Cee: per la stabilità intesa Europa-Usa di Vittorio Zucconi
Cee: per la stabilità intesa Europa-Usa Settimana decisiva (a mercati chiusi) per le monete Cee: per la stabilità intesa Europa-Usa I Nove chiederanno a Washington di collaborare per la ricerca d'una soluzione - Denso calendario di riunioni a Bruxelles (ministri e Comitato monetario) e Parigi (Gruppo dei 10) (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, 5 marzo. Gli europei chiederanno agli americani di collaborare nella ricerca di una soluzione stabile alla crisi monetaria permanente che minaccia l'economia occidentale: è questo il fatto nuovo e rilevante emerso dal primo « tempo » ridila settimana monetaria aperta ieri dalla riunione dei ministri finanziari Cee. Domani, martedì, si Incontreranno i vicegovernatori delle «Banche Centrali» (nel Comitato monetario Cee), giovedì si ritroveranno a Bruxelles i ministri e venerdì, a Parigi, avrà luogo il vertice fra. i « Nove », gli Usa, il Canada, il Giappone, la Svezia e la Svizzera. Infine, ultimo atto domenica prossima, con un nuovo Consiglio finanziario ministeriale a Bruxelles. Un calendario denso, fondato sulla esigenza di arrivare ad ogni costo, e al più presto, ad una soluzione. I mercati dei cambi resteranno chiusi sino a lunedì 12, in totale dieci giorni, un periodo di tempo senza precedenti. L'attenzione è dunque spostata dalle trattative inter-europee a quelle fra la Cee e gli Stati Uniti; prima di lanciarsi in ima fluttuazione generale delle monete comunitarie (congiunta, concertata o autonoma che sia) i Nove tenteranno di ottenere che gli americani paghino ima parte del costo dell'operazione: le riunioni previste tra oggi e venerdì dovranno mettere a punto la posizione della Cee di fronte a Washington, ma fin d'ora si è appreso su quali punti chiave gli europei impernieranno il negoziato. Innanzi tutto, poiché all'origine immediata della crisi è l'anarchia dei capitali in dollari che si spostano in Europa (da 70 a 80 miliardi, secondo la stima più attendibile), gli Stati Uniti dovrebbero intervenire con provvedimenti restrittivi che impediscano l'uscita dei dollari speculativi, aumentando anche il tasso di sconto (cioè la «retribuzione» del danaro) ritenuto « scandalosamente basso » dai francesi negli Usa. A più lungo termine, ma con impegni chiaramente presi fin d'ora, i Nove vorrebbero poi il ritorno ad una convertibilità almeno parziale del dollaro, la cui sospensione (15 agosto '71) diede il via alla frana del sistema monetario mondiale. Il problema del comportamento del blocco valutario Cee di fronte al dollaro e il pericolo di una nuova svalutazione di fatto della moneta Usa rispetto alle nostre, hanno condizionato il dibattito dei Nove: attorno alla soluzione « perno » costituita dalla fluttuazione, sì è irradiato un ventaglio di opinioni che vanno dal vincolo totale (« fluttuazione congiunta ») ad una indipendenza pressoché assoluta (« fluttuazione autonoma »). Ad un estremo sono i tedeschi, sostenitori fin dall'epoca di Schiller (oggi si assiste alla sua grande rivincita) del «joint floating». All'estremo opposto inglesi e italiani, i primi più moderati di noi. Barber ha detto che l'Inghliterra è pronta a prendere posto nel convoglio europeo a tre condizioni: «Che le parità fisse ritrovate, condizione indispensabile al "joint floating", siano ac¬ cettate da tutti; che ciascuno abbia il diritto di modificare all'interno del gruppo europeo la propria parità previa consultazione ("crawling peg"); che tra ì Nove scatti un meccanismo di appoggio finanziario illimitato ». Per Malagodi, invece, il fronte europeo dovrebbe realizzarsi in tre fasi: « Autonomia, concertazione, congiunzione ». Per il momento si tratterebbe di una partecipazione volontaria dell'Italia, preoccupata di esser trascinata ad una rivalutazione rispetto al dollaro dalle monete più forti e di dover intervenire per difendere la lira dissanguando le proprie riserve, restando libero il nostro ' governo di apportare continui ritocchi al valore della lira. Potrebbero essere presi, per far scattare questi aggiustamenti progressivi della lira, indicatori come il saldo della bilancia dei pagamenti e di quella commerciale. Infine, a più lungo termine il blocco europeo potreb¬ be cimentarsi, ritengono Malagodi e Carli, a ridar vita al famoso « serpente », cioè all'accordo che riduce i margini di oscillazione fra i Nove, « serpente che per ora — ha detto ancora Malagodi — è ibernato ». Vittorio Zucconi
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