"Siamo estranei all'alluvione,, dicono i tecnici accusati per il disastro nella vallata del Brenta di Giuliano Marchesini

"Siamo estranei all'alluvione,, dicono i tecnici accusati per il disastro nella vallata del Brenta Continuano le udienze del processo al tribunale di Bassano del Grappa "Siamo estranei all'alluvione,, dicono i tecnici accusati per il disastro nella vallata del Brenta Il livello dell'acqua era salito, la popolazione era terrorizzata, ma le paratie non furono aperte subito - Secondo un imputato non si provvide subito poiché non si trattava di un "caso eccezionale" - Il dibattimento riprende mercoledì (Dal nostro inviato speciale) Bassano del Grappa, 1 marzo. Un altro sbarramento sul Brenta incriminato: è la cosiddetta «traversa Fianello», costruita per l'alimentazione d'una centrale elettrica nella zona di Collicello. Al processo per l'alluvione che nel novembre 1966 sconvolse la vallata, l'accusa attribuisce una parte di responsabilità a questo impianto e ai tecnici che vi erano preposti. Gli imputati replicano che accadde l'irreparabile, che il bacino idrico è esente da qualsiasi «colpa». E' chiamato oggi a rispondere davanti ai giudici l'ingegner Italo Chiesa, capo dei servizi che comprendevano l'esercizio della «traversa Pianello». Il presidente Morandini gli chiede quali fossero esattamente le sue mansioni, se nei suoi doveri rientrasse anche la regolamentazione delle acque trattenute dallo sbarramento. «Vorrei chiarire — dice l'ingegnere — che non era necessaria alcuna disposizione per l'apertura delle paratie, dato che sono comandate da un congegno automatico: si abbassano man mano che il livello del fiume aumenta». Dal momento che la materia di cui si discute è alquanto complessa e richiede ab- bondanti spiegazioni tecniche, si ricorre di frequente a una lavagna sistemata in un angolo dell'aula: se n'è servito ieri Francesco Sensidoni per tracciare calcoli e diagrammi, ora Italo Chiesa disegna un prospetto della «Pianello» e dei dispositivi che regolano la massa d'acqua. «Oltre a quelli idrodinamici — precisa — c'è anche un comando a mano, che si fa funzionare in casi di emergenza». Il p.m. dottor Biancardi sottolinea l'esistenza di un cartello, affisso alla cabina di manovra, che avrebbe autorizzato l'apertura di tutte le paratie in particolari situazioni. E l'avvocato Bettini, di parte civile, afferma che il bacino doveva essere del tutto «sbloccato» al sopraggiungere di ondate eccezionali. Ma l'imputato risponde che non era al corrente di simili prescrizioni, che comunque non sarebbero rientrate nelle sue competenze. Pres. — Ci dica, allora, in che cosa consistevano i suoi compiti per quanto riguardava lo sbarramento sul fiume. Chiesa — Io mi occupavo degli impianti in generale. La traversa era affidata a un direttore, poi c'era un capo dei servizi elettrici. Pres. — E in quel periodo di piena, lei che cosa fece? Chiesa — Diedi disposizioni perché fosse inviato sul posto un tecnico, a vedere che cosa stava accadendo. Pres. — Come apparve la situazione? Chiesa — Dirci che da parte nostra non c'era niente da fare. Pres. — E come si spiega che tutti accorrevano, si affannavano? Chi voleva «chiudere» e chi «alzare». Chiesa — Penso che si trat-tasse di panico, come di soli- to avviene in momenti del genere. Comunque, io non ricevetti alcuna telefonata d'allarme. Pres. — Ma poi seppe che c'era una inondazione? Chiesa — Si, ne ebbi notizia ascoltando la radio, e più tardi fui informato anche dalla centrale elettrica, che era rimasta allagata. Decisi di partire immediatamente, per andare . a rendermi conto di quanto era successo». ' A conclusione dell'interrogatorio, l'ingegner Chiesa ripete che alla traversa Pianello non si poteva muovere alcun addebito per la massa d'acqua che si era riversata nella piana di Primolano. Anche Giovanni Radin, capo della centrale elettrica di Collicello, si dichiara del tutto estraneo al dramma che si abbatté sulla valle del Brenta: «Tra l'altro, io non ero addetto alla traversa Pianello, quindi non potevo nemmeno sapere come andavano le cose lassù». Pres. — Può dirci, comunque, se prima di quell'ondata si era provveduto a ripulire l'alveo del fiume? Radin — Si, era stato fatto: l'operazione viene eseguita in media quattro o cinque volte l'anno. Pres. — L'accusa dice che lei non diede ordini per lo scarico del bacino. Radin — Non ce n'era bisogno, perché l'acqua defluiva regolarmente. Alle 3 di notte non era accaduto nulla. Al mattino andai fino alla "Pianello", perché mi avevano detto che il fiume si era ingrossato. Erano circa le 9: a quell'ora, si trattava di una piena normale. Poco dopo ritornai alla centrale. Pres. — Raccomandò a qualcuno di darle informazioni? Radin — Si. ma a un certo momento si interruppero i contatti telefonici. Solo molto più tardi mi giunse una comunicazione da un posto pub- btico: qualcuno chiedeva insi stentemente che fossero aper¬ te le paratie. Gli risposi di at tendere, che mi sarei consultato con i dirigenti Dopo circa un quarto d'ora, ricevetti un'altra telefonata, risposi che era stata autorizzata l'apertura di una delle paratie: il provvedimento era stato preso unicamente per tran- quillizzare la popolazione, non sarebbe servito per smaltire le acque. Pres. — Sembra, però, che le istruzioni consentissero di aprire tutto lo sbarramento in momenti di emergenza. Radin — Ma quello della traversa non si era presentato come un caso eccezionale. Il processo viene quindi sospeso: riprenderà mercoledì prossimo con la lunga sfilata dei testimoni. Giuliano Marchesini

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