Copernico

Copernico Molto di ciò clic avviene o è avvenuto nella scienza sfugge al piotano:, la ùnica lunga ed oscura della ricerca, il procedere per tentativi in una molteplicità di direzioni finche d'improvviso s'apre quella percorribile con successo, il gioco sottile c complesso delle influenze c delle suggestioni. Non «li rado gli sfugge addirittura il significato dello stesso risultato nella sua purezza teorica. Ciò che per lo più colpisce l'uomo comune e il risvolto tecnico, applicativo del risultato scientifico, che gli cade immediatamente sotto gli occhi ed entra gradualmente a far patte ilclla sua vita; oppure, le rare volte che ciò non avviene, è attratto dal cambiamento profondo che un'acquisizione scientifica provoca nei modi di pensare, negli orientamenti, nella stessa visione del mondo. Sono, questi, i momenti delle «rivoluzioni» scientifiche: della discontinuità, con uno stacco netto dal passato, e dell'incidenza radicale sul futuro. * * ugslvCddvpzttr«ctIra tutte le rivoluzioni scientifiche la più celebre è certo quella che ebbe inizio nel 15-13, con la pubblicazione a .Norimberga ilei De revolutionibtts orbiti/// coelestittm di Nicolò Copernico, e con cui, di solilo, si fa cominciare l'era della scienza moderna. Narra la tradizione che Copernico morente potesse ancora posare lo sguardo, il 24 maggio di quell'anno, sulla prima copia dell'opera giunta a Frombork (Frauenburg), nella cui cattedrale egli era canonico: così mentre terminava la vita dell'autore cominciava la diffusione delle sue idee, alla cui pubblicazione egli era stato a lungo restio, ben consapevole della loro dirompente novità c del pericolo d'incomprensione a cui potevano andare incontro. Ciò può sembrare strano, se si pensa che la novità strettamente scientifica contenuta nel De revolutionibus — ma già prospettata da Copernico in un breve scritto, il Commentariohis, composto nel primo decennio del secolo e lasciato inedito — era di carattere astronomico: attribuire alla Terra almeno due moli (l'uno di rotazione attorno al proprio asse, e l'altro di rivoluzione attorno ni Sole fermo al centro dell'Universo) per spiegare le apparenze dei moti delle stelle, del Sole c dei pianeti in modo più semplice e preciso di quanto losse possibile secondo lo schema geocentrico proposto dall'antica astronomia greca e perfezionato da Claudio Tolomeo nel suo celebre Almagesto, su cui da oltre un millennio si fondava l'astronomia. Come si poteva ritenere che una novità sia pur radicale in una scienza così difficile ed astrusa qual è l'astronomia, avesse una capacità effettivamente rivoluzionaria? Nell'epoca di Copernico, tuttavia, le vicende degli astri erano sentite assai più strettamente legate alla vita d'ogni giorno ili quanto noi possiamo ora immaginare: il Gaigantua di Rabelais, ad esempio, condiziona la sua giornata allo studio attentissimo delle configli razioni celesti. L'astronomia infatti, era strettamente con giunta all'astrologia e, quindi, al corso delle vicende umane. E v'e di più: l'astronomia, che calcolava i moti celesti ti spetto alla Terra supposta immobile, era incorporata in una cosmologia (d'origine aristote lica) egualmente geocentrica; c tale cosmologia, attraverso il Medioevo e con la mediazione della Scolastica, era stata fatta propria dal pensiero cristiano. Sì che teologia, filosofia e scienza precedenti e contemporanee a Copernico si sentivano consistenti con l'astronomia geocentrica. La stessa poesia di Dante era fiorita entro questi schemi concettuali: il significato simbolico del suo viaggio dall'Inferno al Paradiso può valere soltanto in un mondo in cui l'uomo per la sua posizione sulla Terra, al centro di quel mondo, sia sospeso tra la dannazione e la salvezza. Spostare la Terra dalla sua posizione centrale e farla vaga.re nello spazio (che per Copernico pur non era inlinito) era quindi assai più di una teoria astronomica: era porre in questione l'intero sapere tradizionale, l'autorità delle Scritture (non aveva forse Giosuè ordinato al Sole di fermarsi?), la concezione teologico-cosmologica dell'uomo, il suo stesso modo di orientale e dar senso alla propria vita. Un poeta inglese del Seicento, John Donne, sentiva giustamente quando affermava che il dubbio pervadeva così ogni cosa: « ne tv pbilosopbv fiills ali in doubt ». Ben presto la diffusione della teoria eliocentrica di Copernico andò incontro a resistenze e ad opposizioni anche violente, come ogni autentica rivoluzione. Prima ancora che prvCpczDltrdndbllbioiusddldv'nlsldtplttirsmtadcsndtdsfnCnssc uscisse il De Kcvoliilionibtts, già Melantonc parlava con disdegno delle stravaganze dell'» astronomo sarmatico ». Poi vennero la condanna della Chiesa cattolica c le negazioni degli astronomi c dei fisici tradizionali, via via che diventava sempre più chiaro che Copernico non aveva voluto avanzare una semplice ipotesi matematica per il calcolo dei moti celesti, bensì descrivere la reale struttura del mondo. Egli riteneva suo compito I su«cercare la varila in tulle le decose ». Nello