Vagabondaggi di un pittore di Giovanni Bogliolo

Vagabondaggi di un pittore Gli scritti di Ernst Vagabondaggi di un pittore Max Ernst: « Scritture », Ed. Rizzoli, pag. 448, lire 12.000. , Con lo splendido libro che si è regalato per i suoi ottant'anni, e che esce oggi in Italia in un'edizione fedele fin nei dettagli tipografici all' originale francese, Max Ernst è riuscito a sfuggire alla malinconica regola delle memorie e dei bilanci senili. Incrollabilmente ancorato alla speranza « che la sua opera fosse sufficiente per coloro che sanno vedere », si è ben guardato dal fornire chiavi di comprensione o dal tracciare linee di sviluppo: come nei suoi celebri collages, si è limitato ad una scelta abbastanza casuale di materiali — critici, biografici, creativi — per una summa ideale, lasciando aperto il problema della loro decifra zione. La sua antologia personale riesce perciò composita e provocante come lo sono state tutte le sue opere, dalle giovanili esperienze dadaiste ad oggi, un nuovo e più grandioso prodotto della straordinaria vitalità inventiva e della intemerata esuberanza espressiva che gli sono caratteristiche. Che questo libro possa anche risultare un punto di riferimento critico importante, anzi l'unico debitamente autorizzato, è innegabile: ed è innegabile che vi si possano scoprire pre- ziose precisazioni biografiche e taglienti ritratti di contem- poranei o vedere il monumento monstre che l'artista pagina dopo pagina erige a se stesso. Ma non è lecito privilegiare nessuna di queste etture; smontati, i pezzi del collage perdono irrimediabilmente l'effetto del loro «stranìamento sistematico ». La scelta dei suoi scritti più significativi — dalle presentazioni di mostre alle famose pagine teoriche di Oltre la pittura, dalle poesie ai romans-collage La donna 100 teste e Una settimana di bontà — si accompagna, oltre che ad una ricca documentazione dell'opera pittorica e giafica, ad un nutrito florilegio di « Interviste e dichiarazioni » e ad una divertita « Nota per, una biografìa ». In quest' ultima, redatta con sovrano distacco in terza persona, l'artista ricostruisce con scarso rispetto per l'obiettiva importanza degli eventi il filo di un'esistenza che ha toccato tutte le esperienze cruciali dell'arte del nostro secolo e, più ancora, quelli che egli stesso chiama « i miei vagabondaggi, le mie inquietudini, le mie impazienze, i miei dubbi, le mie fedi, le mie allucinazioni, i miei amori, le mie collere, le mie rivolte, le mie contraddizioni, i miei rifiuti di sottomettermi a una disciplina qualsiasi, fosse anche la mia ». E' uno strano giornale di bordo che liquida in una riga, efficacissima, l'anno 1917 («Viene da Zurigo, al momento giusto. Dada è nato ») e in poco più il '24 e il Surrealismo, e poi dedica divertentissime pagine alle assurde peregrinazioni ferroviarie a cui lo costrinse il suo internamento come cittadino tedesco in Francia nel '40 o alle ancor più assurde misantropie di Brancusi. Il senso - della sua partecipazione al Surrealismo («membro incostante, ribelle, sempre sospettato di dissidenza, più di una volta espulso dal gruppo e altrettante volte supplicato dì rientrarvi»), la portata creativa delle sue innovazioni tecniche, frottage, collage, dripping, in una parola il senso della sua arte e il peso della sua presenza nelle avanguardie del Novecento, più che da questa o quella pagina, 10 si potrà dedurre dall'atmosfera che sanno creare nel loro assieme queste Scritture. Ed è giusto che sia cosi, che il ritratto più fedele di un artista che ha accanitamente distrutto « la leggenda del potere creativo » ed ha speso il suo talento più nella continua provocazione della sua presenza inventiva che nella realizzazione del capolavoro, sia affidato al documentato dossier del suo multiforme itinerario espressivo; che il significato di un'opera alla cui nascita l'autore asserisce di avere appena assistito « come spettatore » rifiuti11 suffragio della mediazione critica e ambisca alle libere e irrazionali sollecitazioni dello sguardo. Ippolito Simonis ha curato con molta attenzione l'edizione italiana lottando ad ogni pagina con una scrittura fatta di effervescenze verbali, di omofonie, di intraducibili coq-à-l'àne. Le inevitabili approssimazioni del testo italiano non nuocciono però ad un'opera come quella di Ernst che, per definizione, « non è armoniosa nel senso dei compositori classici e nemmeno in quello dei rivoluzionari classici. Sediziosa, ineguale, contraddittoria, è inaccettabile per gli specialisti dell'arte, della cultura, del comportamento, della logica, della morale. Per contro, essa ha il dono di incantare i miei complici: ì poetii patafisici, alcuni analfabeti»Giovanni Bogliolo

Persone citate: Brancusi, Ernst Vagabondaggi, Ippolito, Max Ernst

Luoghi citati: Francia, Italia, Zurigo