Suicida o ucciso per le scale? Tre donne sanno la "verità,, di Piero Cerati

Suicida o ucciso per le scale? Tre donne sanno la "verità,, Si riapre Pinchiesta sul misterioso "giallo,, ad Asti Suicida o ucciso per le scale? Tre donne sanno la "verità,, La vittima è un-carpentiere di 21 anni, trovato con il petto trapassato da un proiettile di pistola davanti all'alloggio della cugina - II marito della donna è finito in carcere, indiziato di omicidio - Una ragazzina dice però che il giovane s'è tolto la vita; una vicina sembra smentirla -1 periti avrebbero provato che il "suicida" non ha sparato (Dal nostro inviato speciale) Asti, 23 marzo. Calogero Lamattina, 21 anni, giunto ad Asti dieci mesi or sono da Campofranco (Caltanissetta), è trovato in fin di vita sulle scale del «casermone» di via Alfieri 403, dove abita la famiglia del cugino, Antonio, 26 anni, il 5 marzo. Un proiettile di «Beretta» calibro 9 gli ha trapassato il petto dal fianco destro e ei è conficcato in una porta. Trasportato all'ospedale, muore mezz'ora dopo, alle 11,30 circa. La polizia apre l'inchiesta. Vengono interrogati i vicini di Antonio Lamattina. Una ragazza di 14 anni, Concetta Cittarella, dice: «Ero sul pianerottolo, ho visto Calogero estrarre dalla cintola una pistola, puntarsela al fianco e sparare. L'ho soccorso, gli ho tolto di mano l'arma e ho messo la sicura. Lui mi ha detto: "Ridammela, che voglio morire". Allora sono corsa a chiamare Agnese». Agnese è la moglie di Antonio Lamattina, ha 24 anni, è sposata da 11 e ha tre figli: Calogero, di 2 anni; Giuseppe, di 5; e Francesca, di 15 mesi. Interrogata, la giovane dice: «Ho visto Calogero accanto alla ringhiera e mi sono messa a urlare, graffiandomi il collo e il volto. Poi ho preso la pistola». La polizia scientifica rileva tutti i dati, ma gli inquirenti sembrano non avere dubbi: suicidio. Il movente? Calogero Lamattina credeva di essere ammalto e doveva farsi ricoverara in ospedale; la sorella, Antonia, 23 anni, l'aveva cacciato da casa. Si era sentito solo e dimenticato, aveva deciso di morire. Ieri, i periti hanno consegnato il loro referto: la prova del «guanto di paraffina» esclude che Calogero Lamattina abbia sparato. La tesi del suicidio subisce un grave colpo; il sostituto procuratore Amato decide di riaprire l'inchiesta, si fa consegnare il fascicolo dalla «mobile» e spicca mandato di cattura contro Antonio Lamattina, cugino del «suicida». H giovane è indiziato come autore del delitto. Domattina, il magistrato formalizzerà il caso e lo passerà al giudice istruttore Bozzola. Su quali elementi ha basato il provvedimento il sostituto procuratore? Il segreto istruttorio non permette di conoscerli nei particolari, comunque sono emersi fatti nuovi oltre al responso dei periti. Tre donne e tre uomini sono i protagonisti di questo «giallo», il più misterioso dopo la tragedia di Maria Teresa Novara. Le donne sono la quattordicenne Concetta Cittarella, che «ha visto» il suicidio di Calogero e ha detto di essere stata così abile, malgrado l'età, da mettere la sicura ad un'arma da guerra; l'altra è Agnese Lamattina, cugina del «suicida», che ha ospitato il giovane per almeno tre ore prima della sua morte; la terza è Paola Rainero Maccagno, 56 anni, una vicina di casa dei Lamattina, che ha riferito di aver udito il colpo di pistola, di essere uscita sul pianerot tolo e di non aver visto nessuno. Poi, guardando verso l'alto «scorsi Calogero Lamattina a terra, presso la ringhiera delle scale, con le braccia composte. Muoveva ancora la testa, ha detto, ma per lui era finita. Mi voltai e vidi Agnese, la ragazza si portò le mani al volto e gridò: "Calogero si è sparato, aiuto"». E Concetta Cittarella? La Rainero dice di non averla vista. I tre uomini sono il «suicida», il cugino Antonio e uno sconosciuto; quest'ultimo, pochi minuti prima della rivoltellata fatale, avrebbe consegnato a