Nascono sotto il cupo segno della mafia le feroci catene di sangue nella Calabria di Luciano Curino

Nascono sotto il cupo segno della mafia le feroci catene di sangue nella Calabria Minaccia spietata "T'accido sino all'ottava generazione,, Nascono sotto il cupo segno della mafia le feroci catene di sangue nella Calabria La faida di Seminara (8 cadaveri in due anni) non è che uno dei tanti esempi delle lotte fra cosche maliose - Si elimina un avversario per avere il predominio della zona, poi inizia la catena di vendette - Gli "uomini di rispetto" non possono perdere la faccia e la loro unica legge è "dente per dente, sangue per sangue" - Chi vede uccidere sa che deve tacere (Dal nostro inviato speciale) Reggio Calabria, febbraio. A Seminara, venerdì 26 gennaio, la vedova Carmela Pellegrino di 26 anni, madre di quattro bimbi, alle 13 va a prendere i figli all'asilo ed è uccisa con un colpo di fucile e cinque di rivoltella. Il 26 gennaio dell'anno scorso era morto suo marito Rocco, anch'egli assassinato, vittima della faida tra le famiglie Frisina e Pellegrino da una parte e Gioffrè dall'altra. Il cadavere della donna, che veste ancora i panni del lutto, rimane abbandonato sul marciapiede finché arriva il maresciallo Franceschini dei carabinieri. La sparatoria aveva subito fatto chiudere tutte le porte, nessuna finestra si è aperta. A Seminara la paura ha spento la curiosità. Ci sono state troppe vittime. Troppi hanno pagato per avere mostrato «comprensione» per uno dei due clan in lotta, famiglie che hanno giurato di sterminarsi a vicenda. « T'accido fino alla ottava generazione » si minaccia in questo paese della Calabria profonda, dove all'imbrunire le strade si svuotano. La guerra tra le terribili famiglie di Seminaia è incominciata l'autunno del '71 e i morti sono otto, i feriti tuia ventina. « Ebbe inizio per asseriti futili motivi, ma in realtà a causa di una sorda lotta per questioni di predominio » mi dicono alla Questura di Reggio. C'è dunque ima componente mafiosa- in questa faida, i Frisina-Pellegrino e i Gioffrè sono in lotta tra loro per il comando del paese e « comando significa ottenere degli appalti, potere sfruttare il latifondo, assegnare e ricevere posti di lavoro ». La catena dei delitti si allunga per la legge del « dente per dente e sangue per sangue » e perche nessuno, in questo paese, può perdere la— faccia. « Se uno perde la fac-1 qeia, non è più "uomo di ri- \ dspetto" e non può più guardare gli altri negli occhi, trova solo gente che lo disprezza ». La vendetta diventa peri ciò legge, è quasi una specie Idi obbligo mistico. I figli del- JI l'assassinato, anche quelli più I piccini, sono costretti a guar-1 dare il cadavere e giurare dilvendicarlo. II ragazzi imparano presto la sparare. Il cartello strada-I le all'ingresso del paese è sforacchiato dai proiettili deiriggio, in corso Barlaam, che è la strada principale, Rocco picciotti che si esercitano: conto venti fori tra le lettere che compongono il nome Seminara. All'una di un pome a ma a rao a i o o a di a e a oi o e ae n oina Gioffrè di 14 anni scarica la pistola verso il coetaneo Arcangelo Frisina, ma lo manca. C'è più di un centinaio di persone, nessuno accetta di testimoniare. Questo è soltanto uno dei tanti episodi, e nemmeno dei più clamorosi, della faida che insanguina Seminara. Più impressionante è il ricordo del funerale di Giuseppe Gioffrè, 19 anni, che era stato ucciso sulla sua auto in un fuoco incrociato di mitra e lupara. Vi era un migliaio di persone alla sepoltura. Un uomo comparve da una stradina con il mitra e tutti fuggirono, scapparono anche i chierichetti e quelli che recavano il feretro, e furono i carabinieri a trasportarlo al cimitero. Tutti videro e riconobbero l'uomo con il mitra, ma nessuno parlò. « So per certo che era Salvatore Pellegrino, ma nessuno lo aiaI metterà mai » disse il maresciallo dei carabinieri. Salvatore Pellegrino, detto 11'« uomo mitra», andò tra i boschi dell'Aspromonte ad infoltire i ranghi dei latitanti. Ricomparve a Seminara cir-1 ca un anno fa per uccidere Domenico Gioffrè detto « il monco ». Sotto il balcone della caserma dei carabinieri, gli sparò due rivoltellate dopo avergli gridato: « Micu, giriti. 