La folla triste e silenziosa ha seguito la bara della diciottenne morta sull'auto dei banditi di Giuliano Marchesini

La folla triste e silenziosa ha seguito la bara della diciottenne morta sull'auto dei banditi Tutto un paese, Colze di Monte Galda, ai funerali di Maria Luisa La folla triste e silenziosa ha seguito la bara della diciottenne morta sull'auto dei banditi E' intervenuto anche il ministro Rumor con le autorità civili e religiose - Un tappeto di fiori sulle strade del corteo funebre Oggi a Vicenza le esequie dell'altra donna vittima innocente dei rapinatori - Le indagini proseguono - Pare certo che vi sia un quinto complice, il "basista" - Chi erano i fuorilegge: gente decisa a tutto che rapinava per scialare poi nei "night club" (Dal nostro inviato speciale) Vicenza, 12 marzo. Adesso è quasi tutto finito. Restano lo sgomento, l'orrore per la tragedia che ha travolto le due donne prese in ostaggio e rimaste uccise con i tre rapinatori a bordo dell'auto della polizia. Questo pomeriggio, a Colze di Monte Galda, si sono svolti i funerali di Maria Luisa Vettore, una delle due vittime innocenti della forsennata impresa banditesca. Un intero paese attorno ad una bara portata lentamente per le vie anguste, un tappeto di fiori acceso dal sole. E' intervenuto il ministro dell'Interno Rumor, c'erano il prefetto di Vicenza, Tito Biondo, il vescovo ausiliario monsignor Fanton, molti altri rappresentanti della città. Durante il rito è stato letto un messaggio che recava il profondo dolore del Papa. Poi, la lunga fiumana di gente si è snodata fino al piccolo cimitero della frazione. Diciotto anni, Maria Luisa Vettore era impiegata presso lo studio di un noto commercialista vicentino. Era graziosa, slanciata, un volto disposto al sorriso, uno di quelli che catturano simpatia al primo incontro. Trascorse le ore d'ufficio, infilava frettolosa la strada che conduce alla fermata del pullman, per rientrare in paese. I quattro fratelli sono sposati, lei era la più giovane e viveva insieme con il padre Vittorio e la madre Ermenegilda Carlan. E c'era un fidanzato, che spesso l'attendeva all'arrivo della corriera: Giovanni Lotto, 23 anni, un tecnico- che fequenta dei corsi di specializzazione. I funerali dell'altra donna, \ Edda Fantin, avranno luogo domani nella chiesa vicentina di S. Bertilla. Trentacinquenne, Edda Fantin era divorziata, era stata sposata soltanto un mese. Abitava in un modesto appartamento in via Divisione Julia con i genitori, Giovanni di 71 anni e Rosetta, settantenne. Da circa otto anni lavorava come commessa i presso la ditta dei fratelli Vicario. E nonostante il velo di j malinconia per la brevissima esperienza matrimoniale, si era sempre" dimostrata una donna energica, risoluta. For- se proprio per questo i banditi l'avevano scelta per fare da scudo al loro tragico tentativo di fuga. Le indagini sul tremendo episodio sono ormai alla conclusione: si tratta di mettere insieme i 'brandelli di una impresa che s'è sfasciata dopo pochi chilometri di corsa vertiginosa. Sul momento non era nemmeno possibile identificare i rapinatori, nell'allucinante groviglio di corpi rimasti tra i pezzi della vettura, squarciata come se fosse stata nel mezzo di un'esplosione. Ma attraverso le impronte digitali inviate alla polizia scientifica di Roma, si è giunti rapidamente ai nomi dei protagonisti. L'unico superstite è Narciso Fraccaro, 23 anni, nativo di Bassano del' Grappa, arrestato ieri pomeriggio dagli agenti della squadra mobile a Milano. E' l'uomo che aveva avuto l'incarico di guidare la macchina con cui i malviventi sono giunti sul luogo della rapina, di fare da «palo» mentre i complici davano l'assalto al laboratorio di oreficeria. Narciso Fraccaro ha abbandonato precipitosamente il suo posto di «osservazione» al sopraggiungere delle pattuglie di polizia, messe in allarme dall'angosciosa telefonata al 113. E' fuggito per un tratto con la vettura