Calogero Lamattina, per le scale del «casermone» il libretto della mutua. Chi sostiene la presenza di questo «terzo uomo» è Agnese Lamattina: «Concetta Cittarella — dice la giovane donna — vide un uomo che consegnava ro». Gli consegnò soltanto il «libretto» o qualcos'altro? La «mobile» indagherà su questo punto, che potrebbe rivelare un caso di sfruttamento delle braccia nel campo edilizio e consentire un nuovo risvolto nella soluzione del «giallo». Calogero Lamattina faceva il caipentiere, Antonio è manovale; erano impiegati in un'impresa di appalto; del titolare la polizia ha soltanto detto: «E' un pregiudicato». Ma c'è un altro particolare sconcertante. In tasca al «suicida» sono stati trovati, all'ospedale, due caricatori e nei calzini una manciata di proiettili, tutti di calibro 9. Eppure, quel mattino, Calogero vestiva pantaloni attillatissimi e un maglioncino: come poteva tenere addosso quel piccolo arsenale e in più una «Beretta» da guerra? Sorge il dubbio che l'arma gli sia stata consegnata poco prima del tragico sparo; ma da chi? C'è poi la dichiarazione dei- *A llb^-t^L^e^,^ì0J't, la madre di Calogero, giunta ad Asti dalla Sicilia per i funerali. «Mio figlio — dice la donna — è stato ucciso. I due cugini avevano litigato a Campofranco per questioni di bestiame. Non è vero che Calogero fosse malato e dovesse andare in ospedale». Queste parole sono smentite da Agnese Lamattina: «Mio marito voleva bene a k Calogero come ad un fratello». Resta il fatto che non è stato rintracciato il medico che avrebbe prescritto il ricovero in ospedale al giovane «suicida», né è stata trovata la documentazione medica. Oltre alle pallottole (42), nelle tasche di Calogero v'era soltanto un tubetto di «Noan», un tranquillante. Sin qui le indagini. Magistratura e squadra mobile hanno poi ricostruito le ultime ore di Calogero Lamattina. Il 5 marzo, il giovane arriva nel «casermone» di via Alfieri 403 alle 9,30. Fa freddo, sale lentamente le scale strette dove frotte di bambini si rincorrono a piedi nudi. Bussa alla porta del cugino. Agnese lo invita a entrare. Nella stanza vi sono un letto matrimoniale, un lettino, un vecchio comò, qualche sedia. I Lamattina stanno facendo colazione con pane e caffelatte («ci alziamo tardi», spiega Agnese). Calogero dice: «Sono venuto a lavarmi. Il medico mi manda in ospedale». Poi siede sul letto e resta taciturno. Poco dopo ripete: «Lo sapete che sono malato come la mamma, lo sapete» (la donna è stata due volte in casa di cura). Lo incoraggiano e l'invitano a bere un sorso di caffè. «Sono già stato al bar» risponde. La famigliola esce, i bimbi e i genitori si siedono su una terrazza a prendere un po' di sole. Li vede una zia (nel «casermone» abitano molti parenti dei Lamattina) e li invita «a prendere un caffè». Calogero intanto è solo nell'alloggio. Alle 9,50 circa esce e va incontro per le scale all'uomo misterioso che gli consegna «il libretto» (come dirà Agnese, riportando la testimonianza della quattordicenne Concetta); rientra verso le 9,55. Alle 11 ha finito di lavarsi, esce sul pianerottolo, scende mezza rampa di scala, e rimbomba il colpo di pistola che l'uccide. Lo vede Concetta, ora in ospedale perché colta da una crisi depressiva dopo la testimonianza, lo soccorre Agnese: la «Beretta» che ha sparato passa di mano in mano e si perdono le impronte digitali. Poi arriva anche Paola Rainero. Le tre donne hanno «sentito» e hanno «visto», ma tutte tre sembrano dare versioni contrastanti del «suicidio». Antonio Lamattina dice: «Quando Ca¬ logero s'è sparato, io ero da mia zia, a circa 200 metri di distanza dalle scale». Ora è in carcere, in attesa che la vicenda si chiarisca. Piero Cerati Ai A L Asti. Agnese Lamattina, moglie dell'arrestato, con il figlio in braccio (Foto Moisio) vmAmn Paola Rainero e Concetta Cittarella (Foto Moisio)

Luoghi citati: Asti, Caltanissetta, Campofranco, Sicilia