Alla conquista del Mec, di bridge

Alla conquista del Mec, di bridge DA OGGI ALL'AIA I CAMPIONATI DELLA COMUNITÀ EUROPEA Alla conquista del Mec, di bridge I nostri giocatori sono favoriti - Nel torneo a squadre maschile schierata la formazione torinese Un gruppo di torinesi è partito alla conquista del Mec: non sono esperti monetari ma campioni di bridge. Si gioca all'Aja, da oggi fino a domenica prossima: una manifestazione complessa, che si articola in numerosi tornei, a squadre e a coppie. Al termine verrà stilata una classifica generale che dirà a chi spetta la «leadership» del bridge fra le dieci nazioni della comunità europea. In nessun campo come in questo, inglesi, francesi e tedeschi guardano agli italiani con invidia e rispetto. Il bridge lo hanno inventato gli inglesi, ma gli italiani, benché abbiano imparato a giocarlo con ritardo, non hanno rivali. Il merito di questa supremazia è del leggendario «blue team», che per dieci anni consecutivi ha vinto il campionato del mondo; poi il «blue team» si è ritirato e il titolo è tornato agli Stati Uniti. Ma gli americani hanno commesso un peccato d'orgoglio: l'anno scorso hanno sfidato i nostri campioni. La «sfida del secolo» si è svolta a Las Vegas e per il «bZue team » è stato un trionfo: un successo schiacciante, senza possibilità di discussioni, che si è ripetuto qualche mese più tardi alle Olimpiadi di Miami. Ora il «blue team» si è sciolto e i nostri rivali — in America ed in Europa — tornano a sperare. Ma peccati di orgoglio, non ne commettono più. Anche perché alle spalle dell'imbattibile squadrone (ricordiamoli ancora una volta tutti insieme: Belladonna, Forquet, Garozzo, Avarelli, D'Alelio, Pabis Ticci) sono «cresciuti» altri campioni. Prima alla «scuola» milanese, poi a quella torinese. Da tre anni a questa parte, Torino è diventata la capitale italiana del bridge: ha vinto per due volte consecutive il titolo nazionale a squadre e sull'onda di questi successi ha trovato anche un «mecenate», un giovane industriale, Roberto Pellegrin. Questi ha ingaggiato Belladonna e Garozzo — gli unici veri «professionisti» esistenti in Italia — con la dichiarata ambizione di costituire attorno ad essi un nuovo «blue team», capace di vincere tutto, come il precedente. Intanto la squadra torinese si è meritata la convocazione per i campionati del Mec. Rappresenterà l'Italia nella gara più prestigiosa, il torneo a squadre «open», che comincia oggi pomeriggio e si concluderà mercoledì sera. Una nazionale «torinese», dunque, ma soltanto di nome, perché a ben guardare — come capita per le squadre di calcio — prevalgono gli «oriundi». Ecco la formazione: Giorgio Belladonna, Luigi Firpo, Giuseppe Garabello, Gaetano Pittala, Rodolfo Pedrini, Antonio Vivaldi. Giorgio Belladonna, romano, cinquant'anni, carattere guascone, una grande carica di simpatia. E' certo il più famoso: con Forquet e Garozzo è considerato il più grande bridgista del mondo. In America, dove il bridge conta decine di milioni di appassionati, il suo nome è conosciuto come quello di un campione di baseball o di un attore cinematografico. Luigi Firpo, docente di Storia delle dottrine politiche all'Università di Torino, uomo di cultura dai mille interessi. Giuseppe Garabello, 46 anni, originario di Ivrea, «partner» ideale per chiunque, campione in tutti i giochi di carte. Gaetano Pittala, 48 anni, ingegnere, siciliano da sempre a Torino: è «il professore», non tanto perché insegna matematica, quanto per la sua consumata tecnica bridgistica. Rodolfo Pedrini, 33 anni, ingegnere, e Antonio Vivaldi, 31 anni, ragioniere: entrambi sanremesi residenti a Torino: amici fin da ragazzi, una coppia di grandissimo avvenire. Nei passati campionati del Mec (la manifestazione si disputa ogni due anni ed è giunta alla quarta edizione) i tradizionali avversari degli italiani erano i francesi. Ora, con l'allargamento della Comunità europea, si sono aggiunti gli inglési. Gli inventori del bridge, più di tutti gli altri, mal sopportano la supremazia italiana. Covano seri propositi di rivincita, saranno senza dubbio rivali temibilissimi. Comunque vada a finire il torneo a squadre «open», la vittoria finale in questi campionati del Mec non dovrebbe proprio sfuggirci. Abbiamo ottime chances di vittoria nel torneo a squadre miste, in cui saremo rappresentati da tre coppie milanesi (De MicheliBellentani, Faina-Romeo e Jesurum-Rodoni); siamo favoriti in quello riservato agli ju¬ niores (una coppia romana Dato-Capodaglio; una milanese Ferro-Malaguti, ed una torinese, Federico Guermani e Italo Santià, studente in medicina il primo, impiegato il secondo); infine nel torneo a squadre signore siamo senza rivali: Bianchi-Valenti di Livorno, Canessa RomanelliVenturini di Roma, la milanese Jabès e la genovese Robaudo sono il «blue team» in edizione femminile e lo hanno dimostrato vincendo gli ultimi due campionati europei e le Olimpiadi. Da giovedì a domenica si svolgeranno poi i tornei a coppie, anch'essi validi per la classifica finale. Nell'«open» rappresenteranno l'Italia tra gli altri, Vivaldi-Firpo, Belladonna-Pellegrin, GarabelloPittalà e Garozzo-Meyer; nel «misto» scenderanno in gara due coppie torinesi, Anna Maria Recrosio-Pedrini e Maria Teresa Lavazza-Santià. Piero Gasco 'zJZ* mi:- ' La squadra torinese di bridge in allenamento, prima di partire per l'Aja: da sinistra, Garabello, Pittala e Vivaldi