Il temuto boss "Mano 'e pece,, è stato graziato dopo 13 anni

Il temuto boss "Mano 'e pece,, è stato graziato dopo 13 anni Uccise a rivoltellate un uomo in un bar a Genova Il temuto boss "Mano 'e pece,, è stato graziato dopo 13 anni E' il napoletano Francesco Fucci - Nel '60, durante una sparatoria, eliminò un rivale e ferì suo figlio - Doveva scontare ancora 4 anni 11 processo s'era assunto la (Dal nostro corrispondente) Genova, 28 aprile. Il napoletano «Mano 'e pece», al secolo Francesco Fucci, 44 anni, protagonista, nell'aprile del 1960, d'uno dei più drammatici episodi della storia della malavita genovese, torna in libertà dopo 13 anni di reclusione. Il presidente della Repubblica, Giovanni Leone, lo ha graziato: doveva ancora scontare quattro dei diciassette anni di reclusione che la corte d'assise d'appello di Genova gli aveva inflitto per l'uccisione, al termine d'un «regolamento di conti», di Settimio Mamone, di 57 anni, e per il ferimento di suo figlio Giovanni Mamone, di 30 anni. «Mano'e pece», che durante responsabilità piena del fatto era stato condannato in primo grado a 20 anni di reclusione; la pena era stata ridotta in appello a 17 anni, perché la corte gli aveva riconosciuto la seminfermità mentale. Se Francesco Fucci deciderà di tornare a vivere a Geno va e gli antagonisti d'un tempo, La vecchia «mala» tradiziona le dei vicoli, dedita al controllo dei «night», allo sfrut tamento della prostituzione e al contrabbando delle sigaret te, una «mala» fatta per lo più di immigrati napoletani e siciliani, basata sulla «rispettabilità» e sul mito d'una cer ta «onorabilità», non esiste ormai più. I «tunisini», i «jugoslavi», i giovani venuti su nella periferia industriale non troverà più gli amici della città, hanno imposto nuovi metodi e sistemi più violenti. Inoltre, è entrato nel «giro» delle attività illecite un elemento con il quale «Mano 'e pece» non aveva fatto in tempo a entrare in contatto: la droga. Eppure, a suo tempo, il Fucci, tarchiato, bruno, disinvolto, un debole per donne belle e vistose, aveva fatto tremare Napoli e Genova. Dalla sua città natale s'era allontanato nel 1957, perché gli era ormai difficile viverci. «Avevo troppi nemici» disse una volta. Venne cosi a Geno¬ va, chiamato da alcuni «compari» che lo consideravano un elemento di primordine. Prese un alloggio lussuoso per la moglie e uno non meno sfarzoso per la bella amante. Nel giro di pochi mesi, divenne il luogotenente d'uno dei «boss» più potenti e, soprattutto, più abili di Genova: Vincenzo Riccio, detto «Don Vincenzo, il re della pizza», titolare d'un, famoso night, il «Trocadero». La sera del 26 aprile 1960, Don Vincenzo, insieme con «Mano 'e pece» e con i suoi uomini più fidati celebrò, al bar «Angelo» di via Buozzi, la sua riconciliazione con un altro «pezzo da novanta», Umberto Pecoraro. Per l'occasione, erano venuti da Napoli alcuni esponenti della «camorIra» e della malavita internazionale. Mentre era in corso la «bevuta» di pace, entrarono nel locale una quindicina di guardie del corpo di Francesco Gargiulo, detto «Don Ciccio», titolare d'un famoso locale notturno, lo «Zanzibar». Gli uomini di «Don Ciccio» erano comandati da Settimio e Giovanni Mamone. Tra i due gruppi ci fu prima uno scambio di insulti, poi volò qualche pugno. In breve tutti misero mano alle pistole: i tavoli furono rovesciati; alcuni si rifugiarono dietro il bancone. Ci fu una sparatoria infernale: quando arrivò la polizia, i due Mamone giacevano a terra in una pozza di sangue. Settimio morì qualche ora dopo il ricovero, il figlio se la cavò ir un me.se. p. 1. I Francesco Fucci

Luoghi citati: Genova, Napoli