvsnMBlvecsefcsfipdmec pregiudizi hanno radici profonde che non si lasciano estirpare facilmente. Pur accettando l'evoluzionismo come tesi biologica di fondo, Boas considerò una semplificazione arbitraria la tesi di uno sviluppo omogeneo e progressivo della vita culturale dalle forme primitive a quelle moderne. Tylor, Bachofen, Morgan, Spencer, Engels, applicarono la teoria dell'evoluzione biologica anche ai fenomeni antropologici e culturali più recenti. Prospettavano così l'esistenza di una serie cronologica che da un esordio elementare progrediva univocamente fino al tipo complesso della civiltà moderna, culminante nei valori euro-americani. Ma non risulta vero, secondo Boas, che in tutti i rami dell'umanità il cammino delle invenzioni tecnologiche, culturali e sociali abbia seguito lo stesso corso. I popoli, cioè, non si lasciano classificare in un quadro evolutivo costante, né si può affermare che la storia tecnologica, culturale e sociale abbia un suo itinerario obbligato e prefigurabile. L'idea stessa di un progresso irrevocabile e prevedibile è una ipotesi arbitraria. Come non vi è alcun determinismo tecnologico, così non esiste un determinismo geografico o economico. L'uomo non si lascia prescrivere le proprie risposte culturali e sociali dall'ambiente naturale ma interviene liberamente nel modificare il volto della natura e se stesso. L'ambiente geografico e le situazioni economiche sono, per l'azione umana, condizioni obiettive importanti ma non già pressioni deterministiche. Con un linguaggio che ricorda quello di Max Weber, Boas afferma: « La teoria del determinismo economico della cultura non è migliore di quella del determinismo geografico. E' più attraente, perché la vita economica è una parte integrante della cultura ed è intimamente connessa con tutte le sue fasi, mentre le condizioni geografiche rimangono sempre un elemento estraneo. Eppure, non c'è ragione di definire tutte le altre fasi della cultura una sovrastruttura della base economica ». L'antropologia culturale ravvisa in Boas uno dei suoi « classici » perché ancora oggi essa accoglie da lui il monito a comparare tra loro le varie culture con una analisi paziente e filologica. L'eredità più valida di Boas non mi sembra tuttavia il « relativismo culturale » bensì la fede nell'uguaglianza potenziale di tutti gli uomini, anche se il mondo dei loro valori culturali è tutt'altro che uniforme. Remo Cantoni

Persone citate: Engels, Franz Boas, Freyre, Max Weber, Mead, Radin, Sapir

Luoghi citati: America, Brasile, Germania, Norimberga, Stati Uniti, Westfalia