Tre operai morti in un pozzo dopo una ménta di 100 metri

Tre operai morti in un pozzo dopo una ménta di 100 metri La sciagura in provincia di Catania Tre operai morti in un pozzo dopo una ménta di 100 metri Due delle vittime erano padri di due bambini - Si è spezzato l'asse dell'argano che portava in superfìcie il montacarichi (Nostro servizio particolare) Catania, 9 marzo. Tre operai dipendenti da una ditta specializzata in ricerche idriche hanno perduto la vita precipitando, per il guasto del montacarichi, da oltre cento metri di altezza. Si sono sfracellati alla base del pozzo, profondo 180 metri, da dove stavano risalendo. Le vittime sono: Salvatore La Giglia, di 33 anni, padre di due bambini di 8 mesi e 3 anni; Filippo Pappalardo, di 46 anni, anch'egli sposato e padre di due bambini di 8 e 10 anni, e Antonio Paraguso, di 27 anni, celibe. Il La Giglia e il Pappalardo erano zio e nipote. La sciagura è avvenuta in contrada Panella, a tre chilometri da Linguaglossa (un paese di 9000 abitanti sul versante nord-est dell'Etna, a 50 chilometri dal capoluogo). I tre uomini, ultimato il loro turno di scavo (in fondo al pozzo si apre una galleria lunga circa un chilometro per convogliare l'acqua) al momento di risalire alla superfìcie avevano preso posto su un rudimentale montacarichi. L'argano era azionato da un quarto operaio, Salvatore Paraguso, di 28 anni, cugino di Antonio Paraguso morto nell'incidente. Avvertito dal basso, il Paraguso metteva in moto il motore a scoppio. Per alcuni minuti la piattaforma con sopra i tre uomini saliva lentamente verso l'alto; all'improvviso, però, quando il montacarichi si trovava a meno di 80 metri dalla superficie ed a oltre cento metri dal fondo del pozzo, l'asse dell'argano che tratteneva la corda si spezzava e il montacarichi precipitava nel fondo della voragine trascinandosi appresso i tre operai. A Salvatore Paraguso giungevano, dall'abisso, le urla strazianti dei poveri operai che stavano precipitando. Il giovane scendeva allora nel pozzo servendosi della scala a pioli, ma giunto sul fondo gli bastava dare un'occhiata ai tre amici per mezzo di una torcia elettrica per capire che per loro ormi' non c'era più nulla da fare, itisalito alla superficie, dava l'allarme. L'opera dei vigili del fuoco è stata lunga e difticjltosa a causa della profondità della voragine. Alla fine le tre vittime sono state recuperate e trasportate direttamente all'obitorio del cimitero per essere sottoposte all'esame necroscopico. Una folla di parenti e amici delle vittime, raccolta dietro l'uscio dell'obitorio, ha minacciato di sfondare la porta per evitare che il medico legale eseguisse l'autopsia. « Non è giusto — dicevano minacciosamente — che quei poveretti, sfracellati dalla caduta, siano tagliati anche da morti ». Il maresciallo dei carabinieri, però, riusciva a riportare la calma. L'imbocco del « pozzo della morte », intanto, è stato chiuso e sigillato per ordine della magistratura; si vuole infatti accertare se il montacarichi era abilitato al trasporto di persone. Tornando all'autopsia delle vittime, eseguita stasera alle ore 19, c'è da registrare un particolare sconcertante. Il cimitero di Linguaglossa, infatti, non ha luce elettrica. La perizia necroscopica è stata effettuata alla luce di due grosse lampade a gas clie hanno dovuto acquistare, pagandole di tasca propria, gli stessi congiunti dei morti. f. s.

Persone citate: Antonio Paraguso, Filippo Pappalardo, Giglia, Panella, Pappalardo, Salvatore Paraguso

Luoghi citati: Catania, Linguaglossa