C'è qualcuno alle spalle dell'avvocato che ha spiato le telefonate delTAnas di Guido Guidi

C'è qualcuno alle spalle dell'avvocato che ha spiato le telefonate delTAnas Lo ha ammesso lo stesso Giorgio Marino Fabbri C'è qualcuno alle spalle dell'avvocato che ha spiato le telefonate delTAnas Ma il legale ha detto ai giudici che non ne farà mai il nome: "Piuttosto mi faccio ammazzare", avrebbe confidato - Malgrado gli interrogatori quasi ininterrotti, la figura di Fabbri rimane misteriosa - Dice di avere agito "a fine di bene", ma il barista Di Pietrantonio l'accusa d'aver guadagnato miliardi vendendo le cifre delle aste "carpite" con le intercettazioni - Perché il giudice ha di nuovo rinviato l'ascolto delle bobine con le telefonate di Chiatante (Nostro servizio particolare) Roma, 17 marzo. Giorgio Marino Fabbri avrebbe agito per conto di un mandante. L'avvocato (due interrogatori nella stessta giornata: uno al mattino sino alle tre del pomeriggio, uno alla sera sino a notte inoltrata) ha ammesso, finalmente, che quella di intercettare le conversazioni dell'ingegner Ennio Chiatante nell'ufficio di direttore generale dell'Anas non è stata una sua iniziativa personale soltanto e che « qualcuno » esiste dietro di lui. Ma tanto perché nessuno (e tanto meno il consigliere istruttore, Achille Gallucci, e il giudice istruttore, Renato Squillante) possa farsi molte illusioni si è affrettato ad aggiungere che insistere su questo argomento sarebbe, comunque, uno sforzo assolutamente inutile: nomi o indicazioni valide non ne farà mai. Ad un amico avrebbe addirittura confidato questo proposito: « Piuttosto mi faccio ammazzare ». Tutto quello che Fabbri può dire è di avere agito «a fin di bene » per richiamare l'attenzione della giustizia sugli illeciti all'Anas e di non avere mai pensato a ricattare l'ingegner Ennio Chiatante, tanto che gli offrì in vendita le bobine con la registrazione dei colloqui, ma avvertendo nello stesso tempo la guardia di finanza in modo da «prenderlo con le mani nel sacco ». Chi è Marino Giorgio Fabbri? I primi a porsi l'interrogativo, senza sinora avere trovato una risposta plausibile, sono i due magistrati giunti ormai al quinto incontro con il personaggio. Ha cinquant'anni, è di origine Sanmarinese. Ufficialmente è avvocato, ma da tempo si dedica agli affari; è appassionato di ippica e di auto sportive (ne possiede tre di grande cilindrata), ha una moglie che sinora è riuscito a far rimanere nell'ombra in questa storia, un figlio di 15 anni, abita ai Farioli, ha una villa in montagna al Terminillo per l'inverno ed una a Santa Teresa di Gallura, in Sar- degna, per l'estate: un menage da persona che ha notevoli disponibilità finanziarie. Il suo accusatore, Nicola Di Pietrantonio, gli attribuisce ingenti guadagni, somme da capogiro vendendo le cifre segrete delle gare d'asta per i lavori dell'Anas ricavate attraverso le intercettazioni dei colloqui dell'ingegner Chiatante: due miliardi, forse tre. « Signor consigliere — avrebbe obiettato al giudice Gallucci, che gli ha contestato questa circostanza —, ma se davvero avessi guadagnato tanto sarei venuto qui a portarle le bobine e mi sarei rivolto alla guardia di Finanza per far cadere in trappola il direttore generale dell'Anas? ». Per dimostrare la fondatez- za della sua obiezione, Marino Giorgio Fabbri ha ricordato tré episodi: una volta gli è andata male la gestione del centro di assistenza dell'Aci in piazza Sassari a Roma, un'altra 'volta si è visto portare via alcuni milioni da due soci in una impresa di autonoleggio, una terza, infine, quando è fallito con il suo albergo al Terminillo. « La verità è che — sembra essere stato il commento di Fabbri — ho voluto vederci chiaro nell'attività dell'Anas dove tutti potevano arricchirsi soltanto a due condizioni: essere raccomandati e essere disposti a pagare una tangente ». Chi è dunque, Marino Giorgio Fabbri? Dopo cinque interrogatori, i magistrati non hanno l'impressione di essere riusciti a stabilirlo ed è per questo che stanno trascorrendo intere giornate con lui per ascoltarlo e per studiarlo meglio. Hanno persino messo da parte la legittima curiosità di controllare il contenuto delle 50 e più bobine che l'avvocato ha portato a Palazzo di Giustizia ieri mattina e che, tutt'al più, saranno catalogate uno dei prossimi giorni, quando arriverà il registratore adatto per i nastri usati da Fabbri. Come dire, cioè, che le bobine « esplosive » per il momento sono destinate a rimanere mute chiuse in un pacco, sistemate in un armadio vigilato, giorno e notte, da due carabinieri. (Qualcuno dice, in verità, che per il momento il consigliere Achille Gallucci trascuri le bobine perché se si imbattesse, ascoltandole, in qualche ministro o qualche ex ministro sarebbe costretto a chiudere subito l'indagine e trasmettere il fascicolo con i nastri al Parlamento, perché cosi prevede la legge). Sul conto di Fabbri si affaccia un'ipotesi in apparenza molto romanzesca, ma sulla quale i magistrati sembrano avere fatto un pensiero. Che cioè oltre all'avvocato di San Marino in questa storia esista un altro personaggio, che, all'insaputa di Fabbri, avrebbe utilizzato le bobine per obiettivi molto diversi da quelli di semplice lucro. In sostanza: Fabbri ha detto d'essere lui quel « Pontedera » che cercò di mettersi in contatto con l'ingegner Chiatante per vendergli le bobine, dopo avere avvertito la guardia di finanza che il direttore generale dell'Anas intendeva acquistare la prova dei suoi illeciti. Ma il barista Nicola Di Pietrantonio sostiene che Fabbri non soltanto ha cercato di ricattare l'ingegner Chiatante, ma ha anche venduto ai titolari delle imprese le cifre segrete per vincere le gare d'appalto captate ascoltando con una radio-spia i colloqui di Chiatante nel suo ufficio all'Anas e guadagnando così due o tre miliardi di lire. Mentre il consigliere istruttore si affanna a risolvere l'«enigma Fabbri» (conta di interrogare anche Gaetano Ranno, che dell'avvocato è stato un collaboratore, ma il personaggio, anche lui, è scomparso come tanti), il sostituto procuratore della Repubblica, Sica, ha proseguito oggi la indagine che gli è stata trasmessa dal pretore Luciano Infelisi. Ha interrogato il tecnico della Sip, Marcello Micozzi, che per 50 mila lire sistemava le radiospie su indicazione di Tom Ponzi e degli altri investigatori. Gli ha contestato anche il reato di corruzione. Guido Guidi Roma. Giorgio Marino Fabbri dopo l'interrogatorio (Sorci)

Luoghi citati: Pontedera, Roma, San Marino