Medici ha discusso con il governo d'Israele sulla difficile situazione del Medio Oriente di Arrigo Levi

Medici ha discusso con il governo d'Israele sulla difficile situazione del Medio Oriente Conclusi i colloqui del ministro degli Esteri a Gerusalemme Medici ha discusso con il governo d'Israele sulla difficile situazione del Medio Oriente L'ineontro con il presidente Shazar e il premier Meir - Abba Eban ha esposto le iniziative prese negli ultimi tempi per giungere a una "convivenza" con gli arabi - Medici sottolinea l'urgenza di avviare negoziati (Dal nostro inviato speciale) Gerusalemme, 27 marzo. Uno straordinario ricevimento al municipio di Gerusalemme ha concluso la seconda giornata della visita del ministro Medici in Israele. Gli ospiti, oltre un centinaio, rappresentavano tutte le collettività nazionali e religiose di Gerusalemme vecchia e nuova. In un'atmosfera molto cordiale, arabi ed ebrei, dignitari, sacerdoti e religiose di ogni culto hanno ascoltato, dal sindaco Kollek e dal ministro Medici, parole ed auspici di pace. Domani Medici inizierà due giornate di viaggi attraverso Israele. Oggi sì sono conclusi i suoi colloqui politici con ì governanti israeliani: questi hanno dimostrato — ci ha detto Medici — «una sostanziale volontà di ricercare condizioni che permettano, a distanza ravvicinata, un negoziato capace di condurre ad una convivenza pacifica con le altre popolazioni della regione». Medici aveva visitato stamane, molto commosso, il sacrario dedicato ai 6 milioni di ebrei uccisi nei campi di con¬ centramento. Aveva poi avuto successivi incontri con il ministro degli Esteri Eban, con il primo ministro Golda Meir e con il presidente della Repubblica Shazar. «Aiutateci a fare la pace» è la frase che quest'ultimo aveva rivolto al rappresentante dell'Italia. I colloqui hanno avuto come tema quasi esclusivo la crisi del Medio Oriente e le possibilità di un avvio di negoziati fra Israele e gli Stati arabi. Il governo italiano non intende assumere — ci ha detto ancora Medici — un «ruolo specifico» nella crisi, proponendosi .come mediatore. L'azione che il nostro paese può svolgere consiste nello stabilire contatti indiretti fra le parti, compiendo missioni di informazione ed esprimendo inoltre il proprio giudizio sulle tesi che ci vengono esposte. Ciò significa anche fare delle critiche. Con questo spirito, oggi Medici ci ha detto che «se c'è un punto debole nella posizione israeliana, è l'eccesso di sicurezza di essere nel vero». Per spiegare questo giudizio occorre riepilogare l'andamento dei colloqui. Questi si erano aperti ieri con ampia esposizione del ministro degli Esteri israeliano. Eban aveva riaffermato che Israele vuole andare oltre lo stato attuale di «non pace-non guerra», attraverso un negoziato; ma aveva intanto compiuto un'analisi nell'insieme ottimistica della situazione attuale, paragonandola a quella del 196970, quando era in corso la guerra d'attrito sul Canale di Suez. L'analisi di Eban è articolata iti vari punti. Anzitutto, egli fa osservare che è in atto una tregua, e l'esistenza di un sostanziale equilibrio militare fa ritenere probabile che essa continuerà. Il ritiro dall'Egitto dei militari sovietici nel luglio del 1972 ha assai ridotto la capacità bellica egiziana e quindi il pericolo di atti di guerra. La crisi si è «regionalizzata» e tutto fa pensare che i russi, preoccupati di non rendersi ostile l'America e bisognosi di buoni rapporti con l'Occidente, non vogliono affatto immischiarsi nuovamente a fondo nella crisi medioorientale. Contemporaneamente, il terrorismo, come fattore politico, è stato sconfitto. La convivenza fra gli israeliani e gli arabi in Israele e nelle zone occupate è un grande successo. I legami economici, anche con la Giordania, sono strettissimi, e la politica delle «frontiere aperte» praticata da Israele ha consentito lo scorso anno a quasi 160 mila arabi dei più diversi paesi di visitare liberamente tutto Israele e di trascorrervi periodi di turismo o di lavoro. «Tutto questo — conclude Eban — non è la pace e non lo scambiamo per la pace: ma può farci sperare che la situa¬ zione continui ad evolvere, poco alla volta, in modo favorevole, consentendo un graduale avvio di negoziati». In vista di questi negoziati, la posizione israeliana presenta qualche nuova idea. Anzitutto, la rinuncia alla richiesta di un riconoscimento formale d'Israele da parte dei governi arabi. Gerusalemme chiede ora soltanto il dialogo, il negoziato, senza pretendere riconoscimenti, seguendo cioè — ha detto Eban — l'esempio di «permissività giuridica» che ha consentito a Nixon di recarsi in Cina e di negoziare la pace nel Vietnam trattando con paesi che ancora non si riconoscono. Il secondo punto nuovo è che Israele distingue fra sovranità e controllo: ad esempio, ritiene necessario che rimanga un* «controllo» israeliano su Sharm el Sheikh (l'accesso al Golfo di Akaba e al porto di Eìlat) ma non parla di annettere Sharm el Sheikh: l'Egitto potrebbe cioè Arrigo Levi (Continua a pagina 2 in ottava colonna)