Riunione di ministri da Andreotti per le Poste, i prezzi e gli statalyi

Riunione di ministri da Andreotti per le Poste, i prezzi e gli statalyi In preparazione d'una prossima seduta di governo Riunione di ministri da Andreotti per le Poste, i prezzi e gli statalyi Orlandi (psdi): "Questo governo non ha un avvenire" - Critiche dei fanfaniani ai seguaci di Taviani, che sono confluiti nella corrente di Rumor-Piccoli - Dichiarazioni di Donat-Cattin (Dal nostro corrispondente) Roma, 2 maggio. Mentre i socialdemocratici affermano che «il governo non ha un avvenire », i repubblicani continuano nelle loro critiche, insistendo sul problema Rai, e nella de si guarda al congresso di giugno che dovrebbe preparare le condizioni per una revisione politica, il governo continua tenace nel suo lavoro. Appena terminate le lunghe vacanze, che in pratica sono cominciate il 20 aprile, Andreotti ha riunito il vicepresidente Tanassi, i ministri Malagodi, Taviani, Coppo e Gava (Tesoro, Bilancio, Lavoro, Pubblica amministrazione) per un esame deUe Poste, del pubblico impiego in generale e per avviare un discorso sui prezzi e sulla produzione. Nuove riunioni interministeriali sono previste per domani e dopodomani, in preparazione di un vicino Consiglio dei ministri. Oggi è ripreso il lavoro del Parlamento: l'ultima seduta era stata quella drammatica al Senato per lo stato giuridico degli insegnanti, quando per ben quattro volte Andreotti era stato costretto a porre il voto di fiducia. Che cosa accadrà con le prossime votazioni? A questa situazione, definita «paradossale», ha fatto cenno Orlandi in un dibattito con i giornalisti esteri. «Il governo — ha detto — ha la fiducia delle Camere con il voto palese; fiducia che si dissolve con il voto segreto. La sua è una maggioranza "semiaritmetica". Il rischio è che in questa situazione si determini una paralisi legislativa che si traduca, praticamente, in un vuoto di potere». L'adesione del psdi all'attuale maggioranza, ha proseguito Orlandi, non fu data per «istituzionalizzare una formula politica» (il Centrismo), ma per provocare un chiarimento interno nel psdi e nella de. Dal congresso del psdi non è venuto un «chiarimento assoluto», però è maturata una disponibilità che ora va approfondita. Ma dal congresso de che cosa uscirà? Orlandi sembra pessimista. Egli domanda se un partito possa guidare il Paese quando non ha una maggioranza interna, oppure essa è frazionata «tra tanti gruppi che non vanno oltre il 25 per cento». Egli non tiene conto della decisione del gruppo Taviani di confluire con il gruppo Rumor-Piccoli (insieme arrivano ufficialmente al 32,3). Ma questo «assiemaggio» giova veramente ad un chiarimento interno? Lo mettono in dubbio i fanfaniani. La loro agenzia, che esprime il pensiero di Fanfani, osserva che con il loro gesto affrettato i tavianei non sono stati sfiorati dal dubbio che «i fatti compiuti di parziale portata potessero alzare barriere, anziché gettar ponti, e presentare almeno l'ombra di discriminazione verso tutti i non partecipanti all'incontro parziale». Un incontro per essere «benefico», ossia perché dalla semplice aritmetica si traduca in atto di «concordia ideale», dev'essere accompagnato «dall'enunciazione pubblica dei punti ideali, programmatici, politici». Il 5 e il 6 maggio ci saranno i congressi regionali per l'elezione dei delegati a Roma: in quell'occasione si potrà vedere quali sono le «posizioni meno lontane tra loro». E' interessante ricordare le persone che in questi giorni, pur febbricitante, Fanfani ha incontrato: Moro, Colombo, De Mita. Sono tre fautori d'un ritorno alla collaborazio ne con il psi. Prima di Pasqua si era visto con Rumor, con Piccoli e con Forlani. La decisione di Taviani viene definita da Donat-Cattin «esercitazione ginnica». «Che cosa mai si "assiema" (ormai è stato coniato un nuovo termine politico), se non si chiarisce la linea e la stessa guida del partito? ». Donat-Cattin afferma: «A bocce ferme (è un modo di dire piemontese) i tre gruppi della sinistra democristiana, che fin dal giugno 1972 dichiararono la loro avversione alla svolta di destra, conteranno il 29 per cento dei voti: le tre correnti prive tutte di strumenti di governo, due su tre (quella di Donat-Cattin e di Moro) fuori del potere di partito, perdono meno di due punti rispetto al 30,8 per cento del congresso 1969, mentre "Forze nuove", la sinistra senza dubbio più aperta e decisa, passando dall'8 al 10 per cento recupera due dei quattro punti che Moro ha ceduto al- la sua destra». g tr

Luoghi citati: Roma