Maratona agricola di Vittorio Zucconi

Maratona agricola ALLA CEE Maratona agricola La Comunità europea deve fissare i nuovi prezzi al produttore (Dal nostro inviato speciale) Lussemburgo, 15 aprile. La «troupe» della Comunità Europea, ministri, diplomatici, esperti e giornalisti, si sta trasferendo in massa nel Granducato di Lussemburgo. Domani pomeriggio, alle 14,30, prende il via quella che rischia di essere una delle più lunghe «maratone» agricole della storia europea: la trattativa per fissare i nuovi prezzi Cee al produttore, validi dal primo maggio '73 all'aprile '74. Contrasti d'interessi, tatticismi, pressioni dell'opinione pubblica, tutto contribuisce a rendere ancor più intricato un dibattito già confuso per la situazione economica e monetaria dei nove Paesi. Nella migliore delle ipotesi, la trattativa si concluderà tra quattro giorni (e quattro notti) di lavoro. Nella peggiore, la decisione sarà rinviata al martedì dopo Pasqua. Alla vigilia della riunione, è pericoloso addentrarsi nelle infinite ipotesi, dalle più pessimistiche (rottura dell'«Europa Verde» e ritorno a prezzi nazionali) alle più ottimistiche (un compromesso che salvi l'unità agricola dei Nove ed accontenti politici, produttori e consumatori). Forse, è più utile compilare un breve pro-memoria dei problemi in discussione. Che cosa sono i prezzi Cee — Dal 1962, la Comunità Europea ha dato vita al sistema dei cosiddetti «prezzi unici e garantiti». Per alcuni prodotti agricoli (carne, latte, burro, cereali, ortofrutti, coli, vino eccetera) si stabilisce un prezzo minimo europeo: se gli agricoltori non riescono a vendere i loro prodotti ad un prezzo superiore, possono portarli agli appositi organismi che li acquistano al prezzo garantito. Non ci sono limiti a questi interventi: la Comunità, con i soldi versati dagli Stati membri (dunque dai contribuenti) ritira tanto quanto viene ad essa portato, sempreché naturalmente si tratti di eccedenze. Così, nel '72, il sistema dei prezzi garantiti è costato oltre 2000 miliardi di lire. Finora^ ^meccanismo ha giovato soprattutto alla Francia, che ha una differenza a suo favore fra fondi versati alla Cee e denari incassati, di 500 miliardi di lire, mentre l'Italia è in passivo di 220 miliardi. Le conseguenze per i consumatori — In teoria non ve ne dovrebbero essere, in pratica vi saranno. Per effetti che gli specialisti definiscono «psicologici», ma che sovente sono vera e propria speculazione, l'aumento dei prezzi Cee si ripercuote sulla vendita al dettaglio. Per questo la decisione che attende i ministri dell'Agricoltura è particolarmente delicata e potrebbe richiedere l'intervento dei ministri delle Finanze: si dovrà valutare l'impatto delle decisioni di Lussemburgo sul costo della vita. Gli interessi dell'Italia — Dalla difficile ricerca fra.desideri dei produttori (prezzi più alti) e dei consumatori (stabilità) deriva un'autentica quadratura del cerchio per l'Italia. Noi abbiamo la più alta percentuale europea di addetti all'agricoltura (un italiano attivo su cinque è agricoltore) ma siamo anche forti importatori di derrate alimentari (fra un terzo e la metà del fabbisogno nazionale). Dunque, se accettiamo forti aumenti, come vorrebbero Francia e Germania, pagheremo il conto due volte, prima come contribuenti del Fondo comune Cee, creato per sostenere i prezzi (il Feoga) e poi come compratori. Se si blocca invece l'attuale livello (come vorrebbe l'Inghilterra) penalizziamo il produttore, che ha avuto costi crescenti (il 10 per cento nel '72). Noi cercheremo dunque di avere aumenti «selettivi», cioè più forti per i nostri prodotti tradizionali (ortofrutticoli, grano duro e vino) e meno elevati per carne, burro, cereali foraggeri, ed ottenere anche sovvenzioni per alcune categorie. I problemi monetari — Sono tra le cause principali della crisi attuale e l'Italia è fra i maggiori responsabili per la sua decisione di uscire dal fronte monetario dei Nove «fluttuando» per proprio conto. La svalutazione di fatto della lira dovrebbe, secondo le norme Cee, provocare un aumento automatico dei prezzi agricoli italiani, ma le autorità europee ci hanno proposto di suddividere questo incremento in «rate», la prima delle quali pari al 4 per cento. Il governo italiano è disposto ad accettare questo sforzo supplementare, a patto che tutti i paesi Cee ristabiliscano l'unità del Mercato comune agricolo, oggi diviso in tante zone secondo il diverso comportamento monetario e tenuto insieme soltanto da un complesso meccanismo. Vittorio Zucconi