Mafia: liberi quindici dei trentasei fermati
Mafia: liberi quindici dei trentasei fermati Il giudice: "Mancano gli indizi" Mafia: liberi quindici dei trentasei fermati Gli altri rimangono in carcere sotto gravi accuse, tra cui alcuni efferati omicidi (Dal nostro corrispondente) Palermo, 14 aprile. Quindici dei 36 presunti mafiosi arrestati tra domenica e lunedì nella « retata » compiuta da carabinieri e pubblica sicurezza a Palermo e in altre città d'Italia sono stati scarcerati oggi pomeriggio su ordine del sostituto procuratore Vincenzo Terranova. Il magistrato ha convalidato il fermo di altri 18 e mantenuto l'ordine di cattura, che aveva spiccato nei giorni scorsi, per Leonardo Vitale il trentaduenne «Valachi » palermitano che con le sue clamorose rivelazioni, ha consentito la vasta operazione anti-mafia, suo zio Giovali Battista Vitale, 48 anni, il trentunenne Francesco Scrima. Il dott. Terranova ha scarcertato i 15 per mancanza di indizi; fra costoro sono il chirurgo Filippo Vitale, 46 anni, parente alla lontana dì Leonardo e Giovan Battista, e il vicesindaco democristiano della borgata Altarello di Baida, Domenico Calafiura, 51 anni. Gli altri scarcerati sono: Giavanni Armanno, 66 anni; Antonino Ammarinato, 62 anni; Rosario Camilleri, 53 anni, l'ex portiere della squadra di calcio del Palermo, negli Anni Quaranta, Francesco Paolo Calò, 59 anni, Francesco Paolo Guddo, 50 anni: Giuseppe Guddo (fratello di Francesco), 50 anni; Antonino Lo Sasso, 41 anni; Gabriele e Francesco Marciano, padre e figlio, di 70 e 35 anni; Rosario Sansone, 50 anni, Giuseppe Martorana, 69 anni; Gaetano Scavone, 43 anni, e il ventisettenne Domenico Sirchia. Sugli altri, che ha lasciato nel carcere dell'Ucciardone, anche se non ha ritenuto di dover emettere contro di essi ordini di cattura malgrado le pesanti accuse — 4 omicidi, associazione per delinquere, danneggiamenti, estorsioni, furti — il giudice non ha ancora deciso. Il dott. Vitale era accusato, tra l'altro, di essere stato mandante di un danneggiamento: circostanza confessata spontaneamente da Leonardo Vitale, il quale, implicato nel sequestro dell'industriale edile Luciano Cassina, si è autoaccusato, giorni fa, di numerosi delitti che gli sarebbero stati ordinati da suo zio Giovan Battista, capomafia. Anche uno dei Marciano e Rosario Sansone erano stati chiamati in ballo da Leonardo Vitale: nell'udienza di un « tribunale mafioso » avrebbero assistito al violento scontro tra Giovan Battista Vitale e il boss Giuseppe Bologna poco prima che questi venisse assassinato a lupara. Sta dunque sgonfiandosi anche questa operazione anti mafia? Il giudice crede al « Valachi » della « nuova mafia » — il cui legale afferma che è pazzo — oppure considera fandonie le sue rivelazioni? Rimarranno impuniti i quattro delitti (Vincenzo Traina, 24 anni, ucciso dai banditi che volevano rapirlo e che fece l'« errore » di opporre resistenza; Vincenzo Marinino e Pietro Di Marco, due agricoltori « scomodi »; e Giuseppe Bologna un boss prepotente e in ascesa) e la lunga catena di altri crimini che gl'investigatori pensavano di avere spiegato? Antonio Ravidà
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