"Perché una statua al papa buono? A Sotto il Monte tutto parla di lui,, di Luciano Curino

"Perché una statua al papa buono? A Sotto il Monte tutto parla di lui,, Le polemiche sul monumento: parla il vescovo di Bergamo "Perché una statua al papa buono? A Sotto il Monte tutto parla di lui,, Il progetto di erigere un'opera che ricordi Giovanni XXIII è molto discusso; la maggioranza dei pareri sembra contraria - La gente accorre dove è nato il pontefice per trovare il ricordo più autentico di lui, che diceva: "Continuiamo a volerci bene, a volerci bene così..." - C'è già una statua che piace a tutti i fedeli (Dal nostro inviato speciale) Sotto il Monte. 26 aprile. Scrisse papa Giovanni del suo paese: «Il mio Sotto il Monte! Questo piccolo angolo del mondo dove nacqui e dove amerei finire in pace i miei giorni. Due o tre pugni di case, male congegnate, tantoché pochi sanno che ci sia». Ma ora, nel «ponte» pasquale. Sotto il Monte è stata una delle località più affollate, certo la più affollata se si tiene conto che è un piccolo borgo fuori mano e ha praticamente soltanto una vera strada: un viale di cipressi chiamato «Pacem in Terris». Il massimo di «presenze» si è avuto lunedì: intorno alle settantamila. Molte migliaia anche negli altri giorni, ed è la folla dì ogni domenica e giornata festiva. Quest'anno più numerosa che mai. Angelo Roncalli è morto dieci anni fa (3 giugno 1963, ore 19,49), ma il tempo non diminuisce il suo ricordo, anzi lo esalta. E' la nostra un'epoca che dimentica in fretta. Passano rapidamente i protagonisti e le mode. Soltanto Giovanni XXIII fa eccezione e di anno in anno aumentano fervore e devozione per lui. «Una spiegazione c'è: è nella santità della vita di papa Giovanni», mi dice padre Reduelli che dirige l'istituto missionario sorto vicino alla casa dei Roncalli. «La spiegazione è nella sua ansia di bontà». Aveva come regola dì vita: «Devo restare fedele al mio proposito: voglio essere buono, a ogni costo, sempre, con tutti». Scrisse al fratello Za verio: «Nella vita ciò che conta è la bontà e la sincerità, anche se non c'è gran che di contorno». All'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano Il esortò: «Continuiamo a volerci bene, a volerci bene così...». «Un'ansia genuina — dice padre Redaellì —. La gente lo ha capito e gli vuole bene». Viene in pellegrinaggio al suo paese. Auto e pullman da tutta Italia, da ogni parte d'Europa. Anche molti che non sono cattolici. «Non vengono soltanto nella bella stagione, jjia. anche d'inverno, quando c'è'néve e nebbia,'~c,è"'grande disagio», dice padre Redaelli. Vengono e raccontano miracoli, i sacerdoti li interrompono: «Non possiamo e non dobbiamo parlare di miracoli». E loro: «Abbiamo ricevuto. Se non sono miracoli, chiamiamoli aiuti, chiamiamoli favori o grazie. Ma abbiamo chiesto e ricevuto». I pellegrini anticipano il processo di canonizzazione della Chiesa, tradizionalmente cauta, e lo dicono santo. Che cosa dicono i fratelli? Di dieci, sopravvivono tre: Zaverio, Giuseppe e Assunta. Vivono la vecchiaia di chi ha lavorato tutta la vita un piccolo campo. Il fratello Angelo ha lasciato loro il suo esempio e la sua benedizione, nient'altro. Zaverio ha 90 anni, ci si congratula con lui, perché solido e lucido; gli si augura di arrivare a cent'anni, e ride: «Perché soltanto cento? Non di più?». Ha detto: «Santo mio fratello? Io so che chi non va all'inferno è già santo, e lui nell'inferno non c'è perché è sempre stato molto buono». II «papa buono»: hanno incominciato a chiamarlo così dopo pochi mesi del suo pontificato. Il tempo non