Visconti a teatro

Visconti a teatro la prima a roma di "tanto tempo fa,, Visconti a teatro La commedia di Pinter interpretata da Adriana Asti, Valentina Cortese e Umberto Orsini Incontro di ambigui personaggi su un "ring" in platea - Tutti gli applausi per il regista (Dal nostro inviato speciale) Roma, 3 maggio. Non fosse che per amor di battuta, si avrebbe la tentazione di buttar lì che Tanto tempo fa di Pinter {Old Times, l'ultima sua commedia, ma sono ormai trascorsi due anni) è il suo capolavoro oppure, indifferentemente, la sua opera meno riuscita. Sotto la boutade, spunta un'affermazione ambigua che, in ogni caso, s'attaglia a meraviglia a un testo la cui cifra più sopraffina è, appunto, l'ambiguità. Ecco una stanza, un luogo chiuso insomma, nella quale irrompe e prende corpo una minaccia (il termine per Pinter è veramente logoro e inadeguato, ma serve per intenderci): sulle prime si direbbe lo schema, immutabile e ossessivo, del teatro di Pinter, poi ci accorgiamo che le sue linee sono assai più labili. Anzitutto: questo breve incontro, oppure lunghissimo, fra tre o come vedremo fra due personaggi — marito, moglie e una vecchia amica (di lei certo, non senza un sospetto di omosessualità, ma forse anche di lui) — avviene realmente? Quest'Anna, piovuta dalla Sicilia, dove ora vive, per rivedere la sua migliore, anzi l'unica amica di vent'anni prima, quest'Anna è ima presenza della vita o un fantasma della memoria? O ancora, per usare una battuta chiave, «Ci sono cose che si ricordano e che possono non essere mai accadute», è il fantasma di un fantasma? Non la vediamo arrivare, è già lì, immobile, per poi scivolare inavvertita nella conversazione, quasi fosse evocata. Si parla di storie, di luoghi, di persone di tanto tempo fa. Ma al titolo italiano del traduttore Gerardo Guerrieri si potrebbe aggiungere un punto di domanda: Tanto tempo fa? E infatti Pinter è assai abile nel mescolare le carte del passato e del presente, si direbbe un giochetto di quelli che faceva Resnais in Marienbad e in altri film. E' vero, su tutto l'autore fornisce un mucchio di informazioni, ma mai quelle essenziali, per cui difficilmente sapremo se Anna e la sua amica Kate sono la stessa persona o se, più semplicemente, Anna è il cadavere che marito e moglie disseppelliscono ogni tanto dalla cantina della loro casa di campagna, entrambi per ferirsi, lui per piangere su un amore che ha, già da vent'anni, perduto, come sembra suggerire il finale. Ma questa è soltanto una delle interpretazioni che si possono dare del testo. Pinter la respingerebbe, come ogni altra, lui stesso non ne ha una propria, e se l'ha la tace accuratamente, «ogni significato — dichiara a proposito delle sue commedie senza "morale" — è nella storia che racconto». Forse ha ragione il critico francese Poirot-Delpech quando propone di ascoltare Tanto tempo fa «sans aucun esprit logique» e di lasciare che sedimenti nella memoria, chi sa che dopo qualche giorno i ricordi non comincino a intrecciare una trama meno sottile. Perché qui la trama, se di trama si vuol parlare, è davvero impalpabile. Sembravano così incerte le « storie » della Stanza, del Compleanno, del Guardiano, invece avevano consistenza e spessore. E, probabilmente, erano più autentiche. Non è agevole capire per quale ragione Luchino Visconti, tornando alla prosa ancora convalescente di una lunga malattia, abbia accettato di mettere in scena per il «Teatro di Roma» un testo così lontano dalle sue inclinazioni e dalle sue scelte. Quasi certamente per motivi casuali, come è casuale tutto quello che si fa nel nostro teatro, ma può avere influito su lui l'impressione, affatto erronea, di avere che fare con un A porte chiuse degli Anni Settanta, mentre basta poco per accorgersi che questo è Beckett, e del più puro, e che l'ispirazione non viene da Sartre, o tanto meno da Kafka, ma da Play con i suoi personaggi — due donne e un uomo — chiusi fino al collo dentro tre giare. Qui siamo proprio nell'eterno oscuro limbo beckettiano, non nell'inferno sartriano di Huis Clos o in quello strindberghiano di una Danza di morte coreografata da Durrenmatt, come mostra di credere Visconti quando colloca l'azione su un palcoscenico centrale che si richiama evidentemente a un ring, con tanto di gong per scandire i vari momenti di una commedia recitata, tutta di fila, come un incontro di pugilato dove l'arbitro è di volta in volta il marito o la moglie. E poi a che serve trasformare l'Argentina in una sorta di teatro in pista se poi gli interpreti ne rimangono intrigati e finiscono col recitare come se fossero su un palcoscenico tradizionale? Con questo non si vuole negare che Visconti, oltre a rimanere visibilmente affascinato dal testo e appunto perché era fuori dalle sue corde, l'abbia messo in scena con la serietà e il rigore abituali. Direi anzi che proprio le diffi¬ col'izicoco«vl'itrrenoromsecabilg coltà gli abbiano aguzzato l'ingegno e basterebbe l'invenzione di raddoppiare Anna con Kate quando l'uomo racconta i suoi trascorsi da «voyeur». D'altronde, tranne l'impostazione pugilistica, altre confidenze del genere il regista non le ha prese, a meno di considerare tale la generosa elargizione, secondo la moda teatrale corrente, del seno di Adriana Asti scesa in campo, riconosciamo con buone chances, a contrastare il passo alla Falk della Bugiarda. Dei tre interpreti, la Asti è indubbiamente la più intonata e la più «ambigua», o se si vuole la più «pinteresca», con quel suo sorriso fuggente e la dizione, al contrario, fermissima. Umberto Orsini dipinge abbastanza bene, ma con qualche impaccio, la vacuità del suo personaggio, e Valentina Cortese ha dei bellissimi gesti, brava come suole ma su altri pianeti: va bene che il titolo è Tanto tempo fa, ma l'attrice con i suoi flauti d'antan e i suoi stracci da zingarella del Trovatore è sin troppo remota. Che a questo e ad altro ab¬ bia badato il pubblico specialissimo dell'anteprima — tutto di addetti ai lavori con attori famosi e gente su — davvero non si può dirlo, come non si può dire se e fino a che punto abbia capito e apprezzato Pinter. Tutta la sua attenzione era rivolta al palco di proscenio dove, affilato e levigato, se ne stava seminascosto Visconti. Come alla prova generale, l'ha raccontato ieri Lietta Tornabuoni, gli applausi alla fine, tutti in piedi ad acclamare, erano solo per lui. Alberto Blandi

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