Come la lira è stata difesa di Mario Salvatorelli

Come la lira è stata difesa Reazioni alle decisioni monetarie di Bruxelles Come la lira è stata difesa Malagodi non ha nascosto tuttavia la sua delusione sui risultati dell'incontro - Il mancato potenziamento del Fondo di cooperazione (Nostro servizio particolare) Roma, 12 marzo. « Noi abbiamo salvaguardato — ha' detto il ministro del Tesoro, Malagodi, rientrando nel primo pomeriggio a Roma da Bruxelles con il governatore Carli — nel miglior modo possibile, date le circostanze, la nostra moneta contro la speculazione internazionale, di qualunque provenienza, e ci siamo così tenuta aperta la strada per continuare all'interno quel lavoro di costruzione sociale ed economica che è indispensabile ». Malagodi non ha nascosto, tuttavia, la sua delusione sui risultati dell'incontro di Bruxelles. Infatti, ha detto: « Per quanto riguarda i rapporti inter-europei, l'Italia aveva avanzato proposte flessibili e realistiche al tempo stesso. La Commissione non era lontana dalle nostre proposte e così, sia pure in altra forma, la Gran Bretagna. Gli altri Paesi, invece, hanno preferito limitarsi per il momento alla creazione di un nuovo "serpente", senza quell'attivazione del Fondo di cooperazione monetaria europea che noi proponevamo — ed anche la Commissione proponeva — sia per quanto riguarda le risorse e la messa in comune delle riserve, sia per quello che riguarda la sua capacità operativa. Da questo punto di vista non vi è stato quel salto di qualità che noi auspicavamo, anche se si è accresciuta la coscienza della sua necessità e se gli studi per giungervi continueranno nei prossimi giorni». Il Fondo di cooperazione monetaria europea, com'è noto, dovrebbe partire da 10 miliardi di dollari — più esattamente di « unità di conto » — che equivalgono al «vecchio» dollaro (quello a 625 lire e a 35 dollari l'oncia d'oro-fino) per arrivare gradualmente a 40 miliardi di dollari, cifra che non è ancora l'equivalente della messa in comune di tutte le riserve della Comunità europèa allargata, ma ci si avvicina di molto. Malagodi e Carli sono, da tempo, sostenitori di questo Fondo comune; perché lo considerano la « carta vincente » nella lotta contro la speculazione internazionale, non contro il dollaro, inteso come moneta degli Stati Uniti, ma contro quei dollari che non sono in possesso del governo americano ma si trovano fuori dagli Usa e vengono usati come massa di manovra — da chi li possiede — per trarne il massimo utile, Tra i detentori di « eurodollari», Malagodi e Carli hanno più volte insistito nel ricordare che si trovano, in prima linea, i Paesi produttori di petrolio le cui « royalties » stanno crescendo di anno in anno e sono destinate a raggiungere, entro questo decennio, un valore complessivo di 150-200 miliardi di dollari. Ogni anno, ogni mese perduto prima di giungere a una riforma del sistema monetario internazionale (a una nuova «Bretton Woods») quanto meno a misure comuni per disciplinare il mercato degli « xeno-dollari », aggrava la situazione. Il cambio « fluttuante » può essere un primo passo, perché toglie alla speculazione quella « sicurezza minima » che le era data dal fatto di poter puntare sul rialzo, cioè sulla rivalutazione, di questa o di quella moneta (acquistandola in cambio di dollari), con la certezza, nella peggiore delle ipotesi, di perdere solo qualche giorno d'interessi sui capitali investiti e la commissione della transazione effettuata. Ma non basta. Infatti, a Bruxelles, gli europei hanno chiesto agli Stati Uniti di fare qualcosa per rendere meno instabile il cambio fluttuante, cioè di intervenire anch'essi sui mercati per difendere il loro dollaro. Pare che la richiesta abbia ottenuto un « benevolo interessamento », che sarebbe già un progresso di fronte al « benevolo disinteresse » mostrato finora. Ma le proposte, da quanto si può sapere da Bruxelles, non sono molto efficaci, come quella di controllare le « tesorerie » delle società multinazionali. La crisi monetaria — da quanto si afferma questa sera a Roma — sta funzionando come « cartina di tornasole », per portare a galla altri grossi problemi che il mondo occidentale si trova ad affrontare: la riforma del sistema di Bretton Woods, costruito subito dopo la guerra e ormai più che superato; l'aggressività delle economie della Germania Occidentale e del Giappane (e la prima non è molto inferiore alla seconda); il petrolio, che già vent'anni fa veniva indicato come una fonte di energia capace di mettere il mondo occidentale in crisi e che avrebbe dovuto essere sostituito da altre fonti di energia, mentre non è mai stato necessario come oggi. gnxFrgngdpcr I prossimi incontri in programma sul calendario internazionale monetario, da Bruxelles a Parigi, dal Gatt al Fondo monetario, si muoveranno, in sostanza, su tre grandi linee: la riforma monetaria internazionale a lunga scadenza; uno « stralcio » di riforma a breve termine, per risolvere le tempeste ricorrenti; gli scambi e le tariffe doganali. Mario Salvatorelli