dei compagni, poi s'è ingolfato nell'intenso traffico della città, ha proseguito a piedi fino a raggiungere la sua auto personale. Ma lungo l'autostrada per Milano è rimasto bloccato di nuovo, ha completato il viaggio facendo l'autostop. Con ogni probabilità, Narciso Fraccaro aveva fallito anche nel compito che gli era stato assegnato: non aveva avvertito i tre banditi dell'imminente arrivo degli agenti, incalzato dal terrore aveva pensato soltanto a tentare di mettersi al sicuro. Lo hanno sorpreso i poliziotti nella sua abitazione, s'è lasciato condurre via senza un gesto, una protesta. Durante il viaggio da Milano a Vicenza, appariva stravolto. Pare abbia ammesso di avere accompagnato i rapinatori fin davanti al laboratorio di oreficeria. Narciso Fraccaro risulta incensurato, non figurerebbe alcuna pendenza a suo carico. Uomini disposti a tutto, a pronti a spianarsi la strada con le pistole o con i mitra: Michele Greti, trentenne, nativo di Galatina in provincia di Lecce, ex agente radiato dalla Pubblica Sicurezza per indegnità, sul conto del quale gli inquirenti mettevano una fila di quindici rapine; Oreste Melatini, 21 anni, proveniente da Montecassiano (Macerata ), anch'egli ritenuto responsabile di una sequenza di furti e rapine, descritto come un «duro»; Guido Perolini, ventiduenne, di Crema, più volte caduto sotto gli sguardi dei funzionari di polizia. Michele Cretì avrebbe fatto parte anche della «banda Barbaro», piuttosto nota a Milano. Gente che passava dalle musiche soffuse dei night club, dagli ambienti «addobbati» di donne inqiuetanti, all'uso spavaldo delle armi, alla scorreria. Questi tre uomini, con l'aggiunta di Narciso Fraccaro, progettano la rapina del sabato: probabilmente si propongono di trascorrere un frenetico weekend con un mucchio di denaro da sperperare in un angolo della Costa Azzurra o in un'altra località mondana. E si presentano nel laboratorio dei fratelli Vicario con i passamontagna calati sul viso, le pistole calibro 7.65 in pugno: «State fermi tutti, non fate scherzi, e stendetevi a terra». Davanti a quelle canne puntate ci sono Maria Luisa Vettore, Edda Fantin e altre dieci persone, ammutolite, gli occhi sbarrati. Si mettono tutti bocconi sul pavimento, poi comincia l'ossessionante attesa. Un'ora e cinquanta minuti di terrore. I banditi che insaccano i lingotti d'oro, senza fretta, poi il grido delle sirene della polizia che di lontano rompe il silenzio. Sembra la fine di un incubo, invece è l'inizio della tragedia: la lunga snervante trattativa tra i rapinatori e i dirigenti le forze dell'ordine che attorniano l'edificio, mentre una folla sgomenta si è radunata poco distante infine la decisione dei banditi di tentare la fuga con la «Giulia» della polizia,portando con sé le due donnein ostaggio. L'impiegata e la. commessaescono davanti agli uomini incappucciati, sospinte dalle pi-stole. Deve sembrar loro in-credibile di essere cosi prigio-niere con tanta gente intorno,Maria Luisa Veitore ha il viso disfatto, si guarda d'attorno inebetita e tiene-le mani con- giunte come se stesse mandando nel vuoto una supplica. Un secco richiudersi di portiere, poi la macchina prende d'infilata la strada. Lungo la statale per Verona, che i banditi imboccano a tutta velocità, vengono dislocate due ambulanze. Qualcuno ha l'impressione che vetture con targa civile, con a bordo degli agenti, si siano poste all'inseguimento. Ma la polizia smentisce questo particolare. C'è un ordine preciso ve¬ nuto dal ministero dell'Interno: «Salvare gli ostaggi a qualsiasi costo». Si dice, quindi, che qualche vettura segua ad una certa distanza quella dei rapinatori nella speranza che si decidano ad abbandonare sulla strada le due donne. Ma tutto è inutile. I banditi stanno compiendo l'ultimo tratto di una corsa pazza sul filo dei 180 all'ora, incontro alla morte. Giuliano Marchesini \ Vicenza. Narciso Fraccaro, condotto in Questura (Moisio)