stesso tempo, tuttavia, e proprio la teoria co¬ saanescerigsu'l'eirAdaScevavpermeami a dare fo spunto a rinnovamenti scientifici che vanno ben oltre il punto in cui Copernico s'era fermato: si proclama copernicano Keplero, che pur dopo poco più di mezzo secolo dalla comparsa del De revolutionibus abbandona la tesi della circolarità dei moti celesti (centrale in quell'opera) per affermare l'ellitticità delle orbite planetarie; copernicano si dice Galileo, che nondimeno fonda una nuova fisica, ben diversa da quella aristotelica di cui ancora c permeata l'opera del canonico di Frombork. A Copernico pare anche in seguito volersi riallacciare ogni innovamento radicale che in qualche modo rompa con una tradizione: non per nulla | si è parlato nella nostra epoca di « uomo copernicano », come dell'uomo che s'è liberato dall'illusione d'essere al centro dell'Universo e da innunicrcvoi altri miti. Da quest'angolo visuale, noi prsuosceCostsi'9trlastchcaqunedaBostconeaumzil'ammchsi mviviamo ancor oggi nella rivo-1 lo'iizionc copernicana, anche se da'astronomia e la cosmologi:! vanostre son ben diverse da quel- iole ili Copernico. Anzi, hi no- testra età, tanto affascinata dal- fola demolizione del passato e | vadellc tradizioni, può addirittura fare di tale rivoluzione il proprio simbolo. In tal modo, la celebrazione del cinquecentesimo anniversario della nascita di Copernico — avvenuta 19 febbraio 1473, a Torun, in quelle terre polacche che furono punto d'incontro e di scontro delle genti slave e germaniche — può forse diventare occasione per celebrare, attraverso lui, la nostra « modernità ». Si può essere certi clic molte rievocazioni ili quest'anno centenario insisteranno su tale tema. * * Ma, si potrebbe chiedere, di là dalla rivoluzione che porta il suo nome c trac origine dalla sua-opera, e che egli forse né previde ne volle in tale forma, che cosa dice ancora ajg lechceminvachtennceznacdsbcplacnoi la personalità scientifica di Copernico dopo mezzo millennio? Non c'è stato forse chi, sia pur con originalità un po' arbitraria, ha visto in essa il segno più della fine di un'epoca, quella medioevale, che dell'inizio dell'era moderna? Ebbene, se anche l'opera ili Copernico non avesse avuto tutte le conseguenze rivoluzionarie cui abbiamo accennato, es¬ cvDdptarmgèl' sull'astronomia «scientifica» del tempo, poiché non ci si era sa conserverebbe nondimeno ancor oggi per noi il valore esemplare d'un modello tli ricerca scientifica innovatrice e rigorosa. E' pur vero, infatti, che Iti supposizione d'un moto della 'l'erra già era stala avanzala, ira i greci, dai pitagorici e da Aristarco c poi ancora ripresa da alcuni rappresentanti della Scolastica parigina nel Medioevo. Ma tutto ciò non aveva avuto un'effettiva incidenza preoccupati ih controllare la supposizione mediante i dati osservativi delle « apparenze » celesti. E' assai probabile che Copernico sia giunto assai presto (sin dai suoi studi universitari iniziati a Cracovia nel '91) a scorgere le discordanze tra le dottrine ufficiali (calcolatoria e cosmologica! dell'astronomia del tempo, le macchinose complicazioni, la mancanza di linearità esplicativa. E questo senso di insoddisfazione certo si, accrebbe a partire dal '96, quando -— venuto a Bologna a proseguire i suoi studi di diritto — entrò in contano con le correlili ilei neoplatonismo rinascimentale, auspicanti la semplicità e l'armonia matematica delle spiegazioni scientifiche. * * A Bologna, collaborando con l'astronomo e neoplatonico Domenico Maria Novara in numerose osservazioni astronomiche, egli ebbe modo di rendersi conto che l'astronomia tolemaica non solo aveva difficoltà logiche, ma presentava discor danze anche rispetto alle osscr vazioni. Così egli si sentì spin io a riflettere su quei cenni di tesi eliocentriche che la sua formazione umanistica gli ave va permesso di rintracciare nel- jg le opere degli antichi autori e che il suo senso estetico gli faceva apprezzare per la loro armonia. Tornato in patria agli inizi del nuovo secolo, disponeva degli clementi teorici (anche ili origine non strettamente scientifica) per l'elaborazione di un nuovo sistema astronomico: ed è quanto egli fece nel Commentariolus. Ma la sua gloria ili seienziaio non è legata solo alla gc nialità ili una nuova ipotesi ast ronom ico-cosmologica. Ciò che ancor oggi fa di lui un modello esemplare di ricercatore scientifico -— tanto più mirabile in quanto lavorò in quasi completo isolamento — è la pazienza con cui in decenni ili lavoro controllò l'ipotesi eliocentrica con le osservazioni deantichi e con quelle (an¬ che se non numerosissime) che veniva facendo egli stesso. Il De revolutionibus è il risultato di questo lavoro, esempio imperituro ili un metodo diventato per sempre proprio della ricerca scientifica: controllare mediante l'esperienza una congettura interpretativa che non è nata soltanto dai dati dell'esperienza. Francesco Barone a 500 anni dalla nascita C Copernico

Luoghi citati: Bologna, Cracovia, Frauenburg, Frombork, Norimberga, Novara, Torun