'Na vota chi cri malatu ti risparmiai. Ora chi si guarita ti ammazza ». Tre giorni dopo Vincenzo, fratello del «monco», affrontò davanti alla chiesa di Maria SS. dei Poveri Pietro Pellegrino uccidendolo a pistolettate. Tra i latitanti dell'Aspromonte c'era anche Vincenzo Domenico Gioffrè. detto «Ringo» perché pare fosse il migliore sparatore di Seminara. Poi rinunciò a « Ringo » e scelse « Sartana ». Per qualche po' visse di estorsioni, mandava lettere che chiedevano decine di milioni, pena la morte, e che firmava: « Un turbine di polvere, un grido di terrore. Arriva Sartana: Vincenzo Domenico Giofjrc, latitante di Seminara ». Lo scorso settembre il commissario Celomi con uomini della polizia di Reggio lo ha arrestato sul tetto di una casa di San Costantino. Un'altra faida sanguinosissima per motivi di predominio mafioso è in atto a Cittanova fra quattro famiglie da una parte e altrettante dall'altra. Si apre il 28 gennaio 197(1 quando viene trovato cadavere Celestino Guillace, « morto in circostanze non ancora chiarite». L'ultimo episodio avviene il 16 gennaio scorso: Ernesto Mammone è ucciso «o opera di ignoti ». Tra il primo e l'ultimo assassinio ve ne sono altri cin- que, e numerosi i ferimenti, j è C'è poi la lunga serie dei ledelitti di Marina di Gioiosa | dJonica, serie ancora aperta. Qui le famiglie si combattono per il dominio mafioso della valle del Torbido e per il Sflzcontrollo del contrabbando i t I delle sigarette: un affare di i a1 centinaia di milioni, miliar- \ ldi. In origine erano tutti in l I un'unica cosca maliosa, ca- \ o \ pepsiata dai fratelli Mazza-1 -1 ferro. La notte del 23 elicerò- \è j bre 1969, durante imo sbarco i, clandestino di « bionde », Pa-1squale Mazzaferro annega elpare che non sia all'atto una/disgrazia. j Da questo momento la co-1 sca sj spacca in due tronco-1 ni. Le famiglie (una trentina ! z: e di elementi) sono in lotta ed 1 f è una guerra che ha una sola I legge, quella del « dente per dente, sangue per sangue ». Sono tutti «uomini di rispct- fo » o nessuno può perdere la faccia, perciò si ammaz-1zano, si feriscono rrudelmen- te, c'è chi finisce in carcere, altri si rifugiano sull'Aspro-\ monte e campano di esior- l sioni. Quelli che rimangono \ continuano a combattere tra1 loro con ferocia. - \ \\ delitto più efferato avo I viene lo scorso aprile. Fran-1 cesco Femia di 45 anni è trolvato cadavere in un bosco/quasi del tutto sotterrato, col j pjto da una ventina di pallot1 fole. Molti particolari fanno1 ritenere che prima dell'e.seeu-! zione ha dovuto scavarsi la 1 fossa. Era stato quindi giudi- cato da un tribunale mafioso, che lo aveva condannato al massimo della pena prevista. dal «codice d'onore»: il con dannato dovrà scavarsi la Tossa. Per questo omicidio vengo- Ino identificati quattro siova1 ni di Marina Gioiosa, che ri sultano tutti latitanti. Poco rlopo la scoperta, dell'ucci a', ne di Domenico Femia vien \ ammazzato Vincenzo Grupicv- \ di 45 anni. 11' in un salonn-1 da barba al centro di Mao- na, aspetta il suo turno. Eo, I tra un killer e lo abbatte -j rivoltellate. «Il ventunenn-, Capone Domenico, indiziat ì tii tale omicidio, è irrepari1 otte » si legge nella relazione , della polizia. Luciano Curino Gioia Tauro. La madre di una bimba uccisa nella faida mafiosa mostra la foto della figlia (Foto Spinelli)