Nuovo Bramieri, vecchio show

Nuovo Bramieri, vecchio show LA CRONACA DELLA TELEVISIONE Nuovo Bramieri, vecchio show L'avvio della rivista del sabato: il comico è bravo, ma non basta - "Moby Dick", originale allestimento di Quartucci Siamo alla partenza di uno show. Hai visto mai?, che andrà avanti per otto settimane. Dicono che i paragoni non siano simpatici. Ma sono inevitabili. E non ci si può sottrarre ad un confronto tra la prima puntata de L'appuntamento con Walter Chiari e la Vanoni e l'esordio di questa rivista che ha per comico Gino Bramieri e per vedette Lola Falana. De L'appuntamento avevamo dato subito un giudizio francamente favorevole. Con tutti i limiti e tutti i difetti, la rivista s'era presentata molto bene, con vivacità, con spirito, con ottime trovate coreografiche di Don Lurio realizzate in modo egregio da Antonello Falqui. La Vanoni aveva il suo sfogo di canzoni, ma serviva anche da « spalla » a Walter Chiari il quale, sia pure aggrappandosi al repertorio di ventanni fa e tendendo sempre ad una loquela torrentizia, era in gran forma, controllato dal regista e inserito nello spettacolo. Risultato: si rideva, ci si divertiva, potevano esserci momenti più o meno felici, ma momenti noiosi neppure uno. Con Hai visto mai?, la musica è assai diversa siatno su un altro piano, inferiore, di varietà più tisuale, più ricalcato sulla tradizione dove non si rilevano evidenti sforzi per escogitare delle trovate e per mettere insieme un copione. C'è un comico? Ci si affida al comico, alle sue tirate, alla sua mimica, specialmente alle sue barzellette. Sulle spalle di Gino Bramieri gravano i tre quarti dello show: egli li sostiene con l'abituale disinvoltura, ma non basta. Sotto passati, crediamo, i tempi in cui una rivista, ballerine a parte, era una faccenda personale dell'attore, il quale per così dire si esibiva in una passerel¬ la ininterrotta. Oggi — ci riferiamo alla tv. ma lo stesso discorso dovrebbe funzionare per il teatro — attorno all'attore, sia pure bravo, sia pure di nome, ci vuole uno spettacolo con delle idee e un testo. Come è successo per Walter Chiari, protagonista ma non mattatore di un programma che aveva an che altri punti dì forza. Qui il copione è debole, l'umorismo è spesso sforzato, qua e là cadono intervalli di stanchezza. Per ora Bramieri con la sua meneghina cordialità (che s'adattava più alla ciccia di una volta che alle ossa attuali...) spedisce avanti il baraccone aiutato dagli ancheggiamenti di Lola Falana. Quello che ci preoccupa è il particolare delle otto puntate... Otto puntate sono veramente tante, sono troppe... Non si poteva fare qualche numero in meno? * * Diciamo la verità, quando l'anno scorso abbiamo ricevuto l'annuncio di una rielaborazione televisiva del Moby Dick di Melville, ci siamo sentiti rizzare i capelli sulla testa; e quando abbiamo saputo che la rielaborazione sarebbe stata effettuata in studio — uno studio di Torino — abbiamo provato un qualcosa che assomigliava al raccapriccio. Ieri, in concorrenza con la rivista, è stata trasmessa la puntata di debutto. Siamo alle solite: è imbarazzante parlare di una cosa di cui si è vista una piccola parte (il Moby Dick è in quattro puntate), comunque proveremo ad annotare alcune impressioni. Lo sceneggiato, all'inizio, era stato ideato per la tv dei ragazzi, poi lo si è destinato agli adulti, di sera: opportunamente perché non ci sembra che sia un tipo di spettacolo accessibile ai ragazzi (i quali potrebbero forse capirlo meglio se fossero lì, in studio, coinvolti, e non di qua dal teleschermo, separati da una barriera invalicabile). Inoltre per potersi accostare allo sceneggiato di Roberto Lerici occorre conoscere, diremmo piuttosto bene, il libro di Melville. Cos'è accaduto in quest'esordio? Una rappresentazione teatrale sui preparativi del viaggio: Ismaele, il gigantesco fiociniere, l'equipaggio indaffarato, e alla fine la grinta drammatica del capitano Achab... Si adoperano gli scenari molto belli e molto funzionali di Eugenio Guglielminetti, grandi disegni, spezzoni cinematografici di mare agitato, siparietti, canzoni, musiche... E' una rappresentazione che si ispira al romanzo di Melville come un balletto si ispira a « Giulietta e Romeo » di Shakespeare: è una variazione, una fantasia, un gioco... Il testo originale bisogna dimenticarlo: e al tempo stesso è necessario averlo sempre — come dire? — a portata di mano per seguire questa « commedia » scanzonata e libera. Il regista Carlo Quartucci ha fatto giostrare senza un attimo di sosta le squadre di attori sulla nave-palcoscenico e ha costruito uno spettacolo di continua ed estrema tensione, esasperata e scoppiettante, quasi in contrasto con la cupa e poetica solennità di Melville: ma alla lunga, questo clima di esaltazione ha finito con lo stancare, e le grida e le urla di tutti i personaggi sono risultate prive di giustificazione... Ad ogni inodo non siamo che alla prima puntata, sarà con le prossime che ci renderemo conto delle effettive dimensioni e significati di un tentativo rischioso ma interessante. u. l,z.

Luoghi citati: Torino