Inutile offendersi di Franco Maria Malfatti

Inutile offendersi La lettera del sabato Inutile offendersi La decisione italiana di non unirsi temporaneamente alla fluttuazione comune delle monete europee (salvo la sterlina inglese e quella irlandese) ha aperto un fiume di polemiche. La maggior parte a posteriori. Mi sembra che, in tanto polemizzare, vi sia comunque un dato positivo da registrare: tutti conveniamo che si debba operare in modo da rendere possibile al nostro Paese di ricongiungersi rapidamente al sistema posto in atto dagli altri Paesi europei. Il discorso si farebbe più costruttivo, per altro, se ci si soffermasse su questo punto. Spesso, invece, si preferisce lanciarsi in un processo di autoflagellazione, generalizzato e generico, che sembrerebbe voler rimettere in discussione quanto meno la credibilità della scelta europea dell'Italia, se non la scelta stessa. La scelta europea Ora non c'è dubbio che non da oggi esistono ostacoli e rischi obiettivi per concretare ogni giorno nei fatti, nelle strutture, nei metodi, nella stessa concretezza del discorso politico, la nostra scelta europea. Come non è da dubitare che si impone un lavoro intenso di aggiornamento e di revisione che coinvolge tutti, governo e opposizione, partiti e sindacati, l'amministrazione dello Stato come i centri privati di decisione. E' inutile scandalizzarsi, ad esempio, se un funzionario della Comunità registra che le riunioni di governo, da noi, sui fatti europei sono state in questi anni scarse rispetto a quelle dei nostri partners. Se è vero, si tratta solo di migliorare metodi e procedure, non di offendersi. Ma più in generale essendo vitalmente vero che l'asse della strategia democratica per lo sviluppo italiano è e resta l'Europa, ne consegue che ritardi e contraddizioni, come forme di apartheid culturale, di neoWolazionismo, di astrattezza se non d'indifferenza che dovessero manifestarsi, debbono essere colpiti con precisione e con durezza. Ed è qui che un'azione coerente per fare dell'Italia un Paese avanzato e moderno si salda naturalmente con il nostro impegno per fare l'Europa e non una Europa purchessia ma il continente della libertà e della giustizia, che sappia trovare risposte adeguate alle tensioni e alle inquietudini del nostro tempo, specie dei giovani, che sappia rimediare agli assurdi del progresso materiale quando esso ferisce la crescila umana e civile dei nostri popoli; che sappia esprimersi nel mondo con una voce unica di umanità, di equilibrio e di ragione. Si tratta, però, di non lasciare il discorso sospeso nel limbo delle buone intenzioni ma di portare avanti una concreta azione politica. Noi siamo tra quelli che hanno considerato la trasformazione della Comunità in unione economica e monetaria non solo come una grande scelta politica, ma prima ancora come una necessità per i nostri Paesi. 11 manifestarsi drammatico della crisi monetaria internazionale prima nel maggio del 1971 e poi nell'agosto con le decisioni di Nixon ne fu la prima, puntuale, clamorosa conferma. In fase di negoziato e di conscguente cambiamento della Comunità da sei a nove, non si potevano operare, ovviamente, le scelte di fondo operative per questa trasformazione. Oggi tali remore sono cadute. Ed è per questo che annettiamo una grande importanza agli obiettivi ed al calendario stabiliti dal vertice di Parigi. Che vogliamo? E' il caso, ad esempio, del fondo europeo di cooperazione monetaria. Numerosi sono gli impegni solenni presi al riguardo, dal consiglio nel marzo del 1971, numerose volle dai ministri delle finanze e degli Esteri, per ultimo dal vertice stesso. Ora è evidente (e ne fanno fede le proposte del!:1, commissione e prima ancora le proposte del professor Triffin fatte per conto del comitato per gli Stali Uniti d'Europa di Jean Monnel) che la logica slessa di questo strumento pone il pioblema delle risorse di cui sarà dotato al fine di renderlo sul serio adeguato alle sue finalità. Come è il caso del mercato europeo dei capitali. Il problema non è di versare lacrime perché esso non è stato ancora realizzato. 11 problema c sapere cosa vogliamo,come si può pervenire a deci-sioni rapide in sede comunitaria. Per la politica regionale bisogna uscire fuori al più presto dall'età esigenziale. Come ha detto Heath a Parigi, la politicaregqumuchunciale la deloprfipralqumnogiunobdeesuravRpsicoddnpgesioripetrtampdpgpsdbpsgptridddmLn regionale «è il solo modo con il quale potremo, in quanto comunità, correggere gli squilibri che si presentano sulla via della unione monetaria». Noi non abbiamo mai enunciato formule astratte secondo le quali è solo a partire dalla raggiunta omogeneizzazione delle economie dei Nove e delle loro congiunture che si potrà procedere sul terreno monetafio. E' evidente che le scelte del prossimo futuro (basti pensare al polo monetario europeo nel quadro della riforma del sistema monetario internazionale) non possono attendere il raggiungimento degli obicttivi di un decennio. Ma abbiamo richiamato tre obiettivi precisi per l'azione del prossimo futuro a titolo di esemplificazione di quanto è urgente concretare per portare avanti la costruzione europea. Rispetto a questa costruzione è perfettamente inutile interrogarsi intorno ad una scelta che consideriamo irrevocabile. C'è da rilanciare piuttosto nei metodi, nei programmi, nell'azione il nostro europeismo che non si può fermare alle enunciazioni generali ma che deve concretarsi continuamente nelle scelte operative. E' proprio il calendario del vertice di Parigi che ci pone un calendario interno estremamente impegnativo, si tratti di passaggio alla seconda tappa dell'unione economica e monetaria (con i conseguenti problemi in materia di bilancio, di politica congiunturale e di programmazione, di politica regionale, di politica fiscale), di politica industriale comune (basti pensare al grosso problema dell'apertura dei mercati pubblici), di politica agricola o di politica sociale. E' su questi temi concreti che si porta avanti il nostro impegno, che si superano i nostri punti di debolezza e che si contribuisce a superare i punti di debolezza europei. E', questo, del resto, il solo modo per fare dell'Italia un Paese avanzato e moderno e per fare l'Europa. Franco Maria Malfatti

Persone citate: Jean Monnel, Nixon, Triffin