ha vinto il ricordo e l'amore, ma li rinverdisce e rafforza, e ogni anno la folla è più numerosa a Sotto il Monte. Cerca papa Giovanni a Ca' Mattino e nella casa natale. La prima è una villa di campagna tra t cipressi, in bella posizione. Fuori, la lunga fila dei pellegrini si snoda tra i dialetti di tutte le regioni. Folla silenziosa ed emozionata che va di stanza in stanza, si ferma davanti alle fotografie e ai ricordi. Si accalca attorno alla vetrinetta dove sono posati i suoi occhiali e il sole che cade sulle lenti dà bagliori di vita. C'è il crocifisso ' che aveva vicino nell'agonia, il cuscino del letto di morte. La casa natale è quella dei contadini più poveri, con la scala di legno all'esterno e il largo ballatoio per farvi seccare il granturco in autunno. Soffitto di vecchie travi, pavimento di mattoni, una rozza mano di calce ai muri. Un misero comò e poche altre cose. Queste stanze sono rimaste com'erano nel 1881, quando Angelo Roncalli nacque. «E' Betlemme», dice semplicemente padre Redaelli. La suggestione è forte, ed è più facile conoscere papa Giovanni qui, tra queste poche e povere e vecchissime cose, che non tra i ricordi che sono nelle molte stanze di Ca' Mattino. Due case che sono un forte richiamo. Sì è pensato di aggiungere a Sotto il Morite anche un'opera monumentale: una statua solenne, oppure le quindici cappelle dei Misteri sul monte San Giovanni, o qualcos'altro. Il progetto è stato discusso, ci sono state polemiche. A Sotto il Monte npQseccd non sono affatto entusiasti, i più sembrano anzi contrari. Qua e là in Italia si chiedono spesso monumenti grandiosi e costosissimi, sembrano sempre indispensabili. A Sot- to il Monte, Invece, si dice: «Un. monumento, perché?». Monsignor Gaddi, vescovo di Bergamo, ha detto: «Non c'u bisogno di un monumento speciale. Tutto a Sotto il Monte parla di papa Giovanni». E' così, è come se l'intero paese fosse un monumento. tutto è pieno di suggestione. (Meno i bazar e le bancarelle traboccanti di «ricordini», che hanno fatto scrivere a Desmond O'Grady. su «Il Mondo», che «Giovanni forse sarebbe stato indulgente con l'inevitabile cattivo gusto dei souvenirs, tra i quali figura persino una torta col pontefice che benedice chi la mangia con un "buon appetito figlioli". Non potrebbe però fare a meno di ammettere che l'industria sorta attorno al suo nome altera profondamente ciò che attira la gente a Sotto il Monte »). Mi dice padre Redaelli: «Un monumento solenne papa Giovanni lo ha qui vicino, al santuario della Madonna del Bosco. Mastodontico, con il manto papale, il libro del Concilio in mano. I pellegrini lo guardano ammirati, ma gli preferiscono questo» e mi indica una statua che è nell'atrio del seminario missionario, all'uscita della casa natale. Un bronzo, grandezza naturale, molto rassomigliante, la veste è la più semplice. Angelo Roncalli ha il sorriso ottimista e dolce di quando incominciava a parlare dicendo: «Cari figlioli...». La mano alzata nella benedizione luccica come oro ed è già un poco consumata (come il piede di San Pietro in Vaticano) perché accarezzata da milioni di mani. Dice padre Redaelli: «Nessun monumento solenne o grandioso piacerebbe come questa statua. E sa perché piace? Ha notato che non ha piedestallo, ma è come se Giovanni avanzi in questo corridoio incontro alla folla? La gente lo vede vicino, è attratta, gli si stringe attorno. E lui sembra contento di stare in mezzo alla gente, semplicemente». Pare dire: «Continuiamo a volerci bene, bene cosi...». Luciano Curino o ,

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