Lavora un terzo degli italiani di Mario Salvatorelli

Lavora un terzo degli italiani Gli ultimi dati Istat Lavora un terzo degli italiani Gli occupati a fine gennaio erano 18 milioni 84 mila, il 33 per cento della popolazione - Il raffronto con il 1963 (Nostro servizio particolare) Roma, 27 marzo. Gli occupati in Italia a gennaio erano 18 milioni 84.000, quasi esattamente un terzo, il 33,2 per cento, della popolazione residente totale, che all'inizio di quest'anno era di 54 milioni 500 mila abitanti, in cifra tonda. Dieci anni fa, nel 1963, gli occupati erano di più, non solo in rapporto alla popolazione totale, ma anche in cifra assoluta: 19 milioni 996.000, il 39,6 per cento dei 50 milioni e mezzo di abitanti di allora. Agli occupati occorre aggiungere le persone in cerca di occupazione, per avere il totale delle fOrze di lavoro, la cosiddetta popolazione attiva, cioè quella che svolge un'attività comunque retribuita (autonoma o alle dipendenze altrui) o che sta cercando di svolgerla, come primo impiego o perché rimasta senza lavoro. Secondo 1 dati dell'Istituto centrale di statistica, comunicati oggi, in gennaio erano in cerca di occupazione 747 mila persone, ciò che porta il totale della «popolazione attiva» a 18 milioni 831 mila unità, il 34,5 per cento della popolazione totale. Dieci anni fa le persone in cerca di occupazione erano circa mezzo milione, il totale delle forze di lavoro di 20 milioni 470 mila unità, il 40,5 per cento della popolazione totale. Con due terzi d'italiani che oggi non hanno lavoro, almeno ufficialmente, né lo cercano, sarebbe necessario cbe il rimanente terzo si desse da fare, non diciamo per tre — perché tra i non lavoratorLsi contano anche i pensionati, che, almeno in teoria, dovrebbero essere al riparo dal bisogno — ma almeno come quando gli occupati erano il 40 per cento. Non è così per tutti, ed è questa una delle cause — anche se certo non l'unica — della crisi, perché se l'aumento della produttività non compensa il naturale e giusto miglioramento delle condizioni di lavoro, degli orari, ovviamente delle paghe, si cade nella recessione. E' questa la prima.osservazione che si ricava''dai' dati Istat. Le altre discendono-dalla diversa distribuzione delle forze nei tre settóri fondamentali, rispetto a dieci anni fa. Nel 1963 gli occupati in agricoltura erano 5 milioni 243 mila, nell'industria 8 milioni 361 mila, nei servizi, commercio, credito e pubblica amministrazione (il setto' re terziario) 6 milioni 362 mi la. Oggi in agricoltura lavorano appena 3 milioni 57 mila unità (e sono ancora troppe), nell'industria 7 milioni 943 mila, nelle altre attività 7 milioni 84 mila unità. Un confronto non più decennale, ma solo a distanza di un anno (gennaio 1973 su gennaio 1972) mette in luce una flessione di 194 mila unità in agricoltura (quindi la fuga dai campi è un po' rallentata nei nove anni precedenti il ritmo medio superava le 200 mila unità, ma è tutt'altro che cessata), una flessione di 101 mila occupati nell'industria e un aumento di 195 mila unità nel settore terziario Le persone in cerca di occupazione sono 13 mila in più Su quest'ultimo punto, il numero dei disoccupati, c'è divergenza di dati tra l'Istat e il ministero del Lavoro come capita spesso. Questa sera, infatti, il ministero del Lavoro e della Previdenza sociale co mimica, «sulla base di dati provvisori», che gli iscritti al la prima e 2" classe delle liste di collocamento (disoccupati già occupati, persone in cerca della prima occupazione) superano largamente il milione. In gennaio erano esattamente 1 milione 155 mila, con un aumento di 93.061 unità rispetto a dicembre (l'8,8 per cento in più), ma una diminuzione di 13.188 sul gennaio 1972 (pari all'I ,1 per cento in meno). Non solo quindi c'è divergenza con l'I- j stat sul numero dei disoccupati, ma mentre l'Istat parla di un aumento di 13.000 unità in un anno, il ministero parla di una quasi identica flessio- ne Mario Salvatorelli

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