Servizio culturale di Giorgio Calcagno

Servizio culturale Servizio culturale Il problema del Regio cornili-1 eia domani mattina. Anzi, que- sta sera stessa, appena sarà scc-1 so il sipario vampeggiarne di j Aligi Sassu sulle ultime note dei «Vespri siciliani». Questo teatro che Torino ha voluto, per «saltare» un intervallo di 37 anni, e che è costato sette miliardi ai cittadini, resterà lì, dietro la facciala di piazza Castello, come una straordinaria occasione di spettacolo, e, insieme, chiederà centinaia di milioni l'anno pelle sole spese di esercizio. «E' una macchina die non può restare Jenna — abbiamo sentilo ripetere tanto volte, in questi giorni, dai responsabili dell'ente lirico —. Deve funzionare, in permanenza». Era davvero indispensabile? è la domanda clic molti si pongono, specie fra coloro che negli ultimi anni non hanno seguito la vita del teatro in genere e dell'opera lirica in particolare. Ci si può chiedere perche una grande città, dovendo compiere il suo più glosso investimento in beni di cultura, abbia scelto il teatro lirico, anziché, per esempio, le biblioteche, gli enti per la difesa del patrimonio artistico, o gli istituti di ricerca scientifica. E perche un teatro, quando c'è ancora tanto bisogno di scuole e di ospedali? Perché il superfluo, quando manca il necessario? Lu prima risposta, immediata, è se siano ancora così certi i confini fra il superfluo e il necessario; se, in una società progressivamente pianificatrice dell'esistenza di tutti, non ci possa essere un «olium» importante quanto il «negotium», e tanto più indispensabile quanto meno previsto dagli schemi. Ma c'è una ragione più profonda. Il teatro lirico può trovare una sua nuova giustificazione se si offre come strumento di conoscenza; luogo di confronto, e non di consumo; e se non-si limita a essere teatro 'lirico, chiuso dietro i reticolati del melodramma ottocentesco. 11 mito che l'opera sia una forma d'arto consegnata per sempre al musco, è stalo accreditato da alcuni fra i suoi più zelanti (e pericolosi) seguaci, gli adoratori della romanza, i devoti al culto del tenore o del soprano, i fedeli di un repertorio limitatissimo e coltivato sempre, chissà perché, fuori dalla storia. Ma basta vedere l'interesse col quale si accostano all'opera i giovani per rovesciare la prospettiva. Chi ha ascoltato l'altro giorno, nel Piccolo Regio, la intelligente prolusione di Leonardo Sciascia sa che il recupero dei «Vespri siciliani» può rappresentare un fatto di cultura. Non e l'omaggio a una tradizione risorgimentale che oggi avrebbe un suono retorico; è l'invito a una analisi su un fenomeno storico che presenta tanti addentellati con la nostra realtà; la presa di coscienza di un popolo, espressa attraverso un improvviso moto rivoluzionario. Il discorso non si può fermare a Verdi, e neppure al melodramma ottocentesco, che di un teatro lirico sembra il destinatario privilegiato. Coinvolge il problema dell'educazione musicale, chiede un raccordo, necessario, da stabilire con la scuola. II Teatro Regio non può vivere come un albero miracolosamente cresciuto in mezzo al deserto, contro le leggi della natura. Deve avere un rapporto, con la comunità circostante. Se si vuole evitare che si trasformi in arena per le esibizioni del divo, favorendo un antico malcostume, il teatro deve cercare il suo pubblico nella popolazione musical- 1 melile educala, che soltanto la scuola può man mano prepa tare. E non c'è, infine, soltanto la musica. Le amministrazioni eo- munali che, negli ultimi sette anni, si sono impegnate nel problema del Regio, lo hanno pensalo e voluto come centro di cultura unitario, in grado di ospitare, insieme, la lirica e la prosa, il balletto e il cinema, i concerti e il jazz, le conferenze e le tavole rotonde. Sotto il Regio grande, che si apre stasera coi Vespri, c'è il Piccolo Regio, che parte domani col primo spettacolo, la «cinque giorni» di Gassnian. E sopra gli uffici dell'ente lirico si sono insediati, nei giorni scorsi, quelli del Tcatio Stabile. Non è un caso che il grande complesso si sia aperto sabato mattina con un convegno di studi, come ha sottolineato, con un preciso — e per certi aspetti polemico — compiacimento il sindaco dimissionario Porcellana. E' una indicazione, per coloro che dovranno reggerne le sorti. Era necessario? Se il Regio sarà la sagra dei grandi acuii c dei « bis » se diventerà l'occasione mondana per le sfilale dei gioielli e delle loiletles, no. Se saprà inserirsi nel vivo di una comunità, e offrirsi come occasione di conoscenza e di studio, attraverso le molteplici forme d'arie ospitate, la spesa affrontata da tutti i cittadini potrà ben essere ripagata dagli esiti. 1 miliardi del Regio possono essere intesi come il costo di un servizio culturale, cioè civico, destinato a tutti. Giorgio Calcagno

Persone citate: Aligi Sassu, Leonardo Sciascia, Porcellana, Verdi