I quaderni di Rosa di Lorenzo Mondo

I quaderni di Rosa I quaderni di Rosa L'ultimo romanzo di Enzo Siciliano o le malizie del melodramma Enzo Siciliano: « Rosa pazza e disperata », ed. Garzanti, pag. 123, lire 1800. Leggendo questo racconto di Siciliano, ci si ricorda all'inizio dell'Amante di Lady Chatterley. La radura nel bosco, il gazebo, l'eco e l'ansito della caccia. Rosa osserva incredula e compiaciuta il corpo nudo di Vittorio, steso al sole dopo il bagno nel fiume, come Connie spia il guardacaccia Mellors che si lava nella tinozza. Nei due casi, il marito non avrà più potere sulla donna: quel marito che, incapace di colmare la sua sensualità, pretende di sterilizzarne la volontà, i pensieri. Quando Vittorio le parlerà d'amore, abbandonandosi a deliquescenze liberty e decadenti (oh, linguaggio dei fiori carnali, dei fiori-passione) Rosa non saprà resistergli, si abbandona a un'ebbrezza panica, dionisiaca. Alla fine del racconto, il tono ormai mutato, si pensa vagamente ad Anna Karénina o, meglio, a una trasposizione di Visconti. Rosa muore dissanguata per un aborto: è la con¬ clusione, forse l'espiazione, di un amore indegno. Mentre lei parla e invoca, il pensiero dell'amante è lontano, l'indifferenza si apre soltanto al rancore. Fuori cade la neve, si avverte il sonaglio delle slitte. C'erano stati anche due intermezzi, nei quali si era esercitata, in modo diverso, la tirannia dell'uomo sulla donna, dell'amante e del marito su Rosa. Era fuggita alle Isole Borromee per guarire — nella solitudine, nella pratica della pittura — dalle ferite d'amore; ma subito, all'apparire di Vittorio, tornano a dolere. Ecco allora un'altra fuga, definitiva, dalle persecuzioni del marito, che si discopre come un Divin Marchese goffo e paesano, destituito d'orrore c«La virtù è solo una chimera, e il suo culto non consiste che in perpetui sacrifici e in infinite rivolte contro le inclinazioni del temperamento»). Ma il riparo dalle sevizie lo troverà soltanto nella smemoratezza di sé, nell'inermità di una passione pienamente accettata e vissuta. E' un libro femminista, quello di Siciliano? Pur senza indulgere, naturalmente, a compromissioni didascaliche, a rigori programmatici. C'è nell'ultima parte, la più desolata e amara, un'esclamazione della morente che potrebbe farlo pensare, in cui si allude all'esigenza di un più adulto e paritario rapporto affettivo: «Ma se invece di orchidea, mi avessi chiamata col mio nome — se avessi parlato di me senza menzogne: allora non sarei ridotta a strillare in terra come una bestia repellente». E ancora, a commento: «...le sembrava finalmente di aver capito la sostanza delle proprie disgrazie». Anche noi vorremmo aver capito; ma il libro sfugge a ogni presa, l'ambiguità genera capillar- Mgi mente, amebicamente, altre ambiguità. A cominciare già dalla struttura del racconto. Fìnge Siciliano di aver trovato in una cassapanca quattro quaderni scritti da mano ignota, in un tempo imprecisato, e di avervi letto, narrata in terza persona, la storia di Rosa. E' una storia dove il mondo esterno segue lo scarno tracciato di una sceneggiatura cinematografica, mentre ì dialoghi hanno la cadenza rapida, talora rimbeccante, di un duetto d'opera. Vittorio canticchia brani operistici, la voce di Rosa si liquefa spesso nei vocalizzi d'un soprano e, da un libro sfogliato, escono a sciami ariette del Metastasìo. La sostanza teatrale, recitata, traspare anche dal paesaggio, se perfino «l'aria d'estate pareva fissata con le spille nel cielo». L'insoprfbrtibile romanticismo della vicenda, scartate tutte le possibili declinazioni decadenti, compresi i neri archetipi settecenteschi, viene esorcizzato attraverso lo schermo del recitativo e della cabaletta, ed anche attraverso le parentesi ironico-riduttive dell'autore, le sue brevi po'stille alla lettura dei quaderni. E l'ironia non tocca ovviamente il destino di Rosa, che alla fine trova anzi la commossa partecipazione dell'autore, ma i modi di raccontarlo: è un atto di sfiducia nella capacità conoscitiva del romanzo, oggi, della possibilità di fare romanzo che non sia un'operazione di ricalco, deformazione, irrisione. E' un suggerimento^ di lettura che offriamo, non del tutto persuasi. Se queste erano le intenzioni dell'autore, avrebbe potuto trarre partito dal pastiche linguistico, datando e personalizzando comunque la scrittura dei suoi quaderni, giocando fino yn fóndo la trovata'del rinvenimento. I documenti conservano infatti, sostanzialmente, lo stesso timbro della «cornice». Anche se Siciliano ha pronta la giustificazione: i quaderni erano scritti in francese, ha dovuto tradurli. Lorenzo Mondo

Persone citate: Anna Karénina, Enzo Siciliano, Garzanti, Siciliano, Visconti