Portigliatti addita la teste Chepes: "Lei sa tutto ma non parla,, e i giudici ordinano un'indagine

Portigliatti addita la teste Chepes: "Lei sa tutto ma non parla,, e i giudici ordinano un'indagine Alla domanda finale; "Imputato, avete nulla da aggiungere?,, Portigliatti addita la teste Chepes: "Lei sa tutto ma non parla,, e i giudici ordinano un'indagine Colpo di scena al processo per la ragazza trucidata - La Corte, dopo la frase del giovane, entra in camera di consiglio ma, invece della sentenza, emette un'ordinanza: audizione di nuovi testi Il presidente: "Imputato, si decida a parlare. Ha un giorno e mezzo di tempo per pensarci" Colpo di scena al processo di Bijjpp Portigliatti, il giovane AL Giayéno' che uccls'é con 17 col'-' teliate l'amica Giovanna Aimo, nella sede del mensile Borsa dell'Arte. La Corte d'assise, dopo due ore e mezzo di camera di consiglio, non ha pronunciato la sentenza, ma ha disposto un supplemento di indagini, attraverso la citazione di alcuni testimoni: il vice questore Montesano, all'epoca dei fatti capo della .Mobile; i genitori della teste Margherita Lungo Vaschetto; la portinaia dello stabile dove si trova la Borsa dell'Arte; il perito calligrafo prof. Aurelio Ghio. L'udienza è stata aggiornata alle 10 di domani. Quali i motivi di questa improvvisa e inattesa decisione del presidente Luzzatti, del giudice Capirossi e dei sei giurati popolari? Difficile a dirsi. Un fatto è certo: il processo non ha dissipato le ombre e i dubbi che lo hanno avvolto fin dalle prime battute, i testimoni (Gilda Chepes, titolare della Borsa; i coniugi Tonti, amici della vittima; l'ex fidanzato, Toni Fatibene) non hanno portato chiarimenti, anzi, hanno aggiunto perplessità ai dubbi, zone d'ombra a quelle già esistenti. A questo castello di incertezze, Bruno Portigliatti ha dato il colpo di grazia ieri pomeriggio, quando il presidente prima di dichiarare chiuso il processo, gli ha domandato se avesse qualcosa da aggiungere. L'imputato — un giovane che vive in un mondo tutto suo, è autodidatta, si dichiara archeologo, giornalista, poeta e intenditore d'arte; ama molto parlare di sé, non rinun- eia alla battuta — ha detto: « Si, signor presidente. Mi sono messo in questo pasticcio senza averne colpa. Lei » e ha puntato il dito contro Gilda Chepes, che gli sedeva di fronte, sul banco del testimoni « sa molte cose, ma non vuol parlare ». ii Mi dica lei che cosa sa » ha insistito il presidente. ii Molte cose. Ad esempio, lei voleva che io ritirassi la denuncia contro l'Aimo (per l'episodio del sequestro, ndr.) e poi, c'è la faccenda delle sigarette, dell'hashish ». « Atlanti, si spieghi meglio, non rimanga nel vago » ha incalzato il dott. Luzzatti. Ma Bruno Portigliatti si è chiuso in se stesso, sembrava impaurito, non ha aggiunto altro. Domani il dottor Montesano dovrebbe riferire l'esito della perquisizione compiuta da due suol agenti nella casa dei genitori di Giovanna, un'ora dopo il delitto. Fu sequestrato il diario, che venne restituito due giorni dopo. La portinaia della Borsa dell'Arte, che sali nell'ufficio e trovò la giovane sfigurata dalle coltellate, riferirà su questa circostanza. Il perito Ghio dovrà forse decifrare altre lettere, altre pagine di diario. Verrà fuori finalmente la verità? Il presidente ha detto all'imputato: « Ha un giorno di tempo per riflettere. CI pensi bene. Venerdì si decida a dire tutto quello che sa ». L'udienza di ieri è incominciata con la deposizione di due amiche della vittima, Maria Teresa Ardusso e Cristina Rostagno. Avevano l'abitudine di andare a mangiare alla Borsa, con Giovanna. Dovevano dire se avevano già avuto occasione di vedere o di usare il coltello che servi al Portigliatti per uccidere l'amica. L'Ar- dusso ha detto di non ricordare, la Rostagno è stata categorica: « Non l'ho mai visto, noi non usavamo un coltello cosi per mangiare ». Ciò non significa che la piccola lama a serramanico non si trovasse in qualche cassetto delle scrivanie della Borsa. Il Portigliatti l'ha sempre sostenuto: « L'areno Disio altre volte, con due coltelli da cucina ». Il particolare ha il suo peso ai fini della premeditazione. Il perito calligrafico ha consegnato alla corte l'esito dell'esama compiuto sul foglio bianco del diario, sul quale sono rimaste le impronte di una lettera scritta dalla Aimo a un suo innamorato. Non è emerso nulla di importante. Sono frasi d'amore, c'è un patetico saluto: « Ciao, vado a dormire e mi porto il biglietto sotto il cuscino. Ti amo, è bello volersi bene castamente ». Nessun accenno alle minacce, alle paure, alle angosce che tormentavano negli ultimi tempi la giovane dipendente della Chepes. Ha preso quindi la parola il pubblico ministero dott. Marciante, che ha chiesto la condanna del Portigliatti a 20 anni di carcere, più 3 di libertà vigilata, tenuto conto delle attenuanti generiche e quella del risarcimento del danno. « Non ci sono dubbi » ha detto il p.m. « che l'imputato voleva uccidere, perché era stanco dt essere preso in giro da Giovanna, sentiva che gli sfuggiva, temeva, forse, che lo potesse ricattare per la storia della droga ». « Omicidio d'impeto, delitto di un ragazzo sull'orlo della disperazione », hanno sostenuto i difensori, avvocati Auberti e Monetti. ti Portigliatti si sentiva umiliato dal comportamento della Aimo, la ragazza che lui avrebbe voluto portare all'altare. Il coltello era quasi certamente nell'ufficio della Borsa, ma anche se il Portigliatti l'avesse avuto con sé, non cambierebbe nulla. Non voleva uccidere. Fu provocato dalla ragazza e non ci vide più ». L'imputato Bruno Portigliatti si difende: « Chi sa non vuole parlare » - Due testimoni: Maria Tonti e Gilda Chepes