Le proposte agli arabi di Arrigo Levi

Le proposte agli arabi ISRAELE, INTERVISTA COL VICE-PREMIER ALLON Le proposte agli arabi "Finché gli arabi non accetteranno di negoziare, nessuno di noi, falco o colomba, è disposto a cedere un pollice di terreno" - Aperte le trattative, Israele chiederebbe soltanto una nuova frontiera "difendibile" : lascerebbe le, zone occupate, meno le alture di Golan, una striscia lungo il Giordano, le isole che controllano Akaba (Dal nostro inviato speciale) Gerusalemme, 14 aprile. In un'intervista che mi ha concesso ieri a Gerusalemme, il vice primo ministro d'Israele Ygal Allon, consideralo da molli il probabile successore di Golda Melr, ha esposto le grandi linee della politica israeliana verso gli Stali arabi e le zone occupate. Allon mi ha ricevuto all'indomani della conclusione del grande dibattito dedicato a questi temi dal partito laborista: nel corso di sei mesi, gli organi dirigenti del partito maggioritario avevano tenuto numerose riunioni, durate in totale 180 ore. Ieri l'altro, alla seduta finale della segreteria avevano parlato Golda Meir e i ministri Dayan e Galili. La linea di tregua «Tutti i principali esponenti del partito — mi ha detto Allon — di fronte alla scelta fra rimanere sulle attuali "linee di tregua" senza la pace, o ottenere la pace con nuovi confini difendibili, sceglierebbero questa seconda alternativa. Finché gli arabi non negozieranno, nessuno, falco o colomba, è disposto a cedere un pollice di terreno: questo è necessario per la difesa, e come strumento di negoziato; e nessuno ha proposto che si ritorni ai vecchi confini. Ma se e quando gli arabi si dimostreranno disponibili, sono sicuro che la grande maggioranza, non soltanto del partito laborista, ma anche del governo e del parlamento, sarà disposta ad un compromesso. La nostra posizione non si è irrigidita». Alla domanda: «Che cosa accadrà se non vi sarà un negoziato di pace?», Allon ha risposto: «In tal caso, a lungo andare, i nostri insediamenti.strategici saranno consolidati: quando parlo di questi insediamenti, lascio fuori le zone massicciamente po potate da arabi. Se ci convinceremo che questa situazione du rerà troppo a lungo, non escludo la possibilità che una sorta di meccanismo di autogoverno sia sviluppato dagli arabi nelle zone amministrate, con il nostro consenso ed anche con il nostro aiuto: non come soluzione permanente, ma come soluzione ad interim, capace di funzionare per molti anni. Mentre essi (gli arabi) sarebbero responsabili degli affari interni, noi rimarremmo responsabili per la sicurezza, gli affari internazionali e il commercio internazionale». (E' questa la prima volta che uno dei maggiori uomini di governo israeliani parla di questa possibilità). Allon ha indicato fra i principi della sua politica, e del «piano Allon», da lui proposto all'indomani della guerra dei sci giorni: il diritto storico del popolo ebraico alla «Terra d'Israele»; «altri fattori, come quelli demografici»; la necessità di far sì che Israele rimanga «uno Stato ebraico, con una chiara maggioranza ebraica, e non uno Stato binazioitale»; la volontà di «soddisfare i diritti della popolazione araba nelle zone amministrate». In sostanza, egli ha detto: «Il mio piano si basa sul nostro diritto storico alla Palestina, e sui diritti degli arabi ad una vita indipendente ed autonoma». Il piano Allon Il piano Allon — mi ha detto il vicepremier d'Israele — «non è mui slato adottato ufficialmente; ma nemmeno è stato mai respinto, fi fatto rimane che, con o senza una decisione formale, e ad eccezione di uno o due insediamenti nel Sinai settentrionale, non un solo inse.diamento (israeliano), agricolo od urbano, è stato collocato al di fuori della fascia territoriale che, secondo le raccomandazioni del mio piano, dovrebbe rimanere, dopo la pace, sotto la sovranità d'Israele». E' questa la prima volta che si ha una così precisa informazione ufficiale sulla collocazione delle nuove colonie l'ondate dopo la «guerra dei sei giorni». Queste sarebbero una quarantina (il numero esatto e la loro posizione non sono mai stati resi noti ufficialmente), caogcbp con una popolazione totale di alcune migliaia d'uomini. Allon mi ha detto di essere oggi contrario all'ipotesi che il governo israeliano adotti ufficialmente il suo piano, perché «nell'attuale situazione internazionale questo non sarebbe un contributo alle prospettive di pace». Israele non vuole formulare «richieste ultimative»: anche il piano Allon «non è una precondizione che l'altra parte debba accettare al fine di avviare il negoziato». La logica del piano è di consentire ad Israele di avere «confini difendibili». A tale scopo, Israele dovrebbe acquisire, oltre alle alture di Golan, «una fascia di terreno lungo il fiume Giordano, che comprenda il fiume stesso, la sponda occidentale della vallata, e la catena di montagne ad essa prospiciente, dal monte Gilboa, al nord del Neghev, compreso il deserto di Giudea». Ha aggiunto Allon: «La sola parte di questa fascia che sia abitata (da arabi) è Gerico, e questa città sarebbe lasciata agli arabi come corridoio sovrano fra le regioni popolate della riva occidentale (del Giordano) e l'Oriente». In base a questo piano, Israele restituirebbe quindi la quasi totalità delle «zone occupate» abitate da arabi, ma otterrebbe «frontiere difendibili». Analogamente, il confine verso l'Egitto dovrebbe essere 'modificato con l'acquisizione di «un territoriocuscinetto», che raggiunga il mare, fra la striscia di Gaza e il Sinai egiziano, ossia fra le città di Rafah e El Arish. Da questo punto, il nuovo confine conerebbe a sud fino a Sharm El Sheikh. «Se noi controlleremo (a Sharm El Sheikh) /'Accesso al golfo di Akaba. e gli egiziani controlleranno l'accesso al golfo di Suez, — mi ha detto Allon — diverremo interdipendenti e questa sarà la miglior garanzia per la libertà di navigazione». Arrigo Levi