Molti squilibri tra Nord e Sud di Mario Salvatorelli

Molti squilibri tra Nord e Sud Nei consumi delle famiglie italiane Molti squilibri tra Nord e Sud Nel '72 le famiglie residenti nell'Italia meridionale e nelle isole hanno speso in media il 43,4 per cento meno di quelle del "triangolo industriale" -1 dati dell'indagine Istat pubblicata ieri (Nostro servizio particolare) Roma, 24 aprile. Nel 1972 le famiglie residenti nel «triangolo industriale », in pratica nell'Italia nord-occidentale, banno speso in media per ogni componente 903.084 lire, mentre le famiglie residenti nell'Italia meridionale e nelle isole hanno speso in media, sempre per ogni componente, 511.184 lire, cioè il 43,4 per cento in meno: è più della metà, ma non di molto. In ogni caso, è quanto basta per dire che lo squilibrio tra regioni più sviluppate e regioni meno sviluppate, nel nostro Paese, è ancora pesantissimo, senza dubbio il più pesante di quel che si registri negli altri Paesi industrializzati nel mondo occidentale, ciascuno dei quali ha le sue aree depresse. Il distacco è tanto più grave in quanto si tratta di oltre un terzo della popolazione nazionale, circa 23 milioni su 54 milioni e mezzo di abitanti, da considerare « depressa ». La media nazionale di spesa, per beni e servizi alimentari e non alimentari, è stata l'anno scorso per ogni italiano pari a 722.032 lire, secondo un'indagine campionaria sui consumi delle famiglie, condotta dall'Istituto di statistica e pubblicata questa sera. Lo stesso Istat avverte che i dati non coincidono con quelli risultanti nella « contabilità nazionale 1972 », sia perché in questi ultimi figurano tra i consumi privati anche le spese sostenute dalle convivenze e dai non residenti (per esempio, i turisti stranieri), sia perché divergo no le attribuzioni delle spese sostenute nei pubblici esercizi (alberghi e ristoranti) e quelle per la salute, finanziate dagli enti pubblici. Infatti « consumi privati », compresi nella relazione generale sulla situazione del paese nel 1972, risultano pari a 44.356 miliardi di lire correnti, circa 818.000 lire per abitante, mentre dall'indagine Istat la spesa di ogni componente.i nuclei familiari italiani è di 722.032.. lire. La differenza in meno, tuttavia, spiegata con le avvertenze riferite qui so pra, non altera il confronto tra le varie regioni d'Italia sia in cifre assolute, sia in « destinazione » delle spese per consumi. Generi alimentari, bevande e tabacco hanno assorbito in media 307.944 lire per ogni italiano nel 1972, ma la spesa nell'Italia nord-occidentale stata di 365.092 lire (il 20,1 per cento in più della media nazionale),' nell'Italia nordorientale di 320.060 lire (il 4,5 per cento in più), nell'Italia centrale di 342.680 lire (il 10,3 per cento in più, grazie al « gran ventre » di Roma), nell'Italia meridionale e nelle isole di 238.420 lire, il 23,5 per cento meno della media nazionale. Gli squilibri sono ancora più sensibili per le spese non alimentari: abbigliamento, mobili e arredamento della casa, abitazione e combustibili, trasporti e comunicazioni, istruzione e cultura, beni e servizi vari. La media nazionale è stata di 414.088 lire, ma nell'Italia nord-occidentale questa spesa è salita a 537.992 lire (il 29,92 per cento più della media nazionale), nell'Italia nord-orientale a 457.128 lire (il 10,4 per cento più della media), nell'Italia centrale a 456.348 (il 10,2 per cento in più), mentre nell'Italia meridionale e nel le isole si è ridotta a 272.764 lire, il 34,1 per cento meno della media nazionale. Ne risulta, tra l'altro, che mentre nel resto d'Italia l'alimentazione (bevande e tabacco compresi), incide sulle spese totali delle famiglie da un minimo del 40,42 per cen. to (Italia nord-occidentale) a un massimo del 42,88 per cento (Italia centrale), nel Mlrsslclaompm Mezzogiorno e nelle isole l'alimentazione assorbe ancora il 46,64 per cento dei consumi familiari, pur con una spesa inferiore, in cifre assolute, di oltre 126.000 lire per componente i nuclei familiari. L'indagine dell'Istat contiene altri dati interessanti, relativi al valore dei consumi, alimentari e non alimentari, sia secondo la condizione professionale del capofamiglia (lavoratore dipendente o autonomo, addetto all'agricoltura o ad altre attività), sia secondo il numero dei componenti la famiglia. Sono distinzioni che hanno indubbiamente il loro peso anche sulle grandi medie regionali (per esempio, nel Mezzogiorno le famiglie sono in media più numerose ed è più alta la percentuale dei lavoratori dei campi), ma che non alterano le grandi linee del dato più interessante: quello dell'ancor notevole, grave squilibrio territoriale nello sviluppo economico e sociale del paese. Più interessante sarebbe, forse, calcolare quanti «consumi» sono attribuiti al Nord, in particolare al « triangolo industriale », mentre in realtà vengono effettuati nel Sud. grazie alle « rimesse » degli emigranti interni, quelle rimesse, cioè, che figurano, ed anche vistosamente, nella bilancia dei pagamenti dell'Italia con l'estero, ma sfuggono ai bilanci interni, anche perché nessuno ha mai pensato a fare una «bilancia dei pagamenti» tra l'Italia del Nord e l'Italia meridionale. Mario Salvatorelli