Alimentari e petrolio i disavanzi maggiori di Mario Salvatorelli

Alimentari e petrolio i disavanzi maggiori LA BILANCIA COMMERCIALE ITALIANA Alimentari e petrolio i disavanzi maggiori Il passivo alimentare: 2 mila miliardi - Per il petrolio 1054 miliardi - Il ferro e il carbone - Sono 4 le voci che portano al negativo un import-export che sarebbe prospero in virtù dell'industria di trasformazione e dell'agricoltura specializzata (Nostro servizio particolare) Roma, 9 aprile. Nel commercio dell'Italia con l'estero le voci più pesanti, quelle che accusano il passivo maggiore, sono gli alimentari e il petrolio. Nel '72 abbiamo importato «prodotti dell'agricoltura, della zootecnia,. della selvicoltura, della pesca e della caccia», come li definiscono i bollettini dell'Istituto di statistica, per 1770 miliardi di lire. A questi si devono aggiungere prodotti delle industrie alimentari per altri 1255 miliardi, con un totale di 3025 miliardi di lire. A questa cifra, che corrisponde ad oltre un quarto delle nostre importazioni totali (11.243 miliardi di lire), abbiamo potuto contrapporre esportazioni per appena 1031 miliardi (di cui ■1117 di prodotti « naturali » e 534 di prodotti delle industrie alimentari, dalle conserve alle marmellate). Il disavanzo della nostra bilancia « alimentare » nel 1972 è stato, quindi, di quasi 2000 miliardi di lire, esattamente 1994 miliardi. I dati che questa sera dirama il supplemento al bollettino della Banca d'Italia registrano un disavanzo complessivo commerciale (importazioni meno esportazioni, al netto dei noli eccetera), calcolato sui movimenti valutari effettivamente avvenuti, di 1826 miliardi 700 milioni di lire nel 1972. Se ne ricava che, senza il disavanzo alimentare, le nostre esportazioni supererebbero largamente le importazioni in virtù della nostra industria di trasformazione e dell'agricoltura specializzata. Questo risultato si avrebbe anche con il passivo — questo quasi irrimediabile — derivante dal fatto che l'Italia non ha, o quasi, materie prime né petrolio, che oggi è la fonte di energia di gran lunga più importante. L'anno scorso, infatti, abbiamo importato petrolio e derivati per 1551 miliardi di lire, mentre abbiamo esportato, grazie all'attività delle nostre raffinerie, benzina e altri derivati dal petrolio per 497 miliardi. Il disavanzo, in questo settore, è stato di 1054 miliardi di lire. Assai meno pesanti, al confronto, sono i disavanzi dell'importazione ed esportazione di minerali di ferro (acquistati dall'estero per 226 miliardi, venduti per 147, con una differenza di 79 miliardi) e di carbon fossile, la cui importazione è « costata » nel 1972 circa 145 miliardi. In complesso, queste quattro pesanti voci del nostro commercio con l'estero: alimentari (carni soprattutto, di cui ne abbiamo importato per circa 1140 miliardi), petrolio, minerali di ferro, carbon fossile, hanno provocato nel '72 un disavanzo netto di 3271 miliardi di lire, più del doppio del deficit totale registrato dalla bilancia dei pagamenti valutaria sotto la voce « merci ». Quest'anno le cose non sembrano andare meglio, anzi accusano un netto peggioramento, soprattutto per quanto riguarda l'alimentazione, perché per il petrolio, i minerali di ferro e il carbone, si tratta di un disavanzo « strutturale ». Nel primo mese di quest'anno, infatti, le importazioni di prodotti agricoli, degli allevamenti zootecnici, della pesca e della caccia sono aumentate in misura record: il 21,7 per cento in più dello stesso mese del 1972, per un totale di oltre 168 miliardi di lire; le importazioni delle industrie alimentari sono salite di oltre il 20 per cento, per un totale di 127,8 miliardi di lire. Nel complesso, in un mese, circa 296 miliardi di lire d'importazioni « alimentari », contro 