Il direttore dell'FBI si è dimesso Implicato nel "caso Watergate"

Il direttore dell'FBI si è dimesso Implicato nel "caso Watergate" Nuove rivelazioni sullo "spionaggio elettorale,, Il direttore dell'FBI si è dimesso Implicato nel "caso Watergate" Dimissionario anche John Magruder, sottosegretario al Commercio - Possibile un'epurazione anche su vasta scala - L'intervento del presidente Nixon (Dal nostro corrispondente) New York, 27 aprile. Una crisi ancora più grave di quella del Vietnam e di quella dell'economia negli anni passati minaccia oggi il presidente Nixon: è la crisi di Watergate, che data al 17 giugno del '72. Fino a qualche giorno fa, sembrava che lo statista e il suo ufficio potessero superare, indenni, l'amara vicenda. Stamane, in particolare, le dimissioni del direttore dell'Fbì e del sottosegretario al Commercio ne hanno compromesso l'autorità e il credito. La fiducia dell'America in Richard Nixon e nella presidenza incomincia a essere scossa. James Reston, sul New York Times, parla di «tramonto della decenza civile». Kissinger, in un pubblico discorso, si chiede quali ripercussioni avrà «Watergate» sui rapporti con gli alleati. Per la prima volta, sul New York Post, si ricorda uno scandalo elettorale in California nel '62: molti dei protagonisti d'allora sono gli stessi di adesso. Nixon compreso. Watergate, a Washington, è un moderno complesso di edifici che ospita, tra gli altri, il quartiere generale del partito democratico. Il 17 giugno del '72, la polizia vi sorprese cinque uomini nell'atto di fotografare documenti e installare microfoni per l'ascolto e le intercettazioni telefoniche. Il loro leader, James McCord, era un ex agente della Cia e direttore dei servizi di sicu¬ rezza del «comitato per la rielezione del presidente Nixon». Le indagini dell'Fbi portarono al successivo arresto di due alti funzionari del comitato, Gordon Liddy e Edward Hunt, gli ideatori del piano di spionaggio. Il processo si concluse a febbraio con la condanna dei sette uomini al carcere (dai 6 ai 20 anni a testa) e con multe fino a 50 mila dollari, circa 30 milioni di lire. Tra il 17 giugno e il 7 novembre del '72, data delle elezioni presidenziali, divampò una furibonda polemica. Il candidato democratico alla Casa Bianca, George McGovern, accusò il partito repubblicano e l'ufficio della presidenza di «complotto» e violazione della Costituzione. Per stroncare il dibattito, ad agosto, Nixon ordinò ad un suo consigliere, John Dean III, di svolgere un'inchiesta sulla vicenda. Dopo qualche settimana, Dean presentò un rapporto in cui si discolpava l'intera Casa Bianca. Molti giornali, e soprattutto il Washington Post, gridarono allo scandalo: le loro inchieste indicavano che l'ufficio della presidenza era al corrente del piano di spionaggio, forse l'aveva approvato, e che erano state organizzate anche campagne di «sabotaggio» dei principali esponenti democratici. Il mese scorso, è avvenuta una svolta clamorosa. James McCord, l'ex agente della Cia ha deciso di confessare tutto dal carcere. In base alla legge americana, dichiarandosi colpevole al processo, aveva in precedenza evitato di fare deposizioni. Si è recato dal giudice John Sirica, e gli ha fornito nomi, date e documenti. E' stato subito convocato xin «Gran giurì» federale, e al Senato è stata formata una commissione d'inchiesta. In capo a pochi giorni, ha accertato che nel «complotto» erano coinvolti personaggi molto più importanti: John Dean III in primo luogo, il vicedirettore del «Comitato per la rielezione del presidente Nixon», John Magruder, attualmente sottosegretario al Commercio, l'ex ministro della Giustizia John Mitchell, e altri. A questo punto, intervenne il presidente Nixon. Il 17 aprile, in una pubblica dichiarazione, Nixon ha precisato che sta indagando di persona nella vicenda, e che ha affidato la pratica legale al sottosegretario alla Giustizia, Petersen. Dean ha ammesso pubblicamente di aver menti to nel suo rapporto di agosto, e ha accusato i due uomini più fidati di Nixon, Dekvbon Haldeman e John Erhlichman, di averlo costretto a farlo per soffocare lo scandalo. Haldeman e Erhlichman, il primo segretario, il secondo consigliere per la politica interna, sono considerati «i pilastri della Casa Bianca». Ma dal 17 aprile, non partecipano che marginalmente alla sua attività. I giornali scrivono oggi che l'ufficio della presidenza è praticamente paralizzato, che Nixon lavora quasi da solo dall'alba al tramonto. Si attendono dimissioni in massa e, finita l'inchiesta giudiziaria e quella senatoriale, imputazioni. Come abbiamo detto all'inizio, la crisi è precipitata tra ieri sera e stamane. John Magruder si è dimesso da sottosegretario al commercio Patrek Gray ha fatto lo stesso: è senza dubbio l'inizio di una drastica «purga». Il direttore ad interim della prestigiosa Fbi, Patrick Gray, ha svelato, tramite un amico, il senatore repubblicano Weicker, d'essere stato complice involontario del complotto: Gray ha raccontato che il 28 giugno del '72, John Dean III e John Erhlichman lo convocarono alla Casa Bianca, e gli diedero un incartamento con la raccomandazione che «non vedesse mai la luce del sole». Gray lo bruciò il 3 luglio, senza leggerlo. Apprese più tardi che conteneva documenti falsi del Dipartimento di Stato contro il presidente Kennedy e il fratello, Ted, sulla guerra in Vietnam e sull'incidente di Chappìquiddick nel '69: l'autore era Edward Hunt, ora imprigionato. e. c. Vli

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