Kokoschka, ilare patriarca di Marziano Bernardi

Kokoschka, ilare patriarca GLI ACQUERELLI E LA GRAFICA DEL MAESTRO A TORINO Kokoschka, ilare patriarca Nei suoi fiori la freschezza d'un inconfondibile raptus poetico; nelle incisioni la filigrana della sua pittura espressionista A ottantaselte anni Oskar Kokoschka,. nato a Pdchlarn sulla riva del Danubio tra Linz e Vienna, è uno dei superstiti patriarchi della pittura che agli inizi del nostro secolo rivoluzionarono la storia dell'arte europea. In longevità Picasso lo batte d'un lustro, Chagall gli è minore soltanto d'un anno; e tutti e tre, meravigliosamente attivi tuttora, sembrano sfidare le leggi di natura. Ma la complessità intellettuale dell'austriaco supera forse quella dello spugnilolo e del russo. Perché Kokoschka oltre essere il grande maestro dell'Espressionismo pittorico che tutti conoscono, è uno dei creatori del teatro espressionistico col Mòrder Hoffnung der Frauen («Assassino speranza delle donne»), rappresentato nel 1908; è poeta, narratore, saggista, critico, conferenziere: se anche non avesse mai dipinto, la sua opera di scrittore basterebbe a dargli un posto nella letteratura e nella drammaturgia i moderna tedesca. Se poi si pensa ch'egli espose nella mo stra del «Cavaliere azzurro» a Berlino nel 1912, 6 quadri diversi disegni-, un rilievo e un medaglione, e che ora a Torino nella galleria «Narciso » (piazza Carlo Felice 18) è aperta una sua mostra di acquerelli, disegni, litografie. puntesecche, e che imo di codesti acquerelli, Blumen («Fiori»), è datato 1971, si misura quale sia l'arco della sua produzione pittorica, iniziata intorno al 1905 con l'addio agli studi di chimica. Artista "degenerato" Mancandovi le pitture ad olio valutate attualmente tra i 40 ed i 200 milioni secondo i periodi, le dimensioni, i soggetti dell'artista che nel 1937 vedeva bandite dalle collezioni pubbliche tedesche le sue opere quali esempi di «arte degenerata», sì che l'anno dopo egli fuggiva da Praga (dove già era riparato da Vienna prevedendo la politica aggressiva di Hitler) in Inghilterra, non senza aver dipinto umoristicamente l'autoritratto di Un artista degenerato, la mostra torinese ci dà essenzialmente il Kokoschka acquerellista e grafico, l'illustratore, con le serie complete di litografie, ed in un caso solo di puntesecche, del Viaggio in Puglia (1904). dell'Odissea (1965), di Londra dal Tamigi (1967), delle Rane dì Aristofane (1968), del Saul e Davide (1969): date tarde, ma non mancano litografie e disegni dal 1913 al 1948. Gli acquerelli. Kokoschka aveva usato questa tecnica fin dal 1917; la sfruttò poi larga¬ mente nei primi anni d'Inghilterra, stretto dal bisogno, quasi sconosciuto nel paese scelto come rifugio e ch'era entrato in guerra, ormai eroicamente solo a resistere. Era un genere pittorico che si vendeva più facilmente, e col quale egli — osserva il suo biografo Wingler (vedi di questo il volume Kokoschka, edito dal «Saggiatore», Milano, 1961) — stabiliva «un rapporto più intimo e contemplativo con la natura»; e inoltre nei colori e nelle forme dei fiori che dipingeva, cercava un compenso della prigionia nella immensa metropoli bombardata giorno e notte. Benché dipinti un quarto di secolo più tardi e da un vecchio quasi ottantenne, anche questi acquerelli di fiori esposti alla «Narciso» sono un incanto di freschezza e di gioia vitale. Suggerite ma non descritte le forme con un tocco magistrale, dal colore vivido splendente emana la fragranza delle corolle e dei petali volanti, che appaiono più veri della verità stessa del reale. E si noti il potere misterioso, magico della grande arte. Basterebbe un nulla, un minimo accenno di scolastica ricerca espressiva per trasformare l'immagine prodigiosamente spontanea e comunicativa di un inconfondibile raptus poetico, in una comu- 1 polemiche, ma vanno intesi ne esercitazione dilettantistica da signorina stile ottocentesco educata secondo le regole a « toccare » il pianoforte e ad offrire alle amiche, magari sul ventaglio, un saggio pittorico. Ma quel nulla inafferrabile è lo spartiacque che Kokoschka indicava con questa confessione: «Da trent'anni ho in mente un quadro più vero della realtà che mi circonda... Non posso mai imparare nulla, tutto ciò che ho imparato lo devo dimenticare di nuovo ». Destino dell'artista autentico: ricominciare sempre, e non poter « immaginare un surrogato della vita ». Poca ideologia La grafica. Impetuosa, sommaria, violenta, deformante, ironica ed insieme amorosa: insomma, l'Espressionismo. Ma un Espressionismo che a differenza, per esempio, di Grosz, o di Dix o d'altri ben noti, si mantiene nei rigorosi confini dell'arte, non sconfina nell'ideologia. Kokoschka, ci rammenta il citato Wingler, « per lo meno come artista figurativo, non è critico sociale nel senso corrente della parola. Eccetto poche allegorie politiche dipinte durante la seconda guerra mondiale, i suoi quadri non hanno intenzioni esplicitamente piuttosto come situazioni simboliche ». Partecipò con tutte le sue forze, e con gravi sacrifici personali, alla resistenza antihitleriana, nel '47 ricevette la cittadinanza inglese; ma sempre seppe stabilire ben netta la linea divisoria tra l'impegno dell'artista e la servitù dell'arte a tutto ciò che dall'arte esorbita. E la sua grafica è appunto la trasparente filigrana della sua pittura espressionistica, ch'ebbe in VanGogh il primo stimolo, poi," superata una polemica con Munch, nell'opera del Tintoretto. degli antichi maestri tedeschi da Cranach ad Altdorfer (si ricordi il suo scritto sulla Battaglia di Alessandro), di Rembrundt; e quanto a Michelangelo, a chi gli domandava perché mai, a 70 anni, disegnasse prendendo a modello II Giorno e La Notte, rispose: « Devo imparare ». Il che ci fa venire in mente ciò che ci disse Moore quando gli facemmo visitare il Museo Egizio di Torino: « Devo fermarmi qui una settimana per imparare». Forse a ottantasette anni Kokoschka, come Hokusai, ritiene di dover ancora apprendere, con lo stesso animo di quando, nel 1907, dipingeva il ritratto de! suo protettore Adolf Loos. Ridipingerà la sua celebre Chiesa della Salute? Marziano Bernardi