244 nel gennaio 1972. C'entra anche la svalutazione interna ed esterna della lira, ma non certo in questa misura. E' la più totale abdicazione dell'agricoltura italiana alle nuove esigenze di mercato che la nostra più recente storia ricordi. Per le altre voci pesanti del commercio con l'estero, in gennaio si è avuta una flessione delle importazioni di petrolio greggio, collegata alle note vicende interne ed estere; poco più di 8,2 milioni di tonnellate contro 9,7 nel gennaio 1972: sono fenomeni « congiunturali » e .fiscali che non incidono nel quadro generale. Sono diminuite enche le importazioni di minerali di ferro, anche qui per latrtadstirbdtdv1ust(cd1cudzsncdda(nèpt la recessione economica, mentre sono salite quelle di rottami di ghisa e ferro e quelle di carbon fossile. •In complesso, i dati dello scorso gennaio — comunicati questa sera dall'Istat — registrano un disavanzo della bilancia commerciale mensile di 226,1 miliardi di lire, contro un passivo di 108,6 miliardi del gennaio i972. Il passivo deriva da importazioni per 1012,5 miliardi di lire (con un aumento del 16,2 per cento sul gennaio 1972) e da esportazioni per 786,4 miliardi (con un aumento del 3,2 per cento). Il forte incremento delle importazioni (che nel 1972 salirono del 13,6 per cento) potrebbe anche essere un buon segno se, una volta depurato dal rincaro dei prezzi internazionali, ne risultassero maggiori acquisti delle nostre industrie trasformatrici, e non solo un aumento delle necessità « primarie » dell'alimentazione. Il basso aumento delle esportazioni (l'anno scorso, su base annua, fu del 15,5 per cento) è più difficile da analizzare: può significare sia un aumento della domanda interna, sia una diminuita competitività dei nostri prodotti industriali, per l'aumento dei costi, ed anche tutte e due le cose. Il supplemento al bollettino della Banca d'Italia questa sera conferma i dati provvisori sulla bilancia dei pagamenti valutaria del 1972, chiusa con un disavanzo totale di 747 miliardi di lire. Anche le partite correnti hanno registrato un disavanzo di 290,7 miliardi di lire, causato da pagamenti d'importazioni per 11.762,3 miliardi di lire contro incassi per esportazioni per 9935,6 miliardi, con un deficit di 1826,7 miliardi. Forse è il caso di ricordare che la bilancia dei pagamenti valutaria registra gli afflussi e i deflussi di capitale realmente avvenuti, quindi l'anno scorso ha accusato tutto il peso del fatto che i nostri operatori hanno preferito anticipare i pagamenti delle importazioni e ritardare gli incassi delle esportazioni, per « coprirsi » da un'eventuale svalutazione della lira. E' la tattica che ha fatto prendere alle nostre autorità monetarie, nel gennaio scorso, le misure per lo « sdoppiamento » della lira e per il raccorciamento dei tempi concessi ai pagamenti e agli incassi. Un così alto disavanzo commerciale non ha potuto essere coperto dalle altre « partite correnti », che si sono chiuse in attivo: i noli per 460,7 miliardi, il turismo per 655,1 miliardi e le rimesse degli emigrati. Altri passivi sono stati registrati dai redditi da investimenti e da «altri servizi», per un totale di 250,6 miliardi, mentre le « transazioni governative » hanno chiuso in attivo per 53,3 miliardi. Al passivo delle « partite correnti » si è aggiunto quello del movimento dei capitali, di cui ne sono usciti complessivamente per 526,1 miliardi di lire più di quanti ne siano entrati. Anche qui, il passivo non è strutturale, ma, tutto considerato, « illecito », in quanto le banconote accreditate in conto capitale, cioè quelle uscite clandestinamente e poi « legalizzate », hanno superato di 551,9 miliardi di lire quelle di movimento inverso. Mario Salvatorelli

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